L’Università di Urbino ha messo a tema l’alternanza scuola lavoro. Lo ha fatto di recente con il dibattito Opportunità di collaborazione tra il Sistema scolastico del territorio e l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, appuntamento che ha ospitato interventi dal mondo delle istituzioni e della scuola. È fondamentale ripensare a un sistema non per mettere in discussione il passato, ma per farsi trovare pronti nel futuro. Il mondo contemporaneo in qualche caso ci invia già suggerimenti validi. Ad esempio la Germania, il cui sistema duale è un punto di riferimento nella costruzione del tessuto connettivo fra banchi di scuola e impresa. Il professor Tonino Pencarelli, delegato del Rettore al placement, ci ha fornito alcuni elementi per interpretare l’attualità e saperci leggere dentro le occasioni di crescita.


 

Qual è l’orientamento dell’Europa a proposito della collaborazione scuola lavoro?

Tonino Pencarelli, delegato del Rettore al placement

Tonino Pencarelli, delegato del Rettore al placement

La diffusione di forme di apprendimento basato sul lavoro di alta qualità è al cuore delle più recenti indicazioni europee in materia di istruzione e formazione ed è uno dei pilastri della strategia “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva. Negli ultimi anni, la focalizzazione sulle priorità dell’istruzione e della formazione è ulteriormente cresciuta, anche per il pesante impatto della crisi economica sull’occupazione giovanile. Poiché è previsto che la domanda di abilità e competenze di livello superiore nel 2020 crescerà, i sistemi di istruzione devono impegnarsi ad innalzare gli standard di qualità e dei risultati di apprendimento, così da consentire ai giovani di inserirsi con successo nel mondo del lavoro.

Per l’Italia possiamo fare lo stesso quadro?

Anche nel nostro Paese in tempi recenti ci sono stati importanti sviluppi: il potenziamento dell’offerta formativa in alternanza scuola lavoro (legge n. 107 del 13 luglio 2015); la valorizzazione, introdotta dal decreto legislativo attuativo del Jobs Act del 15 giugno 2015, dell’apprendistato finalizzato all’acquisizione di un diploma di istruzione secondaria superiore.

Alternanza scuola lavoro e apprendistato sono due modi diversi di indicare la stessa cosa oppure vanno tenuti distinti?

L’interpretazione europea parla genericamente di apprendistati. In Italia invece i due istituti giuridici presentano differenze sostanziali. L’alternanza scuola lavoro è una metodologia didattica, si svolge sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa. Il giovane che sviluppa l’esperienza rimane giuridicamente uno studente e l’inserimento in azienda non costituisce un rapporto lavorativo. L’apprendistato, invece, si caratterizza per essere “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”. Rispetto alle altre forme di apprendimento che integrano l’istruzione con la formazione “on the job” è regolato da precisi obblighi tra le parti che discendono sia dalla legislazione nazionale e regionale in materia, sia dalle contrattazioni di settore. Leggi e contratti definiscono aspetti specifici come l’inquadramento dello studente lavoratore e la retribuzione.

Qual è la funzione che l’Università è chiamata a svolgere?

Le Università possono interagire con la rete di servizi per l’impiego con attività di job placement (accoglienza, informazione, orientamento ecc.) affiancando la ricerca e la formazione tradizionali. La Carlo Bo in particolare sta lavorando alla mediazione con il mercato del lavoro e si è iscritta all’albo informatico delle agenzie per il lavoro tramite il portale ClicLavoro, iniziativa che prevede il trasferimento dei curricula all’interno del portale. Inoltre, attraverso la piattaforma Alma Laurea, si dà accesso a pagine integrative che facilitano il percorso di orientamento in uscita.

E rivolgendosi alle scuole superiori, come cambia il compito dell’Ateneo?

In questo caso l’Università può fare accoglienza agli studenti nelle proprie strutture, nei centri di ricerca, nei dipartimenti; oppure fare formazione sulle tematiche della sicurezza (aspetto molto importante se si parla di alternanza scuola lavoro). Può attivarsi nella collaborazione a creare laboratori territoriali, ossia realtà che contribuiscano all’occupabilità, all’orientamento e al contrasto della dispersione scolastica, anche per il tramite di poli tecnico-professionali. Infine il ruolo dell’Università può concretizzarsi realizzando corsi IFTS e ITS o, ancora, formando i docenti.

L’alternanza scuola lavoro poggia sulla possibilità che la nozione maturi in competenza. A livello universitario qual è la probabilità che questo percorso generi valore?

Ci vengono in soccorso le informazioni raccolte da Almalarea sull’efficacia del titolo nell’occupazione che si sta svolgendo. Più che di probabilità possiamo dunque parlare di dati e statistiche. I numeri sono riferiti al 2011: il 56% degli occupati all’estero ritiene molto efficace la laurea; ciò significa che le competenze acquisite servono sul posto di lavoro. Tra gli intervistati occupati in Italia siamo invece al 43,3%. Una buona fetta ritiene infine il titolo e le competenze acquisite abbastanza efficaci. I dati mostrano inoltre che la probabilità di trovare lavoro si accresce in modo significativo per i giovani che presentano nel proprio curriculum un percorso formativo collegato ad attività di stage.

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