Non dobbiamo guardare i nostri passi quando ci muoviamo nel mondo, dobbiamo guardare la luna. Lo sa bene Karen Barchetti, neolaureata di Uniurb che ha legato in una sola ambizione professionale le sue due più grandi passioni: la farmacologia e lo spazio. Questi i suoi primi traguardi raggiunti: laurea quinquennale in Farmacia con tesi sperimentale in Farmacologia spaziale, ammissione al corso in Human Space Physiology dell’Agenzia Spaziale Europea, ammissione al dottorato di ricerca in “Farmacologia cardiovascolare in ambiente spaziale” all’Université Paris Cité. Un inizio a molte stelle!

 

Karen, molti complimenti per la tua laurea in Farmacia! Mi racconti la tua esperienza di vita e di studio a Urbino in tre parole?

Grazie mille! Allora, tre parole, direi: casa, amicizia, sostegno. Urbino è stata la mia seconda casa: ho un forte legame con la città, con gli studenti e le studentesse che qui ho conosciuto e con i docenti che mi hanno seguito, consigliato e insegnato tanto. Ho vissuto anni bellissimi in questo luogo che offre poche distrazioni ed è ideale per studiare. E poi ho stretto un legame forte, in particolare, con alcune delle ragazze che con me hanno condiviso lo stesso appartamento nel corso dei miei cinque anni di studio. Non potrò mai dimenticare – e mi mancheranno – la comprensione e l’aiuto reciproco che hanno arricchito il nostro rapporto.

Parliamo di passione, la tua è il risultato di una fusione che si chiama “farmacologia spaziale”.

Sì, i corpi celesti, i pianeti, il cosmo mi hanno sempre affascinato e ricordo che una sera mi sono chiesta: «nello spazio chissà come agiscono i farmaci sul corpo umano», e grazie a questa banale domanda ho capito esattamente quale sarebbe stato il mio percorso successivo. Ho iniziato a documentarmi su varie piattaforme scientifiche – scoprendo, tra l’altro, che l’argomento è poco studiato – e più tardi, per concludere il mio percorso di studi, ho proposto al Professor Piero Sestili una tesi sperimentale sulla farmacologia spaziale. Il docente ha accettato la sfida e ho cominciato ad analizzare i numerosi cambiamenti fisiologici ai quali il corpo umano è soggetto quando è esposto a microgravità, e in che modo parametri farmacologici possono cambiare e alterarsi proprio in base a queste modifiche fisiologiche.

Hai detto che l’argomento è poco studiato. In assenza di letteratura scientifica come hai strutturato la tua indagine?

La letteratura è praticamente nulla, sono stati condotti non più di cinque studi sulla real microgravity, per cui ho deciso di approfondire il tema attraverso una serie di interviste a esponenti internazionali del settore, tra cui l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) Paolo Nespoli. L’idea era capire quali fossero i farmaci più utilizzati e come fossero gestiti nello spazio ascoltando la testimonianza di chi avesse realmente vissuto a bordo di uno shuttle o di una stazione spaziale, ma anche da parte del team medico di supporto.

 

Ho, infatti, intervistato il medico di volo ESA, il Dottor Sergi Vaquer, e anche l’ex responsabile del team di farmacologia della NASA, la Professoressa Virginia Wotring. Oltre ai protocolli per la gestione dei farmaci e ai principali disturbi accusati dagli astronauti sono emerse anche numerose considerazioni riguardanti i maggiori research gaps e le future missioni spaziali. Nel complesso, è stato un percorso di conoscenza ricco di diversi punti di vista interessantissimi.

 

Cosa hai provato quando l’Agenzia Spaziale Europea ti ha ammesso al corso in Human Space Physiology?

Non avrei mai pensato di essere selezionata, anche perché erano disponibili solo 30 posti. Mentre cominciavo a scrivere la tesi, nel 2022, ho frequentato un corso in Biology for human space exploration organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, condotto dalla Professoressa Debora Angeloni, e ho continuato a monitorare il sito dell’ESA, dove finalmente è stato pubblicato un bando relativo alla partecipazione a un corso in Fisiologia spaziale, aperto a studenti triennali e magistrali di tutta Europa. A quel punto mi sono detta: «ci provo!».

 

Non me l’aspettavo, è stata un’emozione straordinaria! Conclusa l’esperienza in Belgio, posso sicuramente dire che la possibilità di conoscere e confrontarmi con studenti provenienti da diversi Paesi europei che condividono la mia stessa passione è stata entusiasmante. Ho imparato molto e le conoscenze di base che la magistrale in Farmacia mi ha dato, insieme a tutto ciò che ho appreso sull’argomento attraverso l’approfondimento personale e il lavoro di tesi, mi hanno permesso di affrontare con sicurezza e soddisfazione il percorso.

Se dico PhD?

Rispondo: quasi certamente in Francia. Durante una delle interviste previste dal lavoro di tesi ho conosciuto il Professor Pierre Boutouyrie, farmacologo e cardiologo all’Université Paris Cité che, poco dopo la nostra conversazione, mi ha selezionato per un dottorato di ricerca in “Farmacologia cardiovascolare in ambiente spaziale”. Quindi, con molta probabilità, l’anno prossimo potrò continuare a seguire la mia passione a Parigi, con il costante e prezioso supporto del Professor Sestili che ha contribuito alla ricerca dei finanziamenti a sostegno del mio progetto.

Immagino la risposta… Se dico sogno o ambizione professionale?

Rispondo: trasformare la mia passione in una professione. Il mio obiettivo è proseguire la ricerca in ambito spaziale per garantire la sicurezza dell’equipaggio nel corso delle future missioni spaziali. Nei prossimi anni, spero di occuparmi di ricerca in un team di farmacisti – attualmente non istituito – che collabori con il team medico a supporto degli astronauti. Il sogno è di creare un gruppo di giovani ricercatori italiani, quindi lancio un appello alle studentesse e agli studenti Uniurb: lasciatevi ispirare, la farmacologia spaziale è ancora tutta da esplorare, proviamo a studiarla insieme da pionieri e voliamo alto, magari un giorno a bordo di uno shuttle… per avere il privilegio, e vivere l’emozione, di vedere la nostra “casa” dall’alto. Anche quella di Urbino!

 

 

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