Martedì 7 marzo, nell’Aula Magna del Rettorato, la Senatrice a vita Elena Cattaneo ha tenuto la conferenza Scienza e Politica: a ciascuno il suo, nell’interesse dei cittadini. La giornata di studio è stata aperta dal saluto del Magnifico Rettore Giorgio Calcagnini, e si è svolta per buona parte in forma di dibattito con il contributo del Professor Orazio Cantoni, Prorettore alla Ricerca.
Il nostro “non è un Paese per ricercatori e in tema di PNRR ho molte perplessità” ha spiegato ai microfoni di Uniamo la Senatrice – farmacologa e biologa di rilievo internazionale – poco prima dell’avvio dei lavori. I governi hanno scarsa considerazione del sapere prodotto negli Atenei, ma la scienza non può sottrarsi alla responsabilità di fare la sua parte: “le università e gli studiosi devono conquistarsi la fiducia della politica ogni giorno”.

 

Nel 2013 è stata nominata Senatrice a vita dal Presidente Giorgio Napolitano. Da allora la sua missione è portare la voce della ricerca scientifica nelle aule parlamentari.

Portare la scienza nelle aule parlamentari è un dovere di tutti noi. Lo dobbiamo prima di tutto ai cittadini con l’intento e la speranza che le prove e le evidenze che si studiano e si accumulano nei nostri Atenei possano entrare a far parte delle decisioni legislative. Serve lavoro, tanto lavoro e ciascuno può partecipare anche se fuori delle aule parlamentari. Lo facciamo nelle nostre Università cercando di riempire lo spazio pubblico del lavoro serio, rigoroso e produttivo che svolgiamo tutti i giorni.

Nel 2016 ha fatto un primo bilancio della sua esperienza in Parlamento evidenziando l’incomunicabilità tra scienza e politica. Oggi, dopo l’emergenza pandemica, scienza e politica sono in dialogo tra loro?

Il dialogo tra scienza e politica è sempre complesso perché la scienza è un’attività umana che mira a descrivere le cose così come sono, così come stanno intorno a noi. Tante volte nel fare questo le risposte che arrivano sono inaspettate, indesiderate, magari scomode da un punto di vista pubblico, sociale e politico e allora il rischio è che queste prove semplicemente non vengano considerate, e che quel dialogo si interrompa.

 

Il dialogo al tempo del Covid c’è stato: abbiamo visto quale esito fantastico ha prodotto per la nostra società, ma non la darei come un’operazione chiusa. Penso che, da una parte, la scienza, le università e gli studiosi devono conquistarsi la fiducia della politica ogni giorno, e dall’altra anche che dovremmo, dovrebbero gli studiosi, sempre più presidiare le evidenze nel momento in cui diventano di dominio pubblico affinché vengano recepite per quello che sono e non modificate o, peggio ancora, ignorate.

Lo scorso anno, un tavolo tecnico del MUR ha finalmente portato in campo una Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale. La pubblicazione del documento è avvenuta purtroppo mentre il Governo Draghi cadeva. Le misure previste troveranno applicazione con il sostegno del nuovo Governo?

Io ovviamente non posso parlare per il Governo, ma il documento che descrive la strategia italiana per la ricerca per il prossimo futuro è un documento che non avevamo mai avuto prima, che risulta dal lavoro di studiosi straordinari e che ci dà delle indicazioni precise. Penso sarebbe irresponsabile non seguirlo e la percezione è che, come il precedente, anche l’attuale Governo farà proprio questo documento.

 

Farlo proprio significa però sostenerlo per il futuro, quindi sposare l’idea che a un Paese serva cultura per immaginare e posizionarsi nel futuro senza paura e senza timori. Quindi, vogliamo e vorremmo sperare davvero che quel documento rappresenti il giro di boa, e che finalmente ci possa essere una strategia per la ricerca che sopravviva ai cambi di Governo.

I piani di investimento previsti dal PNRR sembrano essere un’occasione di rilancio per la ricerca. Cosa ne pensa?

In tema di PNRR ho molte perplessità. Ci siamo trovati di fronte a una situazione inedita, di fronte a risorse che non avremmo mai immaginato di poter avere prima. C’è stata anche la pressione e la necessità di assegnare le risorse nel più breve tempo possibile perché hanno una scadenza e devo dire che questo non ha aiutato. Non ha facilitato l’opportunità che invece era straordinaria di immettere insieme alle risorse dei meccanismi per la loro assegnazione.

 

Mi sarebbe piaciuto vedere rafforzate le strategie per le assegnazioni magari pensando, con quelle risorse, anche di insediare finalmente nel nostro Paese un’Agenzia per la ricerca che non abbiamo. Le assegnazioni in genere sono dirette, dai Ministeri ai beneficiari, ci sono bandi ma spesso non ci sono le strutture per gestirli. Pensiamo anche al MUR, che è una conquista recente. Abbiamo un Ministero dedicato all’Università e alla Ricerca eppure l’attuale Ministra, così come la precedente, si sono trovate con un MUR vuoto, con personale da reclutare, da assegnare e con nuove azioni da fare.

 

L’attuale Ministra, proprio recentemente, ha avviato le procedure per costruire una struttura di ricerca interna al Ministero che potesse gestire la vastità dei bandi, le migliaia di domande. Pensiamo ai PRIN: 7.800 domande a marzo scorso, non so quante altre domande al PRIN di dicembre. Se non c’è una struttura capace di dare anche credibilità all’investimento pubblico il rischio è l’assegnazione delle risorse a lancio di monetina.

 

In generale, sul PNRR credo possa anche paventarsi il rischio che dopo il 2026 ci possa essere un tracollo, perché hai innestato personale nelle Università, fatto centinaia o migliaia di nuove posizioni senza pensare a cosa ne sarà di loro. Quindi il rischio è anche di intasare con questo reclutamento le Università e la ricerca per i prossimi 20 anni. Insomma sta molto anche a noi, ai Rettori, agli Atenei cercare di cogliere l’opportunità di queste risorse assegnate senza compromettere le opportunità e il destino dell’Università di domani.

Quando la politica riuscirà ad accendere una luce nella lunga notte della ricerca scientifica?

La politica riuscirà ad accendere una luce nella lunga notte della ricerca italiana nel momento in cui gli studiosi si dedicheranno a ciò. Semplicemente nel momento in cui ricercatori, docenti e Rettori spenderanno più energie, più risorse per presidiare quello spazio pubblico, per conquistarsi la fiducia dei cittadini e quindi della politica. Per raccontare le tante storie di scienza, le tante conquiste pazzesche che si fanno in questo Paese quasi inaspettatamente, perché questo non è un Paese per ricercatori.

 

Uno dopo l’altro, tutti i governi, con poche eccezioni, hanno avuto scarsa considerazione della cultura che cresce, del lavoro e dell’impegno degli Atenei, anche a livello territoriale, dove la conquista non è solo la straordinaria pubblicazione scientifica, ma la conquista da spiegare, da raccontare, da vantare è ogni millimetro di passo avanti compiuto, in tutta onestà e trasparenza, dai nostri giovani, dai nostri ricercatori che insieme muovono il Paese su un gradino più in alto nella scala della conoscenza. E questo viene fatto per tutti coloro che sono fuori dai laboratori e fuori dagli Atenei.

 

Ecco, quella luce si accenderà quando questa enormità di esperienze, di competenza e di risultati verrà messa a disposizione di tutti, e verrà usata per prendere sotto braccio i cittadini riempiendo le piazze di cultura e di sapere.

 

 

 

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