Tradurre un testo letterario è un po’ come riscriverlo. Si chiede permesso, e per qualche tempo ci si accampa nell’ecosistema immaginativo dell’autore e se ne esplora la personalissima idea della scrittura, della lingua e della vita. Quello che viene dopo è un’irresistibile e complessa avventura narrativa che cerca di ricostruire, in un idioma altro, l’unicità e la verità del testo originale. Il processo dovrebbe funzionare così, se non altro in linea di principio e almeno fino a quando Google Translate non approderà alle più elevate regioni dell’intelligenza artificiale, e da lì a sistemi di traduzione fondati su reti neurali e software capaci di pensiero autonomo! La strada segnata dai titani di Mountain View pare sia questa, ma a noi piace immaginare che nessuna applicazione possa mai restituire, in questa o in quella lingua, la poesia e l’energia creativa di un racconto.

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Quindi rassicuriamo i nostri studenti iscritti al corso di laurea magistrale in Lingue per la Didattica, l’Editoria e l’Impresa che hanno scelto il curriculum Traduzione editoriale e formazione linguistica (TEFLI) e li invitiamo a mettersi in gioco partecipando al concorso di traduzione letteraria TRADUNOIR.

La domanda di iscrizione va inviata entro il 15 aprile e il premio in palio è l’opportunità di tradurre e pubblicare un racconto inedito in lingua italiana. Qui le informazioni

Allora ragazzi, pronti a partire. Fate incetta di noir. Intanto una dritta: la Professoressa Alessandra Calanchi, coordinatrice del progetto, suggerisce di (ri)leggere “soprattutto gli hard-boiled (Hemingway di The Killers, Chandler, Hammett, Cain), la grandissima Leigh Brackett, e in Italia Gadda, Sciascia e la trilogia del male di Alessandro Berselli”.

A lei abbiamo chiesto anche…

 

Come nasce l’idea del concorso?

L’idea del concorso nasce all’interno del gruppo URBINOIR, attivo a Urbino da una decina d’anni, che organizza varie iniziative attraverso collaborazioni università-territorio (vale a dire comune, associazioni culturali, ecc.) legate al genere letterario e cinematografico “noir” (ossia mistero, enigma, poliziesco e quant’altro). Al suo interno comprende vari sottogruppi fra cui CINENOIR, MASTER CHEF NOIR e il laboratorio di traduzione coordinato dalla Professoressa Francesca Carducci che da quest’anno propone, appunto, il concorso TRADUNOIR.

 

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La Professoressa Alessandra Calanchi

Dove e quando si svolgerà la prova di traduzione?

Presso il CLA (Centro Linguistico d’Ateneo) che si avvale di uno staff eccezionale: dalla sua Direttrice Enrica Rossi che ha accolto con entusiasmo il progetto, ai tecnici e al personale la cui disponibilità e competenza sono sempre straordinarie. La data è sabato 21 maggio alle ore 10.

 

Chi coordina il progetto?

La Professoressa Carducci e io, con la collaborazione del Professor Massimiliano Morini: tutti afferenti al Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali, diretto dal Professor Piero Toffano, e alla Scuola di Lingue coordinata dal Professor Claus Ehrhardt. Colleghi che hanno sempre appoggiato le iniziative di URBINOIR.

 

Quali sono gli elementi che realizzano la qualità di una traduzione?

L’umiltà, innanzitutto. Il traduttore, o la traduttrice, non si deve mai porre su un livello più alto dell’autore o dell’autrice, né delle eventuali traduzioni precedenti. E poi, naturalmente, una buona competenza linguistica sia nella lingua di partenza, sia in quella d’arrivo. È un lavoro duro, di cesello, che richiede e incorpora anche la conoscenza delle due culture: guai ad avere una competenza esclusivamente linguistica. La traduzione letteraria va letta e riletta (anche ad alta voce) senza stancarsi: alla fine deve piacere, deve “suonare” a chi l’ha scritta.

 

Secondo quali step avviene concretamente la traduzione di un’opera letteraria, e quali sono le caratteristiche di un buon traduttore?

Bella domanda. Ho conosciuto tanti traduttori e traduttrici, io stessa lo sono: ognuno/a ha il suo metodo, le sue strategie. Io, per esempio  – e so che molti traduttori rabbrividiranno – non ho mai letto per intero un testo originale quando si trattava di tradurre un “giallo”: in quei casi leggevo una pagina e poi la traducevo, così fino alla fine. Naturalmente poi tornavo indietro e correggevo mille volte, ma solo in quel modo mi pareva di poter “riprodurre” la vera, effettiva suspense che prova il lettore. Ma a parte questi casi, certamente il testo va letto e riletto; bisogna per prima cosa familiarizzare con lo stile, con le figure retoriche, con il linguaggio e il setting, per acquisirne l’essenza. È il testo che ti dice quando sei pronto/a per tradurlo. Certo, quando si traduce un saggio o un articolo, le regole sono altre, nello specifico sto parlando di racconti, romanzi, poesia per i quali servono competenza, rigore assoluto, e la prova del nove: fare il tentativo di ritradursi per vedere cosa succede. Un buon traduttore e una buona traduttrice sono persone curiose, voraci, che leggono tantissimo, in modo compulsivo.

Immagine in evidenza: Matthew Brodeur.

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