Da sinistra Francesco Fabbri e Filippo Sanchini nello scatto di rito in via Arenula 70.

 

Il 13 luglio 2019 ha compiuto 30 anni, ma ne aveva ancora 29 quando si è seduto davanti alla commissione di via Arenula 70, sede del Ministero della Giustizia. Era infatti il 10 luglio di un giorno che sarebbe stato decisivo, memorabile. Parole che per lui, probabilmente, restano inadeguate.

Francesco Fabbri.

Presente.

138 giorni dopo, che cosa possiamo dire, che cosa è successo a Roma?

Ho superato il concorso notarile. Il 10 luglio mi sono presentato davanti alla commissione per la prova orale, dopo che, quasi un anno prima, avevo sostenuto lo scritto.

E cosa è stato?

Un’emozione fortissima, raddoppiata dal fatto che mio babbo, che era lì con me, nello stesso giorno compiva 70 anni.

Misurabile in…?

Per capire l’intensità di quel che ho provato c’è un aneddoto. Appena mi siedo i commissari mi chiedono l’argomento della mia tesi di laurea. Ho sbagliato risposta. Un black out che si è risolto con le domande successive, nell’ora e mezzo di colloquio e che solo chi è stato su quella seggiola può capire. Dopo, a cose fatte, il cuore mi usciva dal petto. Direi che è stato il giorno più bello della mia vita. Il coronamento di un sogno dopo tante incertezze.

Che cosa avresti dovuto rispondere?

Che mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università di Urbino, con una tesi in diritto della navigazione.

Prima hai parlato di incertezze. Di che tipo?

I risultati dello scritto si conoscono dopo un anno. Quindi si continua a preparare l’orale senza sapere l’esito della prima prova. Non è finita: in caso di risultato negativo, bisogna ripetere lo scritto. La tensione è stata tanta, gli ultimi 5 anni li ho dedicati alla carriera notarile. Che vuol dire, nelle fasi più intense, un minimo di otto ore di studio al giorno e un massimo di 12. 5 anni di studio matto, ma mai disperatissimo. Ho sempre ritagliato del tempo libero dalla mia giornata, l’organizzazione permette di fare tutto.

Il concorso in che cosa consiste?

Lo scritto prevede tre prove: una simulazione di testamento, un atto di diritto civile (permuta, compravendita o altro), un atto di diritto societario, generalmente la simulazione di un verbale di assemblea di una società che sta affrontando una fusione, un aumento di capitale… Tre prove, una al giorno, 8 ore di tempo ciascuna, impegnative anche fisicamente, serve dosare le energie. L’orale verte invece sul diritto civile, commerciale, volontaria giurisdizione, regolamento notarile, codice deontologico, diritto fiscale e tributario.

Perché hai scelto l’opzione della carriera notarile?

Prima rispondo a un’altra domanda: perché Giurisprudenza? La mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto, avrebbe voluto che facessi Economia. Ma il fascino delle regole è stato più forte. Il primo anno di Università è stato quello dell’incontro con il diritto privato, un manualone di oltre 700 pagine. È lì che ho capito di voler essere notaio.

Cosa c’è in questo ruolo che senti tuo?

È un ruolo di garanzia, super partes. L’avvocato tutela le parti, il magistrato decide delle controversie sulla scorta del diritto, mentre il notaio crea il diritto a tutela del cittadino e della legalità (oltre l’80 per cento delle segnalazioni antiriciclaggio fatte da professionisti proviene dalla categoria notarile!). È nelle mie corde il contatto umano con le persone, davvero indispensabile. E poi, come si dice, tanto più notaio, tanto meno giudice: la qualità del nostro lavoro può ridurre il numero di controversie in tribunale.

Spesso la percezione delle cose è lontana della verità.

Questa, dal 10 luglio, è la mia sfida. La professione notarile va svecchiata e deve scrollarsi di dosso pregiudizi e luoghi comuni. È necessario fare più informazione.

Il primo luogo comune da combattere?

Si diventa notai solo se si è figli di notai. Falso, mio padre non è notaio, non ho parentele nel sistema. I dati del Consiglio Nazionale del Notariato smentiscono si tratti di “casta”: solo il 17 per cento dei nuovi notai è “figlio d’arte”.

Qual è la corda principale che ti ha permesso la scalata?

Il metodo, ho fatto dello studio il mio lavoro, un atteggiamento che mi ha accompagnato anche durante la scuola notarile, dopo la laurea. Inoltre non ho mai indossato imbracature, predisposto piani b.

In che senso?

Molti hanno un piano b, buono in caso di insuccesso. Magari diventano avvocati. Io ci ho creduto talmente tanto da non fabbricarmi reti di protezione.

Consigli da dare?

Chi sceglie questa carriera deve avere molta determinazione e costanza.

Consigli pratici?

Molti commettono l’errore di interrompere lo studio in attesa dei risultati dello scritto. A mio avviso il segreto è studiare sempre, perseverare, anche nei momenti più bui, di sconforto. Più si è lontani dalla prova più ci si deve applicare.

