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“In genere (in contrapp. a sovrastruttura), struttura o complesso di elementi che costituiscono la base di sostegno o comunque la parte sottostante di altre strutture”. Se cerchiamo il significato della parola infrastruttura l’enciclopedia Treccani ci risponde così. Naturalmente tutto è molto più complesso. Possiamo però aiutarci nel dargli senso e spessore raccontando il convegno di venerdì 13 novembre su “Il ruolo delle infrastrutture nello sviluppo del paese” e  i punti di vista ospitati dall’Università di Urbino, per un contributo di studio e approfondimento.

Pesi massimi e piattaforme

Che cos’è l’infrastruttura? Il primo a rispondere sarà, attraverso il nostro blog, il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Riccardo Nencini, del quale riproduciamo alcuni concetti ascoltati durante il suo intervento. L’idea dell’infrastruttura che si precisa comincia da un dubbio: se sia lecito pensare l’organizzazione istituzionale del nostro Paese sulla base dei confini diocesani, perché sono quelli che ricalcano le province, o se sia più giusto riformulare un sistema aggiornato, “piattaforme territoriali in grado di sostenere la competizione internazionale”.
Il passaggio è propedeutico. Ridisegnata la mappa territoriale di governo infatti si ridisegnano anche le infrastrutture. “Va fatta una semplificazione territoriale”, serve che anche le pmi o le micro imprese si coalizzino, dopodiché a tutto ciò va affiancata l’infrastruttura.
“Servono pesi massimi laddove finora abbiamo giocato con pesi welter”.

Alle “piattaforme territoriali” si frappongono le città, i grandi centri urbani. Nello scacchiere descritto da Nencini, ma nella realtà, è attorno a queste che si dispongono i grandi punti di snodo: porti, areoporti, interporti, ferrovie, strade. “È da qui che storicamente parte lo sviluppo”. Piattaforme territoriali e città devono però fare spazio ad un terzo elemento: le città medie e medio piccole, dove vive “il 27 % della popolazione italiana”. La progettualità nella quale devono rientrare, ha spiegato il viceministro, è necessariamente diversa, dedicata.

Le Marche

La cornice generale tracciata fino qui ha bisogno di calarsi nel contesto reale, le Marche. “Pensate ad un campo di calcio e al Milan; c’erano due ali molto forti: Rivera e Pierino Prati. Questa Regione è Prati”. L’allegoria è dello stesso Nencini per collocare una Regione nel terreno di gioco della Penisola. Applicato alla Regione il tema suscita poi differenti argomenti. Almeno tre. 1) La quadrilatero. 2) Il porto di Ancona. 3) La strada dei Due Mari. Ad essi corrispondono tre considerazioni del viceministro: 1) La quadrilatero c’è, esiste nei fatti e una volta conclusa renderà più spedito il collegamento Marche-Umbria; 2) L’accorpamento col porto di Ravenna è stato scongiurato dal fatto che Ancona è capoluogo, ma soprattutto dall’essere uno snodo commerciale molto importante; 3) Sbaglia chi pensa alla Fano-Grosseto come a un affare regionale: “È un asse strategico per tutto il centro Italia” in cui si inserisce la Guinza, “una strada veloce (lo sarà, ndr) senza pedaggiamento e collegata all’E45”.

“Se allargo lo sguardo sulla carta geografica – ha spiegato il senatore Nencini ripensando al punto 3) – vedo un portolano molto interessante”.

L’infrastruttura tradizionale e immateriale

La prospettiva sulle infrastrutture può essere economica, politica, oppure socio-culturale. Il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, ha adottato quest’ultima nel suo incipit. “Leggendo un piano regolatore degli anni ’80 appare chiaro come all’epoca si credesse a una crescita infinita. Oggi sappiamo di dover puntare sulla qualità dello sviluppo, che non è cosa infinita”.
La qualità si fa con le reti infrastrutturali tradizionali ma anche con quelle immateriali (banda larga e ultra larga). Come già accennato nel corso dell’intervento di Nencini bisogna tuttavia sapere che la premessa per infrastrutture efficienti è l’assetto della governance territoriale. Prima di sapere come collegare bisogna sapere cosa collegare. Il caso da analizzare si trova oltralpe: “Il modello francese – come indicato dal presidente Ceriscioli – da tantissimi anni racconta e continua a raccontare le storie delle municipalità ma a livello amministrativo è basato sull’aggregazione dei Comuni”. La parcellizzazione vista come rischio, di dispersione delle risorse soprattutto, va trasfusa anche nel terreno infrastrutturale. Il che si traduce per le Marche in un difetto da superare: “Abbiamo poche infrastrutture e poco collegate tra loro”.

