Martedì 18 e mercoledì 19 aprile Uniurb ospiterà Jean-Philippe Toussaint, scrittore e regista belga di lingua francese. Voce tra le più interessanti della letteratura contemporanea europea è certamente autore “inconsueto”, portato a muoversi tra varie forme d’arte, alcune accolte di diritto nelle sale del Louvre e presentate in una mostra monografica dedicata.
Nelle due giornate di studio Jean-Philippe Toussaint et l’Italie. Jean-Philippe Toussaint en Italie, la produzione dell’artista sarà approfondita da una prospettiva tutta italiana e in ragione di specifici modelli di editoria e di cultura.
Ne parliamo con la Professoressa Margherita Amatulli, docente di Letteratura Francese presso la Scuola di Lingue e Letterature Straniere di Uniurb, che in collaborazione con Christophe Meurée, primo assistente degli Archives & Musée de la Littérature di Bruxelles, ha ideato e organizzato l’evento.

 

La Professoressa Margherita Amatulli

Professoressa Amatulli, presentiamo Jean-Philippe Toussaint ai lettori di Uniamo?

Molto volentieri. Pensi che ero una giovanissima studentessa quando il Professor Giovanni Bogliolo, allora mio docente di Letteratura Francese, mi regalò il primo libro di questo scrittore allora sconosciuto ed è proprio al mio maestro che dedico, a distanza di anni da quel gradito regalo, queste due giornate di studio.

 

È un doppio piacere quindi per me presentare Toussaint ai lettori di Uniamo così come sarà un gran piacere presentarlo a Urbino, sia ai miei studenti che agli amanti della lettura perché si tratta di un autore poliedrico che spazia dalla scrittura al cinema, alla fotografia e ben si colloca nella nostra epoca post-disciplinare, in cui i confini tra le varie discipline sono sempre più porosi.
Dal punto di vista narrativo è una delle voci più note della letteratura contemporanea di lingua francese. Dico di lingua francese, perché l’autore è di origine belga; eppure, a differenza di altri autori suoi compatrioti, è annoverato nel panorama della letteratura francese forse perché la sua sede editoriale è esclusivamente francese.

 

Se bisogna segnalare un’affiliazione questa è proprio da ricercarsi nelle Éditions de Minuit presso cui la sua opera narrativa è pubblicata. E proprio negli anni ’80 con la pubblicazione del suo primo romanzo, La Salle de bain, Toussaint inaugurava presso la prestigiosa casa editrice la generazione del minimalismo francese, o del romanzo impassibile, o della cosiddetta “Génération Salle de Bain” a partire proprio dal titolo della sua opera prima. Quella che, sotto l’apparente semplicità e l’umorismo, la presenza di falsi aneddoti che non concorrono alla progressione della storia, e di un protagonista che non ha nulla di eroico, nasconde una profonda riflessione metafisica che ruota attorno allo scorrere del tempo e ai tentativi per fermarlo. Sono peraltro tutte caratteristiche della prima fase della sua scrittura che comprende ben cinque romanzi.

Da lì, nuovi cambi di voce e nuove “etichette”.

Esatto, nonostante l’autore sia refrattario alle etichette! Al cosiddetto “minimalismo barocco” sono invece da riportarsi i quattro romanzi del cosiddetto “ciclo di Marie”, dedicato all’originale stilista di moda Marie Madeleine Marguerite de Montalte – nome di pascaliana memoria! – romanzi che, pur aderendo agli aspetti testuali già sperimentati, si articolano all’interno di un impianto narrativo più serrato e di una maggiore concentrazione drammatica. Negli ultimi due romanzi, invece, La Clé USB e Les Émotions emerge per la prima volta il mondo brussellese della Comunità Europea e un linguaggio contemporaneo che spazia tra bitcoin, lobbisti e Brexit.
Ma Toussaint, come dicevo, non è solo uno scrittore, è anche un artista, un fotografo, un cineasta…

Qual è il filo rosso che lega la scrittura, il cinema e, più in generale, l’arte di Toussaint?

Sono molti gli elementi comuni, sia a livello tematico che formale, ma direi che a predominare è proprio il rapporto tra il visibile e il leggibile. Non solo le sue opere abbondano di riferimenti artistici o il cinema interviene nei piani fissi della sua scrittura, ma Toussaint è riuscito a portare la scrittura fuori dal libro, come nella mostra Lire/Louvre organizzata nel museo parigino nel 2012, o come il cortometraggio The Honey Dress, girato in Cina a partire da un episodio del romanzo Nue, cortometraggio presentato addirittura in Belgio durante una mostra dedicata alla moda e le cui riprese ci vengono raccontate nel libro Made in China.

