Quali caratteristiche ha una faglia attiva responsabile di un evento sismico? Come si sviluppa la deformazione del terreno? Anni fa queste domande sarebbero apparse inverosimili. La scienza sta tuttavia colonizzando il lato sconosciuto del mondo, dando così cittadinanza a punti interrogativi prima esiliati. L’Università di Urbino dà il suo importante contributo all’opera di conquista. L’ultima bandierina aggiunta al risiko è SGAS, il progetto che ha appena vinto la sedicesima edizione di Ecapital-Business Plan Competion, concorso di idee imprenditoriali innovative promosso dalla Regione Marche e dalla Camera di Commercio di Ancona, in collaborazione con le quattro Università marchigiane. Marco Menichetti, docente di Geodinamica della Carlo Bo, ci ha aiutato a capire come questo nuovo modo di osservare e studiare il territorio possa produrre conoscenze e aprire a nuove prospettive di sviluppo.

Il nome per esteso del progetto – spiega il professor Menichetti – è Structural Geological Aerial Survey. L’obiettivo è quello di studiare i processi geologici di un territorio e la loro evoluzione spazio-temporale attraverso l’analisi di immagini digitali. L’utilizzo delle nuove tecnologie dà accesso a milioni di informazioni che, opportunamente trattate, consentono di estrarre dati sulle strutture geologiche. Inoltre, con costi molto ridotti, possiamo prendere in esame vaste aree di territorio anche impervie e difficilmente raggiungibili.

Il team di geologi della Carlo Bo che ha ideato e realizzato il progetto SGAS

Da chi è composto il team che ha lavorato a SGAS? 

Da quattro dottorandi ed un laureato, tutti provenienti dalla Scuola di Scienze Geologiche e Ambientali: Francesco Tassi, il capogruppo, Irene Valdarchi, Andrea Tamburini, Matteo Roccheggiani ed Emanuela Tirincanti. Ognuno contribuisce al progetto portando specifiche competenze nelle diverse discipline geologiche: si va dalla geologia di terreno, al remote sensing, all’idrogeologia.

La caratteristica principale di Ecapital è quella di premiare l’innovazione. Che cosa c’è di innovativo in SGAS?

Ad essere innovativa è la combinazione tra gli algoritmi sviluppati per l’analisi di immagini digitali e la tecnologia di acquisizione di queste immagini, sia da terra che dall’alto, grazie all’utilizzo di piattaforme aeree (impropriamente chiamate droni) in grado di effettuare riprese zenitali e oblique, anche a bassissima quota. Con tali strumentazioni riusciamo a superare la fotogrammetria classica integrandola con la geolocalizzazione di ogni dettaglio dell’immagine (pixel). Combinazione ed elaborazione di più fotogrammi, insieme, permettono quindi di ottenere un modello tridimensionale dal quale estrarre informazioni spaziali sulle strutture geologiche osservate (faglie, frane, pareti rocciose, ma anche strade, ponti, viadotti ecc.). In questo modo, persino nelle zone ad alto rischio e di difficile accesso, possiamo acquisire dati in totale sicurezza: possiamo conoscere la distribuzione delle faglie attive legate agli eventi sismici, oppure la cartografia delle aste fluviali per determinarne la profondità e l’evoluzione nel tempo, possiamo condurre l’analisi delle variazioni delle aree costiere e il monitoraggio dei processi geomorfologici che coinvolgono i versanti. Il core business di SGAS prevede un nuovo metodo di studio del territorio strumentale all’individuazione dei rischi naturali, alla prevenzione, alla pianificazione degli interventi ed eventualmente alla bonifica.

Come si riesce a ricavare dati numerici dalle immagini?

Acquisendo numerosi immagini da varie piattaforme (aeree, terrestri e, in alcuni casi, satellitari) e da differenti punti di osservazione, oggi è possibile ricostruire in tre dimensioni la realtà che ci circonda e misurarne con estrema precisione le caratteristiche strutturali. La tecnica utilizzata rientra nella range imaging della computer vision e della percezione visiva. Per fare un esempio, possiamo condurre delle analisi di fratturazione di un ammasso roccioso ricreandone una copia virtuale e geolocalizzata nelle sue parti. Il software lavora per comparazione e corrispondenza delle differenti immagini acquisite. Alla base c’è la creazione di una nuvola di punti. Stiamo parlando di uno strumento molto potente con un ridottissimo margine di errore, che consente di guadagnare tempo e di risparmiare denaro.

Avete già condotto delle indagini?

Alcuni anni fa l’Università di Urbino ha sviluppato metodi di analisi geologica del territorio utilizzando immagini digitali: una delle prime applicazioni, per conto di un’importante azienda italiana di geo-engineering, ha riguardato una zona remota dell’America Centrale. Recentemente abbiamo implementato e semplificato le procedure con i rilevamenti di dettaglio lungo le fratture connesse ai sistemi di faglie attive nei Monti Sibillini. Nell’area epicentrale abbiamo rilevato le rotture cosismiche, in particolare del Monte Vettore, studiandone la geometria e la distribuzione spaziale. Questa tecnica di indagine è importante perché permette di capire l’estensione e la geometria delle deformazioni del suolo, causa di danneggiamenti agli edifici. Ci stiamo anche occupando di dinamica e geomorfologia costiera: testiamo le nostre metodologie sulle coste rocciose della riviera marchigiana, sia nell’area anconetana di Sirolo sia in quella pesarese del San Bartolo. L’obiettivo è la stima del degrado e dei fenomeni franosi prodotti dall’interferenza tra il mare, la fratturazione e le caratteristiche litologiche delle rocce. In questi giorni, infine, siamo impegnati nelle aste fluviali del Burano e del Metauro per determinarne la morfologia e individuare le aree a maggiore rischio di inondazione.

Che cosa ha messo in palio Ecapital?

20.000 euro da destinare all’avviamento d’impresa. Ciò significa che SGAS diventerà presto uno spin-off e questo rafforza l’impegno a favore del territorio che l’Università di Urbino sta portando avanti da tempo nell’ambito della Terza Missione.

 

Immagine in evidenza: Fabrizio Verrecchia.

 

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