Se le misure di contrasto all’emergenza in corso sospendono l’apertura al pubblico dei luoghi della cultura, Uniurb ridisegna lo spazio espositivo della mostra Carlo Bo, Il Palazzo Ducale. Parole e immagini nelle stanze e dà nuova e più ampia visibilità all’evento della Fondazione Carlo e Marise Bo trasferendolo sul web.

Un’inedita prospettiva di divulgazione e di fruizione digitale in forma permanente si affianca, dunque, all’allestimento in presenza inaugurato lo scorso 22 settembre a Palazzo Passionei – adesso in stand by – accogliendo le pagine di Carlo Bo, lette dal filologo e critico letterario Massimo Raffaeli, in dialogo con le fotografie di Paolo Semprucci.

Della mostra nel suo complesso e della sua nuova forma espressiva parliamo con la Professoressa Tiziana Mattioli, che ne ha ideato e curato il progetto.

 

Professoressa Mattioli, le parole di Bo, la lettura di Massimo Raffaeli e le immagini di Paolo Semprucci resistono, e si trasferiscono nelle stanze virtuali del sito di Uniurb!

Non so se si possa parlare di resistenza! È una parola grande! Certo, succede spesso di trovare nuove ragioni, nei limiti.
Nel nostro caso (e parlo a nome di un gruppo di collaboratori e amici) è capitato che il crinale stabilito dalle restrizioni del 4 novembre, ovvero la chiusura dei musei e della mostre anche internazionali, ci abbia sollecitato ad offrire al pubblico una possibilità di visita e di lettura online della esposizione intitolata a Carlo Bo, Il Palazzo Ducale. Parole e immagini nelle stanze. Intitolata, dunque, all’opera di alta divulgazione cui Bo si è sempre largamente dedicato, e che anche ha offerto alla città che lo ha “vulnerato”, come lui dice, in ragione della “poesia inalterabile” che qui discende dalla “perfetta fusione fra paesaggio e invenzione dell’uomo” ed è, appunto, una città ideale come Urbino.

Com’è nata l’idea della mostra e secondo quale disegno si compone l’allestimento in presenza a Palazzo Passionei, sede della Fondazione Carlo e Marise Bo?

L’idea è nata da un desiderio, quello di condividere i progetti, e la vita della Fondazione Bo – l’Istituzione ora guidata scientificamente da Carlo Maria Ossola – oltre che con gli specialisti delle letterature europee, con un pubblico più largo: di amici, di sodali, di curiosi. Quel pubblico cui Carlo Bo ha dedicato copiose e lucide pagine di giornalismo non solo letterario, prestandosi ad esempio anche alle esigenze di un turismo colto, consapevole, e sapendo dialogare, come tante volte ha fatto con l’opera degli artisti-incisori, con lo sguardo sulla realtà offerto dai grandi fotografi, come Pepi Merisio, come Paolo Monti. La parola e lo sguardo, insomma, in una accezione che in lui respira anche come meditazione filosofica e politica.

 

La mostra, di fatto, voluta sulla soglia dello “studiolo” di Bo, e nella sua biblioteca, in mezzo ai libri, nel secondo palazzo di Urbino, per bellezza ed echi sensibili del più grande Palazzo, racconta, con le parole di Bo scelte e interpretate da Massimo Raffaeli, e con le 34 fotografie di Paolo Semprucci, e i molti volumi e racconti costruiti coi fotografi (le Marche, la Liguria, Milano, San Francesco, il Palazzo Ducale di Urbino), quale sia stato il dialogo quotidiano di Carlo Bo con Federico, quale la cultura e la politica del tempo miracoloso e perenne che Bo ha cercato di imitare, e in qualche modo far rivivere nel suo e nostro presente.

Come Bo scriveva a proposito del Palazzo Ducale, anche per i due percorsi dell’esposizione – in rete e offline – si potrebbe dire che “da una parte c’è il rispetto per il passato […] e dall’altra c’è un volo verso il futuro”.