 

E gli esempi di tali contaminazioni, di tale “estensione del dominio della letteratura”, per parafrasare un titolo celebre, sono davvero tanti. In sintesi, predomina in tutta la sua produzione oltre alla circolazione delle varie sfere espressive, l’adesione alle pratiche della contemporaneità, all’intermedialità e alla volontà di sperimentarsi come già negli anni ‘80 allorché correva un gran rischio dopo l’esperienza formalista del Nouveau Roman.

L’accostamento del suo stile al Nouveau Roman è un dato di fatto. Per quali tratti caratterizzanti?

Toussaint riconosce il suo debito verso i “Nouveaux Romanciers” che hanno spianato la strada verso nuove forme di narrazione ma se, specie nella prima fase, muove dalla loro eredità lo fa per staccarsene e fare un passo avanti. La morte del personaggio, la scomparsa dell’intreccio e lo sviluppo delle nuove forme di scrittura con cui solitamente si identificano i Nouveaux Romanciers trovano nello scrittore belga nuove formulazioni. Nonostante una certa esiguità, Toussaint si riappropria del racconto, magari per interrogarlo e problematizzarlo, e i suoi personaggi, pur nel loro anonimato, sono esseri umani alle prese con inquietudini esistenziali e filosofiche.

L’Italia come accoglie la lezione di Toussaint?

Toussaint non è uno scrittore commerciale e non ha avuto in Italia la stessa ricezione di Amélie Nothomb o di Daniel Pennac. Inoltre, la mancata affiliazione dell’autore, sino a questo momento almeno, a un’unica casa editrice italiana non ha di certo contribuito alla sua notorietà, anche se la critica si è mostrata attenta alla sua opera. Successo di critica e mancato successo di pubblico, direi.
Pensare che l’Italia è sempre presente nella sua opera! E le due giornate internazionali che organizzo a Urbino in collaborazione con l’Archives & Musée de la Littérature di Bruxelles sono proprio dedicate ad approfondire i riferimenti al nostro Paese nella sua produzione, così come la collocazione dell’autore nel nostro mercato editoriale.

L’urgenza e la pazienza è una delle molte riflessioni sulla scrittura che il The Times ha definito “indispensabile”.

Sì, un’altra vena dello scrittore cui non abbiamo accennato è proprio la riflessione sulla sua scrittura. In una serie di testi, più o meno brevi, in modo diretto o indiretto, ci porta dietro le quinte o, come direbbero i francesi, nella cucina della sua scrittura. Un po’ come aveva fatto al cinema col suo film La Patinoire mettendo in scena il tournage del film stesso, alla maniera di Effetto Notte di Truffaut, e in particolare di La ricotta di Pasolini da cui l’autore sostiene di essere stato ispirato.

 

Si tratta di testi ibridi nel loro genere narrativo, autoriflessivi, tra cui oltre a quello che lei cita, ne ricordo solo alcuni: Autoportrait (à l’étranger); C’est vous l’écrivain, L’instant précis où Monet entre dans l’atelier. Tra tutti questi ce n’è uno che prediligo: Mes bureaux. Pensi che si tratta di un fototesto scritto e pubblicato unicamente in italiano su soggetto libero e su invito di una casa editrice veneziana, Amos edizioni, che ultimamente sta pubblicando molte traduzioni dell’autore, e chissà che non riesca ad ovviare a quella dispersione editoriale che non ha di certo contribuito a fare la fortuna di Toussaint in Italia.

Lei studia Jean-Philippe Toussaint e la sua poliedrica produzione da molti anni. L’incontro con l’autore, e la conoscenza personale che a un certo punto si è realizzata, ha modificato il suo modo di sentire e di interpretarne l’opera?

Direi proprio di no. Conoscere Toussaint mi ha fatto un enorme piacere, e non nascondo che sono stata spesso tentata dal rinvenire tracce del biografico nelle sue opere a partire da ciò che racconta, ma l’opera vive di vita propria ed è questa la vita che preferisco. A cena con lui non penso a ciò che ha scritto!

 

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