Poche anche le infrastrutture immateriali: “Occorre lavorare partendo dalla situazione reale”, la mappatura della banda ultra larga nella regione presenta molti buchi. La buona notizia però è che ci sono 80 milioni di euro (30 dalla Regione e 50 dallo Stato) stanziati per recuperare.

Rispetto agli anni ’80 è cambiato molto nel modo di concepire l’azione amministrativa: “Non abbiamo risorse favolose – ha spiegato Ceriscioli – ma vogliamo che si trasformino in realizzazioni”.

L’infrastruttura e l’Università

Più del 50 % degli studenti dell’Ateneo arriva da fuori Regione. Una quota così importante da non permettere di separare il tema della giornata da quello della mobilità degli studenti e dei collegamenti con la città. Il rettore Vilberto Stocchi a questo proposito ha “evidenziato alcuni punti”. “Si avverte la difficoltà di raggiungere Urbino”, soprattutto in coincidenza di eventi convegnistici. La necessità, inoltre, di velocizzare i collegamenti. “Già il conte Fulvio Corboli – ha ricordato – nell’Ottocento pensò alla realizzazione di una arteria che doveva dare una comunicazione alli Due Mari”.

L’infrastruttura e l’economia

Le infrastrutture, il commercio, il traffico delle merci, ovvero lo sviluppo. Può essere teorema questa locuzione? La risposta è di Ilario Favaretto, docente di economia: “Il volano moltiplicativo delle infrastrutture è molto basso. L’infrastrutturazione deve implementarsi nel contesto socio-economico. Le strade portano, ma portano anche via”. Le ultime riflessioni a livello europeo recepiscono questo: “Esattamente come dobbiamo combinare l’approccio agricoltura/industria, così dobbiamo avere una visione integrata sull’infrastrutturazione nei centri e nelle periferie cercando di porre l’attenzione non solo sulla mobilità ma anche sull’accesso alla mobilità”. Fondamentale è una linea strategica chiara: “Non dobbiamo rischiare di oscillare, come spesso è accaduto, tra modelli di sviluppo aggregativi e decentrati. Facendo così si commettono errori che si pagano. Le infrastrutture hanno bisogno di una visione sul lungo periodo”.

L’infrastruttura e il diritto

Il binomio indirizza verso il Codice degli appalti. Il tema trattato da Loriano Maccari, docente di Governo del territorio e dei contratti pubblici, che ha introdotto elementi critici e di approfondimento. Prima difficoltà osservata: “l’inflazione normativa”. Esistono circa 600 articoli e la difficoltà è di rendere compatibile la semplificazione con i principi comunitari della trasparenza, della competititività ecc. Questa difficoltà si moltiplica in maniera inversamente proporzionale alla grandezza dei municipi, alle risorse umane in forza alle amministrazioni in grado di leggerne e interpretarne i contenuti. La via di uscita? “La riduzione drastica del numero di norme, della loro lunghezza”. La definizione di regole chiare, il superamento dell’attuale sistema burocratico.

Conclusioni

Paolo Polidori, docente di Scienza delle finanze ha stratificato su più livelli la materia: “visione strategica, studio, pianificazione”. Tutti e tre presuppongono una proiezione negli anni: “Il deficit di governabilità nel nostro Paese – ha commentato Polidori – in passato ha fatto riporre speranze sulla intesa strategia. Oggi si torna a investire nella governabilità” su cui impiantare la progettazione infrastrutturale. Dall’Ateneo, che ha una lunga tradizione di giuristi trasportisti, è infine venuto l’appello a non trascurare l’interazione tra mondo accademico e amministrativo-politico e il contributo che può venirne. Luigi Einaudi (giustamente citato) ne aveva già parlato: “Conoscere – diceva – per deliberare”. Una lezione ancora utile.

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