Tra i cento Studenti Meritevoli di Uniurb c’è anche Benedetta Paolino. Frequenta l’ultimo anno del corso di laurea magistrale quinquennale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, ama il trekking e le maratone Dark e Stranger Things, legge Isaac Asimov e Douglas Adams e, se capita, restaura opere di Pieter Brueghel il Giovane! Fantascienza anche questo? No, fidatevi, è successo davvero!

 

Benedetta prima dell’immatricolazione al corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali.

Prima di iscrivermi mi sono documentata molto. Le informazioni che ho letto nelle pagine del sito dell’Università e della Scuola di Conservazione e Restauro, così come il piano di studi, descrivevano una formazione ampia che coniuga insegnamenti teorici storico-artistici e insegnamenti tecnico-scientifici di natura più pratica.
L’altra caratteristica del corso che mi aveva colpito positivamente riguardava i docenti e il fatto che avessero specializzazioni eterogenee e provenissero sia dall’Università, sia da Istituti Centrali del Restauro, sia da botteghe. Un buon mix di professionalità che immaginavo potesse darmi una formazione più completa.

Benedetta dopo l’immatricolazione. La scheda del corso di laurea ha mantenuto la promessa?

Assolutamente sì! Aggiungo che, oltre alle materie teoriche, il piano di studi include molte ore di laboratorio durante le quali i docenti ci seguono con grande attenzione. Basti considerare che il corso prevede un docente per ogni gruppo di cinque studenti; quindi lavoriamo davvero a stretto contatto con loro. Trascorriamo circa nove ore al giorno insieme, e questo favorisce senz’altro l’apprendimento perché consente al docente di capire quali sono i nostri punti di forza e di debolezza da valorizzare o correggere.

 

Inoltre, il fatto che l’Università abbia una lunga lista di convenzioni con enti territoriali, comuni, diocesi, ecc., ci permette di studiare e, allo stesso tempo, di esercitarci in contesti lavorativi e confrontarci con professionisti esperti.

 

Non l’ho detto prima, ma la promessa fondamentale per chi voglia lavorare nell’ambito del restauro è quella che riguarda l’abilitazione. Che a Urbino è un dato di fatto contestuale alla laurea. A differenza di altri corsi attivi in Italia, quello di Uniurb è un corso a ciclo unico quinquennale che oltre al titolo della laurea magistrale garantisce l’abilitazione alla professione. Infatti, nella stessa seduta discutiamo la tesi di laurea e sosteniamo la prova di abilitazione.

L’accesso al corso è limitato a un numero di dieci studenti. Questa caratteristica in quale direzione orienta le relazioni?

Verso il senso della… famiglia. Noi siamo una famiglia. Facciamo tutto insieme! Lavoriamo insieme, facciamo il tirocinio, partiamo in Erasmus, andiamo in vacanza o in giro per l’Italia a visitare mostre, insieme!
Infatti, un pensiero che ci accomuna tutte è che dopo la laurea sarà emotivamente difficile lavorare senza il supporto l’una dell’altra.

So che il piano di studi prevede anche la possibilità di svolgere tirocini o stage.

Sì. Io ho scelto di fare uno stage e ho lavorato ai restauri del Parco Archeologico di Forum Sempronii a Fossombrone, col Professor Oscar Mei che dirige gli scavi.
È stata un’esperienza che mi ha visto alle prese con materiali che normalmente non trattiamo a lezione. In aula o in laboratorio ci occupiamo prevalentemente di dipinti su supporto ligneo e tessile, opere scolpite in legno, arredi lignei e manufatti d’arte contemporanea. Quindi, è stata una bella sfida che ha integrato gli insegnamenti del corso e si è conclusa con ottimi risultati!

Mi incuriosiscono molto le attività di restauro “sul campo” nei cantieri esterni all’Ateneo.

Tra le tante, un’esperienza intensa che mi ha insegnato molto, professionalmente e umanamente, è stato un workshop di dieci giorni ad Amandola, nel sud delle Marche, dove abbiamo restaurato alcune opere del territorio danneggiate dal terremoto del 2016.
In quella circostanza abbiamo potuto lavorare sul campo e capire come si gestiscono gli interventi sul patrimonio artistico in caso di emergenza sismica. E abbiamo anche avuto l’opportunità di restaurare sculture ottocentesche molto particolari realizzate in tela gessata, in cartoncino o paglia: materiali eterogenei e con caratteristiche chimiche e meccaniche differenti.

Cosa non dimenticherai di questa esperienza?

Abbiamo lavorato in una città fantasma e vissuto nei container insieme a un popolo ferito che ci ha accolti come “salvatori” di un patrimonio sacro che non voleva perdere. Non dimenticherò mai il forte senso di gratitudine che abbiamo sentito intorno.

Attività di studio e restauro all’estero?

Per un semestre ho studiato a Lisbona dove ho seguito le lezioni di un corso di laurea triennale in Diagnostica dei beni culturali. L’Erasmus è sempre un’occasione importante; a me ha dato la possibilità di approfondire lo studio di materiali come i metalli e la carta.
E mi ha dato anche modo di conoscere un approccio al restauro completamente diverso da quello al quale ero abituata, ma altrettanto interessante.

Hai svolto anche un tirocinio a Lisbona?

Sì, un tirocinio di un mese presso il Museo Nazionale di Arte Antica dove ho lavorato su una collezione di dipinti fiamminghi e italiani.
E lì è anche successo un fatto singolare. Mi hanno chiesto di ritoccare un dipinto su rame. Ho portato a termine il lavoro e solo allora ho scoperto di aver avuto tra le mani un’opera di Pieter Brueghel il Giovane!
La cosa interessante è che all’estero hanno una grandissima considerazione dei restauratori italiani. A Lisbona, in particolare, hanno tenuto in gran conto ogni tipo di proposta che facevo e valutato molto bene la mia formazione.

Benedetta “da grande”.

Ancora non riesco ad immaginarmi. Mi piacerebbe, da un lato, fare ricerca e proseguire gli studi con un dottorato, e dall’altro continuare a fare pratica sul campo e lavorare per un’impresa privata. Valuterò… per fortuna il restauro offre molte opportunità professionali e in questo ambito potrò certamente trovare la strada più adatta alle mie inclinazioni!

Urbino è davvero la città campus ideale?

Direi di sì perché non è dispersiva, permette di fare amicizia facilmente ed è un ambiente culturalmente stimolante. A noi che studiamo Conservazione e Restauro offre contatti anche con altre realtà affini, come l’ISIA o l’Accademia di Belle Arti che ci coinvolgono negli eventi che organizzano.
Per chi arriva da lontano, Urbino è un posto che accoglie e protegge.

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