Lo staff di Gluos: Francesca Bartoccini, Michele Retini, Giovanni Piersanti, Michele Mari.

Si è laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche nel 2011: tesi sperimentale sulla sintesi totale di prodotti naturali. Poi un dottorato sulla funzionalizzazione catalitica di indoli per la sintesi di alcaloidi contenenti triptofano e triptamine biologicamente attive. Nel frattempo ha trascorso un periodo all’estero collaborando con il professor Jeffrey W. Bode, presso l’ETH di Zurigo. Poi ha vinto un assegno di ricerca. Poi Michele Mari, vulcano di 31 anni, ha aggiunto un “poi” alla carriera. Stavolta diverso dal solito.
“Sono pronto” dice.

Nome?

Gluos srl.

Data di nascita?

4 settembre 2017.

Stato civile?

Spin-off universitario e start up innovativa.

Ok, non partiamo dalla tua carta di identità, ma ci arriveremo. Perciò la domanda è la seguente: come nasce l’idea di creare uno spin-off?

Nasce dalla collaborazione tra l’Università di Urbino e un’azienda farmaceutica italiana leader nel settore dermatologico alla ricerca di un processo innovativo e sostenibile di sintesi del glutatione C4.

E…?

E alla Carlo Bo ha trovato il nostro gruppo di ricerca. Il professor Giovanni Piersanti, Francesca Bartoccini, Lucia Furiassi, attualmente negli USA per fare ricerca, Michele Retini che, dopo aver lavorato in azienda per alcuni anni, è tornato all’Università con un bagaglio molto utile, Michele Mari, cioè io.

Perché l’azienda ha scelto proprio il vostro team?

C’è un preciso motivo: la complementarietà tra competenze e conoscenze, lo spirito di collaborazione, la capacità di coordinarsi. Grazie a queste caratteristiche siamo stati in grado di trovare una buona “chimica” tra di noi, di innovare, produrre e vendere.

Il giro di boa che ha portato alla costituzione di uno spin-off qual è stato?

A un certo punto ci siamo fatti una domanda: ma perché non produciamo noi il glutatione C4? Così ha preso forma l’idea di business: to turn ideas into products, attività fondamentale di una start up. Il confronto con il professor Mauro Magnani, che ha avviato già due spin-off, è stato un ulteriore incoraggiamento. Poter conoscere realtà simili ma consolidate è molto importante. Fa niente se temi trattati e competenze si differenziano, c’è una premessa comune: l’innovazione nasce dove c’è pensiero e conoscenza. Per quanto mi riguarda la vera svolta è collocabile in un preciso momento: quando abbiamo capito che quella dell’impresa era la strada giusta. Abbiamo trovato subito grande disponibilità da parte della Sezione di Chimica, del professor Gilberto Spadoni e del Dipartimento di Scienze Biomolecolari ad ospitare uno spin-off negli spazi dell’Ateneo. Infine l’Ufficio Terza Missione ci ha dato supporto e sostegno.

Questo cruciale momento è legato ad altri fatti o circostanze?

È legato a UniurbLab, il contamination Lab dell’Università di Urbino fatto per promuovere la cultura dell’imprenditorialità. È qui che ho imparato le basi necessarie ad avviare un’impresa, è qui che l’idea ha perso finalmente un’ipotesi di forma. Prima il mio mondo era racchiuso nel perimetro della chimica. Non sapevo come si facesse un business plan, conoscevo il mondo delle start up soltanto superficialmente. Non sapevo quali fossero le difficoltà e i metodi per sviluppare un’idea di business e non si attraversano i mari senza avere punti di riferimento! Dopo UniurbLab il mio orizzonte si è dilatato e al tempo stesso definito meglio. Ho capito che lo scienziato ha tante hard skills ma che all’imprenditore servono – per mantenere la metafora nautica – le scialuppe delle soft skills: competenze trasversali e la capacità di reagire a situazioni molto diverse tra loro ricavandone stimoli e motivazione.

Dunque: la sintesi, il brevetto, il gruppo di ricerca di Uniurb. Come prosegue questa storia?

Nel settembre del 2017, come dicevo, nasce la società. Era naturale che il percorso portasse a una conclusione del genere, lo spin-off e poi la start up. La fase iniziale non è stata facile. La prima difficoltà porta il nome di burocrazia. Alla fine però è andato tutto liscio! D’altra parte se si escludono lungaggini e ritardi della fase “istruttoria”, partire non è così difficile. Certo occorrono i requisiti giusti, ossia team, timing and tools.

 Parliamone.

In un giorno alla Camera di Commercio si riesce a sistemare tutto. Tecnicamente siamo usciti dagli uffici camerali con una srl, una startup innovativa. Va rispettato uno di questi tre requisiti: almeno un terzo del personale deve essere altamente qualificato (laurea o dottorato), avere dei brevetti già registrati, oppure investire almeno il 15% del maggiore importo tra il costo e il valore della produzione in ricerca e sviluppo. Nel caso nostro abbiamo soddisfatto il primo e secondo requisito.

Su che cosa state lavorando?

Stiamo ottimizzando e perfezionando la nostra sintesi per poter passare all’unità di misura del chilogrammo! Considerando poi che un dispositivo medico per la cura delle dermatiti atopiche a base di glutatione C4 ha recentemente ottenuto la certificazione dell’Istituto Superiore di Sanità dobbiamo attenderci grande richiesta. Siamo concentrati sulla linea di ricerca di agenti antiossidanti innovativi e facciamo consulenza scientifica alle aziende. I privati si rivolgono a noi per risolvere problemi di formulazione e sintesi chimica. Continuiamo inoltre nella selezione di nuovi clienti, nel lavoro di ricerca dei capitali e di finanziamenti regionali ed europei  destinati ai progetti di ricerca applicata.

Da un punto di vista formativo Gluos che cosa rappresenta per te?

La gestione di uno spin-off, che va dall’emissione di una fattura, alla gestione dei rapporti con i clienti, all’organizzazione di cicli di produzione, fino al lavoro in laboratorio, è un’esperienza straordinaria. Far parte di un’impresa che cresce all’interno di un ambiente accademico è molto stimolante. In cda si discute di costi, di strumenti utili a scalare le sintesi, di acquisto di materiale e strumentazione, di investimenti strategici, poi si finisce anche a parlare di scienza. Negli spazi laboratoriali che l’Università di Urbino ci mette a disposizione si fa sia ricerca che produzione, un’attività in perfetta sintonia con il mio percorso accademico: sono assegnista e mi occupo di sviluppo di nuove metodologie sintetiche e di sintesi di molecole innovative che potrebbero diventare i farmaci del futuro.

Tre cose che uno spin-off deve assolutamente avere

  1. È fondamentale un buon team;
  2. c’è bisogno di persone che credano veramente in ciò che fanno;
  3. deve avere alle spalle un Ateneo, come la Carlo Bo, che ti supporti, che sostenga l’imprenditorialità giovanile, che investa nella Terza Missione.

Nel laboratorio di Glous c’è uno stereo sempre accesso. Significa qualcosa?

Sì, la musica è una mia grande passione. Sono un ex musicista, ora però ho deciso di dividere il mio tempo tra la ricerca e Gluos. Non c’è ancora la formula per ingannare l’orologio e aggiungere ore ai giorni.

Per il futuro quali sono le aspettative?

Il futuro che uno spin-off può augurarsi è di diventare una società indipendente, in grado di portare sviluppo e, soprattutto, nuovi posti di lavoro.
Immagine in evidenza: Donatello Trisolino.

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