Il fatto è che puoi chiamarti Federica Pellegrini o Filippo Magnini ed essere un pezzo della coppia più glamour dello sport italiano, sulla passerella di Armani o in una piscina dei Mondiali di Kazan, eppure è inevitabile: nel posto giusto e con le persone giuste finisci sempre per assomigliare a te stesso. Ed è una meraviglia.
Il posto giusto è l’Aula Magna dell’Area Scientifico-Didattica Paolo Volponi. Le persone giuste sono gli studenti del nostro Ateneo. Con loro i due campioni olimpici conversano a lungo, in un crescendo di rilanci confidenziali di magnifica intensità.
L’occasione dell’incontro è l’evento Campioni nello sport e nella vita, organizzato dalla Scuola di Scienze Motorie della Carlo Bo e dal Rotary Club Urbino, per una raccolta fondi utile all’acquisto di strumenti informatici di supporto a studenti universitari disabili. Si parla di talento, passione, paura, sconfitte, vittorie e di lotta al doping. Magnini è, infatti, co-ideatore e testimonial della campagna I AM DOPING FREE: un’iniziativa diventata vero e proprio movimento per tutti gli sportivi che sanno ancora guardare all’etica e alla concretezza del sacrificio quotidiano.
“Di sacrifici ne ho fatti tanti. Alle superiori – racconta l’atleta pesarese – ogni mattina mi alzavo alle cinque per potermi allenare in piscina prima di andare a scuola. E poi non ho potuto fare una vacanza per anni, ho rinunciato al calcetto con gli amici per evitare infortuni e a un sacco di altre esperienze, ma il sacrificio più grande è stato la lontananza dalla mia famiglia. Sono stato lontano da casa per tanto tempo, lontano dai miei genitori, dal nipotino, dai nonni e quello è tempo che non tornerà mai più. Però, se tiro le somme, penso che ne è valsa la pena”.
Entrambi se dicono nuoto, dicono Amore.
Federica. “Ho pensato di lasciare il nuoto solo dopo la morte del mio mentore: il mio allenatore. Allora ho considerato la possibilità di mollare perché temevo di non riuscire a farcela senza di lui. Invece poi l’amore per il nuoto ha vinto”.
Filippo.“Gli obiettivi sportivi col tempo cambiano. Sarebbe impensabile a 34 anni dire vado alle Olimpiadi di Rio de Janeiro perché voglio vincere la medaglia d’oro. Sarebbe folle perché dovrei gareggiare con atleti molto più giovani di me e per questo molto più forti. Il mio obiettivo adesso può essere vincere una medaglia nella staffetta, una gara che si svolge in quattro. In un gruppo di atleti più giovani che io come capitano coordino e tengo unito, così da riuscire a portare a casa un risultato importante come ho fatto quest’anno. Crescendo cambiano gli obiettivi, ma non cambia la passione che ho dentro. Quello per il nuoto è veramente un amore.
Sono adulti da un pezzo, eppure ragazzi tra i ragazzi. I nostri (studenti) superate le esitazioni iniziali scatenano uno tsunami di domande. Bravi. Siete sorprendenti. Filippo e Federica intanto ridono, si scambiano battute che ascoltiamo solo a tratti, fanno rotolare più di un “ci stiamo divertendo” e inventano un futuro di là dal nuoto.
Federica. “La mia carriera è stata molto precoce. A 14 anni ero in Nazionale Assoluta e a 16 alle Olimpiadi, quindi ho potuto portare a termine solo la scuola superiore e ottenere il diploma. Non sono riuscita a iscrivermi all’università perché ho voluto dedicarmi completamente allo sport. Spero di poterlo fare quando smetterò di nuotare”.
Filippo. “Devo confessare una cosa, ma non ridete. Sono iscritto a Scienze Motorie dell’Università di Urbino. Sono fuori corso da qualche anno, ma il Professor Biancalana qui presente dice che sono comunque il suo più grande orgoglio. La fine del percorso di studi ormai non è lontana e posso garantirvi che ce la metterò tutta per arrivare alla laurea”.