Progetti?

Ho appena concluso i 4 mesi di tirocinio obbligatorio, ora attendo che il Ministero mi assegni una sede. Vorrei tornare nella mia Università, Uniurb, a raccontare la mia esperienza.

Motto tascabile?

Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.

Francesco e Filippo insieme a concorso superato!


Anche per lui il numero 70 di via Arenula non è un indirizzo qualsiasi. Anche il suo percorso è passato dal Ministero della Giustizia il 10 luglio 2019. La stessa commissione riunita (un magistrato di cassazione, un magistrato idoneo alla nomina in cassazione, sette magistrati, sei professori universitari, nove notai) lo ha proclamato notaio. È Filippo Sanchini, nato il 4 settembre 1989, laurea in Giurisprudenza all’Università di Urbino con una tesi sulla responsabilità amministrativa dipendente da reato degli enti.

Partiamo dalla stessa domanda fatta a Francesco.

Benissimo, abbiamo condiviso questo percorso, ci siamo laureati entrambi a Urbino e sostenuto l’orale il 10 luglio.

138 giorni dopo, che cosa possiamo dire, che cosa è successo a Roma?

Ho coronato un sogno che mi è costato tanto studio. Per anni ho pensato che il notariato fosse un traguardo impossibile. Ciò che provo è indescrivibile, stento ancora a credere di avercela fatta.

Perché credevi fosse impossibile?

Perché pensavo di non essere all’altezza, che bisognasse essere dei geni per vincere questo concorso. Sono la prova vivente che non è così: basta essere persone normali con una forza di volontà fuori dal comune.

A breve ci sarà un decreto ministeriale di nomina che riporterà il tuo nome.

A proposito di decreti e nomi, c’è un aneddoto curioso legato al giorno per me più bello. Lo racconto?

Sì.

L’8 maggio viene pubblicata la lista con i risultati dello scritto. Controllo, il mio nome non compare, non sono stato ammesso. Il giorno dopo, mentre smaltisco la delusione passeggiando con il cane e la mia ragazza, mentre cerco di mettermi il cuore in pace squilla il telefono. Dall’altra parte c’è il notaio titolare della scuola presso cui ho studiato. Sento: “Filippo, complimenti!”.

Ironia di cattivo gusto?

No, l’elenco che avevo letto era provvisorio: avevo superato lo scoglio più duro, lo scritto. Sono letteralmente caduto a terra in un pianto, è stato il giorno della felicità.

E il giorno dello sconforto qual è stato?

Nel 2017, subito dopo essere diventato avvocato. Continuavo a pensare al notariato col dubbio atroce di essermi messo in un tunnel senza uscita. Vedevo i miei amici finire gli studi, trovare lavoro, mettere su casa e io lì, ancora e sempre in biblioteca.

In quei momenti hai pensato di mollare?

No, perché sapevo di avere un obiettivo molto ambizioso.

Dov’è iniziato tutto, quand’è che hai deciso di intraprendere la carriera notarile?

Già al secondo anno di Università questa figura ibrida, tra pubblico ufficiale e libero professionista, mi ha sedotto. Il notaio attribuisce pubblica fede agli atti ed ha un approccio garantista al diritto, trovando soluzioni coerenti con l’ordinamento e adeguate alle esigenze delle parti.

Che ruolo ha avuto l’Università nel tuo percorso?

Tutto è iniziato nelle aule Uniurb. Il mio prof di diritto civile è anche notaio, una persona molto rigorosa, mi ha trasmesso il virus. Altro debito: il metodo di studio.

Il segreto per farcela?

Non ci sono segreti, servono costanza, passione, fortuna. La costanza richiede tanta forza di volontà e la forza di volontà viene dalla predilezione per ciò che si fa. Il notaio presso cui ho svolto il tirocinio mi ripeteva sempre una frase: per vincere il concorso devi dividere la settimana in 14 mezze giornate. Di queste mezze giornate, 13 le devi dedicare allo studio. Se fai così non hai la certezza del risultato. Se non fai così una certezza ce l’hai, che non vincerai.

Cos’è, invece, la fortuna?

È ciò che va oltre il tuo personale merito. Poi ci sono i segni. Quando arriva l’esito dello scritto vengono indicate anche l’ora e il giorno della valutazione. Nel mio compito era riportata la data del 19 marzo, la festa del papà.

Che significato ha questo per te?

Ho perso mio padre all’età di sette anni. Quel 19 marzo è il segno che mi è accanto, insieme al resto della mia famiglia, mia madre e mio fratello, a cui devo molto.

Consigli utili da dare ai tuoi ex colleghi studenti?

Il mio è un consiglio molto semplice: non cedete al richiamo delle sirene di un lavoro ben retribuito. La strada giusta comincia da ciò che sognate. C’è una frase di Nelson Mandela che in questi anni ho riscritto nel frontespizio di ogni mio testo di studio: “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”.

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