Sì, esattamente. Abbiamo pensato, con non poca emozione – confesso – di mettere a punto questa offerta col desiderio di porgere ancora un omaggio e un ringraziamento a Vilberto Stocchi, che ha permesso il primo realizzarsi del progetto, e insieme porgere un augurio grande al Rettore Giorgio Calcagnini che ora ci guida nel solco di quella tradizione che Carlo Bo ha stabilito per sempre.

 

Ci siamo resi consapevoli, insomma, che la chiusura temporanea della mostra ha di fatto segnato più decisamente un crinale, quasi un tempo duplice, già indicato del resto dalla cronologia prevista per l’esposizione, inarcata tra due importanti avvenimenti di importante passaggio.

 

Questo limite del momento storico, ci ha convinti a costruire qualcosa di ancora inedito, pur nella continuità. Ci ha convinti a perseguire quel dialogo tra passato e futuro che è la meravigliosa convivenza delle cose, in Urbino; la sua, per dirla ancora con Bo, “verità assoluta”, e il suo assoluto di “poesia”. E dunque, non essendo stato previsto inizialmente un Catalogo, abbiamo pensato di offrire questo work in progress al nuovo Governo dell’Ateneo, nella speranza che possa anche diventare, oltre che un buon viatico, un “oggetto” tangibile.

Entro quali coordinate narrative si realizza la struttura del catalogo sfogliabile online?

Lo scritto di Bo vi campeggia, naturalmente – accompagnato anche da nuove fotografie donate – come pagina memorabile di interpretazione e di ascesi, come pagina “universale”. Visitare il Palazzo Ducale di Urbino, o anche solo pensarlo nella fragranza metafisica della sua essenza, diventa un’esperienza totale e intima, per il lettore di Bo, come del resto è nel racconto dello stesso autore. Poi, la forza di attualità, e anche di a-temporalità che la pagina assicura e anzi sollecita, si accompagna alle nostre riflessioni.

 

Riflessioni per immagini, nella serie che Paolo Semprucci ha allestito per la mostra, qui arricchita da memorie à jamais: tableaux di quella Urbino per sempre, come significava Bo, nel segno, lo si diceva, della poesia, e riflessioni per parole, che con Massimo Raffaeli abbiamo voluto consegnare: per raccontare il progetto ma anche per trattenere presso di noi il magistero di Bo che naturalmente si trasferisce, ad ogni passaggio di testimone, al Governo dell’Ateneo e alla Presidenza della Fondazione.

Le stanze virtuali sono un’opportunità importante per la mostra, eppure non possiamo che augurarci di tornare presto a visitarla in presenza!

L’augurio, naturalmente, ha significati ben più assoluti del nostro fare. Ma certamente ciò che si vive in pienezza, con la mente e col corpo, nella formula del lector in fabula, del visitatore-complice, come abbiamo pensato, aggiunge molto. Essere “fisicamente” nelle stanze, meditare anche oltre gli oggetti in ostensione e la voce che accoglie e racconta, grazie alla luce e al paesaggio che entrano da ogni finestra, crea misteriose vibrazioni, e quasi un senso di pace.

 

Ma c’è ancora qualcosa da aggiungere: durante il lavoro, di giorno in giorno, ci è apparso sempre più chiaro come l’avvicinarsi del secentesimo anniversario della nascita di Federico portasse sostanziose ragioni, e ulteriori aperture al nostro fare.
Tuttavia, insieme al futuro (che vivamente ci auguriamo possa prevedere anche una proroga dei tempi espositivi), la mostra ha anche un suo breve passato. Breve, ma importante per noi.

 

Perché in presenza, in poco più d’un mese, con faticose regole di visita a causa della pandemia, con una collocazione semanticamente perfetta accanto allo studio e nella biblioteca di Bo, ma fisicamente impegnativa, fin su all’ultimo piano di Palazzo Passionei, abbiamo potuto contare più di duecentocinquanta visitatori, che hanno apprezzato l’esperienza inclusiva che la mostra concede, con le sue parole e immagini nelle stanze, con la possibilità di sostare: ad ascoltare, guardare, leggere, valutare l’effetto di compenetrazione, quasi di osmosi tra immagini e libri sui quali esse si posano. Il tutto, sulla soglia dello “studiolo” di Bo (qui ricostruito), che ne emana lo spirito, e quasi la viva presenza.

 

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