In occasione delle due giornate di studi dedicate al linguista e semiologo francese Émile Benveniste, il Centro Internazionale di Scienze Semiotiche dell’Università di Urbino è stato intitolato a Umberto Eco.

Le ragioni dell’attribuzione e una rapida rassegna dell’evento nell’intervista al semiologo Paolo Fabbri, Direttore del CiSS e amico del grande intellettuale scomparso un anno fa.

 

Professor Fabbri, l’intitolazione a Umberto Eco inaugura il 2017 del Centro Internazionale di Scienze Semiotiche. Una scelta che suscita ampio consenso e qualche curiosità.

Il CiSS di Urbino è l’erede del famoso Centro di Semiotica e Linguistica in cui Eco ha lavorato per tantissimi anni. In questa città è stato molto presente, tant’è che ha finito per comprare una casa a pochi chilometri, nel paese di Monte Cerignone, dove ha portato 20.000 dei 50.000 libri che compongono la sua collezione privata, conservata per la maggior parte a Milano.

A Urbino Eco ha partecipato a molte delle attività del CiSS e organizzato convegni e conferenze, attirando studiosi di fama internazionale. Per questo abbiamo pensato, insieme al Comitato Scientifico e con l’assenso degli eredi, di intitolare il Centro di ricerca a Umberto, in prossimità dell’anniversario della sua morte.
Tra l’altro, con sorpresa mi sono accorto che l’Università e la città di Bologna, dove ha lavorato quasi tutta la vita accademica, non gli hanno ancora intitolato nulla; il CiSS di Urbino, quindi, è la prima istituzione scientifica italiana che intitola la propria attività di ricerca a Eco.

“A partire da Émile Benveniste” il filo rosso che lega le due giornate di studio del CiSS procede fino a Umberto Eco?

Eco ha voluto, per testamento, che non si facessero convegni postumi destinati alla sua persona, rinviando tutto a dieci anni! Pertanto, abbiamo deciso di includere l’intitolazione nell’occasione di un altro convegno dedicato al grande semiologo e linguista Émile Benveniste che Eco conosceva bene. La scelta non è casuale. Benveniste era, infatti, il primo Presidente dell’AISS, l’Associazione Internazionale di Studi Semiotici, quando Eco ne era Segretario.

A corredare l’attribuzione del titolo al CiSS è stata una riflessione su alcuni romanzi di Eco. 

In occasione di questa intitolazione del Centro abbiamo immaginato, negli spazi dell’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino, un omaggio un po’ “amarcord” a Umberto.
Daniele Barbieri, docente dell’ISIA e allievo di Eco così come Leonardo Romei Direttore dell’ISIA, ha introdotto La misteriosa fiamma della regina Loana per due ragioni. Innanzi tutto perché è il solo romanzo veramente autobiografico di Eco e, in secondo luogo, perché è un libro pieno di immagini, soprattutto di fumetti che lui amava da ragazzo. È stato interessante ascoltare Barbieri che ha molto studiato il linguaggio dei comics che corredano il testo.

 

Il mio intervento ha raccontato un’inedita relazione tra Eco e il nobel Dario Fo. Lavorando sia sul romanzo Il nome della rosa, sia sul film omonimo, ho scoperto che il linguaggio sconosciuto e strano che molto caratterizza il personaggio di Salvatore, l’eretico dolciniano, è ispirato al grammelot, la lingua della Commedia dell’Arte appena comprensibile e costruita su una velocissima sequenza di suoni che Dario Fo recitava. Una scelta semiotica trasgressiva che ha anche una valenza politica.

 

Abbiamo presentato, inoltre, il numero 63 della rivista Il Verri, una rivista dell’Avanguardia artistica e letteraria a cui Eco ha partecipato e della quale era condirettore insieme a me e ad altri. Un numero intitolato alle Letterature di Umberto Eco, non su Eco ma sugli autori che a lui piacevano: Conan Doyle, De Nerval, Balestrini, Pagliarani e altri membri del Gruppo 63. Un lavoro al quale hanno partecipato docenti dell’Università di Urbino.

Ha scritto che la morte “dell’intellettuale più riconosciuto del pianeta è la conclusione irreversibile d’un’esistenza singolare e la interruzione di un progetto di vita che spetta eventualmente ad altri proseguire”. Questa intitolazione risponde anche all’esigenza di riprendere e proseguire il progetto scientifico di Eco?

Certamente. Eco aveva molti progetti, uno di questi era la letteratura.
Faceva parte del Gruppo 63, era uno degli uomini dell’Avanguardia, poi però ha scritto romanzi detti postmoderni. Allora noi vogliamo sapere quali sono le relazioni tra quest’esperienza avanguardistica – ha tradotto Esercizi di stile di Queneau, per esempio – e la sua scrittura, sempre più ispirata al romanzo storico di traduzione manzoniana.
Ma Eco ha orientato molto la sua ricerca anche verso una filosofia del linguaggio, altra disciplina che cercheremo di esplorare insieme a quella di una fenomenologia della semiotica, nell’ambito della quale vanno investigate le direzioni giuste da percorrere.

 

L’intenzione, quindi, è di proseguire i diversi orientamenti letterari e filosofici di Eco e confrontarli con i nuovi orientamenti della semiotica che occupano e preoccupano il CiSS di Urbino.
In conclusione del colloquio su Benveniste abbiamo, infatti, presentato una collana presso l’editore Luca Sossella, La Tradizione del Nuovo dedicata ad alcuni classici della disciplina: Roman Jacobson e Algirdas Julien Greimas. Quest’ultimo, di cui ricorre il centenario della nascita, è stato il primo direttore del Centro urbinate di Semiotica e di Linguistica.

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