Nelle scorse settimane è stato siglato l’Accordo della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile. Tra le adesioni c’è anche quella dell’Università di Urbino. Elena Viganò, docente del Dipartimento di Economia, Società, Politica ne è la delegata.

Qual è l’oggetto dell’accordo?

La finalità principale della RUS è la diffusione della cultura e delle buone pratiche di sostenibilità all’interno e all’esterno degli Atenei. Lo scopo è quello di incrementare gli impatti positivi in termini ambientali, etici, sociali ed economici delle azioni finalizzate al raggiungimento dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030. Gli obiettivi istituzionali indicati nell’accordo sono:

  • armonizzazione delle attività istituzionali e miglioramento della gestione degli aspetti ambientali e sociali degli aderenti;
  • creazione di una community in grado di sviluppare, disseminare, trasferire, adattare best practice nazionali e internazionali;
  • promozione di progetti di successo e nuove progettualità;
  • sviluppo della dimensione educativa transdisciplinare dei programmi universitari per promuovere la cultura della sostenibilità e incidere sugli stili di vita;
  • formazione e aggiornamento;
  • stakeholder engagement;
  • incremento delle collaborazioni con istituzioni pubbliche e aziende;
  • formulazione di pareri e proposte.

Quanti sono i gruppi urbinati attivi?

Il Comitato di coordinamento della RUS attiva Gruppi di lavoro nazionali su temi considerati trasversali e prioritari ai quali partecipano i rappresentanti dei diversi Atenei. I Gruppi di lavoro sono “replicati” anche all’interno delle singole Università. Uniurb ha attivato cinque gruppi: Cambiamento climatico, di cui è responsabile Michela Maione; Cibo (responsabile Elena Viganò); Educazione (responsabile Silvia Fioretti); Mobilità (responsabile Paolo Polidori); Risorse e rifiuti (responsabile Paolo Polidori). Tutti sono formati da docenti e qualche unità del personale tecnico amministrativo che, insieme al referente operativo Giovanni Marin, stanno lavorando per organizzare iniziative locali e collaborare a quelle promosse a livello nazionale. Nei prossimi mesi cercheremo di aumentare il coinvolgimento e la partecipazione degli studenti, attori protagonisti del cambiamento.

Di che cosa state discutendo?

La crisi economica evidenzia difficoltà nel coniugare crescita e sostenibilità ambientale, mentre dobbiamo assolutamente lavorare per “agganciare” creazione di ricchezza e occupazione alla mitigazione del cambiamento climatico, dell’inquinamento delle risorse naturali, della perdita di biodiversità… Da questo filone principale si sviluppano le diverse iniziative.

Quali eventi ci sono in programma?

I Gruppi di Lavoro stanno lavorando a diverse proposte, la cui realizzazione è ovviamente condizionata dalle implicazioni del COVID-19. Nei mesi scorsi abbiamo organizzato seminari per gli studenti (ad esempio aderendo alla campagna di Legambiente Puliamo il mondo), e sono attualmente in corso iniziative di monitoraggio collegate a indagini nazionali, come quella sui trasporti o sui consumi alimentari durante e post lockdown.

Quali strumenti di policy interna potrebbero attivare gli Atenei per la sostenibilità?

Non saprei da che parte cominciare, le azioni possibili sono moltissime e a diversi livelli. Un nodo cruciale è quello della mobilità. Mi vengono subito in mente alcune Università svizzere che non autorizzano spostamenti aerei per missioni sotto i mille chilometri. Chiaramente è solo un esempio. Su questo fronte si va dalla promozione del car pooling e car sharing, alla sigla di accordi con le agenzie locali per il potenziamento del trasporto pubblico. Poi c’è il tema rifiuti, dunque della distribuzione di borracce o dell’installazione di fontanelle. Va segnalato come, negli scorsi mesi, Uniurb si sia attivata per la riduzione della plastica. Ancora: riduzione degli sprechi energetici, compensazione delle emissioni di gas serra (ad esempio mediante piantumazione di alberi). Molto si può fare in tema di green/social procurement e di sensibilizzazione e coinvolgimento del personale e degli studenti. Infine, un altro aspetto è quello del sostegno all’attività didattica e di ricerca focalizzata sulla sostenibilità: un insieme articolato di misure che vanno a stimolare meccanismi di apprendimento e comportamenti sostenibili negli ambienti di lavoro e non solo.

All’esterno quali sono le azioni possibili?

Le attività di Terza Missione diventano cruciali per diffondere buone pratiche all’esterno, nelle altre pubbliche amministrazioni e nelle imprese. E tutto questo a partire dal territorio marchigiano. Si può fare molto, anche in un’ottica di economia circolare. Credo tuttavia che più di tutto valga l’esempio di un’istituzione che intraprende con impegno un processo di miglioramento dei propri standard di sostenibilità.

Qual è la penetrazione della parola sostenibilità che sta riscontrando?

Voglio sperare che sappiamo rispondere alle sfide ambientali, sociali ed economiche con un cambiamento rapido e profondo dei nostri comportamenti. La crisi di questi mesi credo abbia messo in discussione molte certezze e penso sia impossibile trovare soluzioni semplici e univoche ai molteplici problemi delle imprese e della società in generale. Francamente non vedo altre strade, occorre una netta revisione degli stili di vita e non solo da parte dei singoli individui.

Immagine in evidenza: Aaron Burden

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