Sin dall’inizio del Novecento, nelle Law School statunitensi l’accostamento del diritto alla letteratura è ritenuto fondamentale per la formazione giuridica. Dunque “diritto e teatro per riaccostare la cultura umanistica, per osservare il diritto attraverso lo specchio della letteratura, per svilupparne la critica, ma anche – spiega la professoressa Maria Paola Mittica, docente di Filosofia del diritto II – per decifrare la dimensione complessa del diritto nella sua funzione ordinatrice, misura della realtà. Shakespeare allora diventa un classico anche della cultura giuridica, perché può aiutarci a leggere il mondo con una ‘trasversalità’ culturale e storica indispensabile per ragionare sulla giustizia”.

diritto-teatro

L’arte della misura. Il teatro del diritto

Il progetto scientifico-didattico ha per titolo L’arte della misura. Il teatro del diritto e rientra nell’ambito delle iniziative del Laboratorio di diritto vivente del Dipartimento di giurisprudenza. Gli studenti del corso di Filosofia del diritto II, assieme alla professoressa Maria Paola Mittica e quelli di Storia della giurisprudenza romana, assieme alla professoressa Marina Frunzio, analizzeranno la scena I del IV atto de Il Mercante di Venezia, guidati dall’attrice Mariagrazia Comunale. “La commedia shakespeariana – spiega la professoressa Frunzio – rappresenta uno dei testi più arditi, complessi e densi di tematiche sociali e politiche del teatro universale. In particolare, la scena I dell’atto IV introduce al famoso processo in cui la giovane Portia riesce, grazie ad uno stratagemma di teatro nel teatro, a ribaltare le sorti ingiuste di una giustizia avara, già segnata per Antonio. E vi riesce attraverso un uso in via interpretativa della lettera della legge:

Il contratto

non ti concede neppure una goccia di sangue;

le parole precise sono “una libbra di carne”:

bada dunque al tuo contratto

e abbiti la tua libbra di carne;

ma se, tagliandola, versi

una sola goccia di sangue cristiano,

le terre e i tuoi beni ti saranno,

per la legge di Venezia,

confiscati a favore dello Stato.

 

Il trait d’union, la parola

Diritto e teatro privilegiano la parola come principale forma espressiva, entrambi ne hanno bisogno come c’è bisogno di calce e mattoni per tirare su un palazzo. In Shakespeare, così come in una vera aula di tribunale. “È soprattutto attraverso l’uso accorto della parola che il ribaltamento diviene efficace, in un crescendo di immagini che scuotono la memoria, aprono alla vista anche le ragioni contorte di chi dovrebbe essere nel torto eppure, a suo modo, reclama una giustizia ancestralmente perduta, quella del popolo ebreo. L’avaro mercante chiede vendetta contro i cristiani, invocando l’applicazione di un’uguaglianza quasi paradossalmente gridata. Shakespeare, amante del doppio – argomenta la professoressa Mittica -, gioca con il doppio. Chi è il mercante? Shylock o Antonio… ? Quale il confine tra bene e male, ingiustizia e giustizia? Quale il senso di questa parola tanto evocata, che tuttavia si nutre essa stessa di un palcoscenico spesso grottesco e fasullo?”.

 

William-Shakespeare-1609Processo e palcoscenico

L’ambiguità è spesso ciò che lega di più la parola recitata alla parola scritta nei codici, alla norma, oggi come in passato. L’esempio di Portia è calzante: retorica e interpretazione giuridica si fondono. “La consapevolezza di ciò – conclude la professoressa Frunzio – è in grado di gettare una luce problematica sui processi, sulla loro permeabilità al potere che esaspera il dubbio circa le qualità positive della giustizia; solletica una inconscia incertezza sulle doti di saggezza degli uomini che hanno assunto il compito di realizzare concretamente la giustizia. Avvicinarsi a queste dimensioni teatrali, ma soprattutto meta-teatrali di un’opera sempre attuale, potrà arricchire gli studenti di diritto nella loro formazione complessiva, nella loro comprensione delle ambiguità della norma, nelle loro abilità performative. Studieremo il testo sia nella versione originale che nella traduzione italiana, cercando di potenziare la coscienza dell’interdisciplinarietà e dell’assenza di rigide barriere temporali e culturali”.

 

Alle attività del laboratorio, si collegherà anche la proiezione del film Il Mercante di Venezia, diretto da M. Radford nel 2004. L’appuntamento è per il 17 marzo, alle ore 15, nell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza. La proiezione del film è aperta a tutti i docenti e studenti dell’Ateneo e sarà accompagnata da un forum di discussione con i professori Maria Paola Mittica, Marina Frunzio e Gabriele Marra.

 

Immagine: David Marcu

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