Sarebbe bello fermare in un giro di frase l’attimo in cui, martedì 21 maggio, nell’Aula Magna dell’Area Scientifico – Didattica Paolo Volponi, ci siamo accorti che qualcosa di portentoso stava accadendo. L’istante esatto in cui una corrente di energia allegra si è sollevata attraversando risate e applausi, ci ha stretti in un abbraccio di puro divertimento e ha trasformato la cerimonia di conferimento del Sigillo di Uniurb a Rosario Fiorello in un’esperienza indimenticabile. 

“Osservatore attento dell’uomo – ha spiegato il Magnifico Rettore Giorgio Calcagnini declamando le ragioni dell’attribuzione – Fiorello ne interpreta le istanze più profonde con spirito pungente che mai si discosta dal garbo”. Un’attitudine, una disposizione naturale che senz’altro si rintraccia nell’intervista  dello showman ai microfoni di Uniamo. Un autoritratto inedito, che rinuncia al superpotere della battuta e si affida alla forza della verità dell’uomo. 

 

 

Hai trasformato il tuo talento e le tue passioni in mestiere. Tirando la riga del totale, qual è il bilancio?

Bisogna sempre mettere accanto a tutte queste cose la fortuna. La fortuna di trovarsi nel giorno giusto, al momento giusto, con la persona giusta, però – detto questo – devi fare. Nel senso che se uno resta immobile, fermo, a casa, non succede niente.

 

Quando non mi conosceva nessuno io facevo spettacoli ovunque, nei villaggi turistici che mi hanno dato il la, ma anche dopo: spettacoli aziendali, compleanni, comunioni, cresime, qualsiasi cosa. Perché in ogni momento, in ogni posto, ci potrebbe essere l’aggancio giusto per poi passare ad altro.

 

Se devo tracciare – come dici tu – una linea, dico che mi sono dato abbastanza da fare. Non è che io abbia delle qualità eccelse… perché se mi vai a scandagliare artisticamente: canto, sì, ma non come un cantante, recito ma non come un attore, faccio ridere delle volte ma non come un comico, però mettendo insieme queste cose vengo fuori io.

 

Quando, nel nostro mondo, qualche volta si dice: “ecco il nuovo Fiorello” io non sono d’accordo, perché credo di essere unico nella mia mediocrità. Nel senso che ho creato un personaggio, un artista particolare e lo si vede nelle cose che faccio.

La comicità impazza sul palco dei social. Pensi sia possibile lanciare e dare impulso a un progetto d’arte di successo nel contesto della rete?

Oggi c’è il web, accendi – io dico ancora accendi – scrolli un social e ci sono degli imitatori non bravi, bravissimi, però non serve imitare in maniera perfetta, ci vuole personalità, carisma e – purtroppo – quello ce l’hai o non ce l’hai. Il carisma fa sì che le cose che sai fare, magari meno bene di altri, messe insieme con quello che tu sei formino un artista che poi ha successo.

 

Oggi purtroppo, con i social, molti pensano che stando dentro una cameretta, sapendo fare due cose, e avendo 2 milioni di follower si possa diventare il numero uno. “Sono Dio, sono il più grande di tutti”, poi esci dalla cameretta con i tuoi 2 milioni di follower, vai davanti alla gente vera, che ti guarda con le braccia conserte e devi fare in modo che quelle braccia si aprano. Ed è lì il difficile.

 

Io sono stato fortunato, ho avuto i villaggi turistici che molti citano quando mi devono denigrare, perché non è che piacciamo a tutti. Se qualcuno mi deve denigrare dice “ah va be’, ma Fiorello viene dai villaggi turistici”, invece per me quella è stata l’Università. Perché lì ho avuto modo di conoscere il pubblico, che non mi conosceva, e di conquistarlo, tutte le sere per quindici anni… Non so quanti abbiano avuto questa opportunità.

In questo momento, il riconoscimento più grande immagino sia quello che il pubblico, soprattutto di giovanissimi, ti ha attribuito attraverso Viva Rai2!

Viva Raidue è stata una cosa inaspettata per tutti, perché è un programma non preparato a tavolino, che si è sviluppato negli anni, più di dieci. Nasce con un cellulare in un bar, si allarga ai social, e dopo tutti questi esperimenti, aggiungendo un pezzetto, levando qualcos’altro, è venuto fuori Viva Rai2.

 

La soddisfazione più grande – come dicevi tu – il premio più grande è stato l’aver preso tutto il pubblico, il 100% del pubblico, incredibile. Forse perché in quella fascia oraria, il varietà vero, con delle gag fatte per la mattina, quindi molto brevi, della durata di un minuto e mezzo massimo, non c’era mai stato. Un varietà con una chiave accattivante – ci siamo resi conto, senza volerlo – anche per i più giovani, giovanissimi. Io per strada vedo genitori con i figli, e un bambino che mi guarda e fa: “c’è Fiorello” e mi saluta!

Il video in cui riprendi il glass, nella solitudine del Foro Italico, ha commosso tutti…

“Ciao a tutti è stato bello”… la mattina vado nello studio vuoto, sto da solo e guardo. Lo facevo prima, quando non c’erano i cellulari, e ho continuato a farlo anche adesso. Poche ore prima c’era l’inferno, poi sono andato lì, ho ripreso il glass distrutto… Però questo è stato il più forte di tutti, perché il programma ha avuto un impatto veramente devastante su tutti noi.

Il saluto, un respiro profondo, ci si ricompone e poi?

E poi si aspetta. Si sta tranquilli, non si deve cercare nulla, perché le idee sono nell’aria, girano, magari guardi quel quadro lì e dici: “aspetta un attimo”, e ti viene un’idea. Però, può essere pure che non arrivi e, quindi, non esserci a tutti i costi. Allora, se devi tornare, devi avere qualcosa da dire di nuovo, o continui a fare quello che stavi facendo, ma a me non piace.

 

I miei programmi durano sempre due edizioni, tre; oggi si tende ad avere quindici edizioni, sedici, ventisei… io non ce la farei, anche perché fare Viva Rai2 a quei ritmi: 40 minuti con 30 punti di scaletta, che significa tutte cose da un minuto, un minuto e mezzo, due minuti, un minuto e mezzo, due minuti… è difficilissimo. Abbiamo fatto 230 varietà!

In un’intervista hai spiegato: “tendo al pessimismo, dico sempre no prima di dire sì”. Hai detto no prima di dire sì anche al Sigillo del nostro Ateneo?

Questa è una frase che mi disse una collaboratrice quando facevo delle pubblicità. Mi disse: “senti Fiorello, mi devi togliere una curiosità: perché dici sempre di no prima di dire sì?”. Ma lo faccio anche nella vita di tutti i giorni in famiglia. Se mia moglie mi dice: “senti, andiamo lì domani sera”, io rispondo: “no guarda, no, non ce la faccio, non c’ho voglia, va be’, dài, andiamo”. Ma è una forma di difesa. Sono sempre molto ansioso, quindi prima di affrontare un qualcosa dico: “no guarda, no guarda però, nel frattempo, sto già pensando sì, però, potrei”!

 

Avevo già avuto offerte di lauree – honoris causa – ma mi hanno sempre fatto paura, non le ho mai prese, ho sempre declinato l’invito per una forma di rispetto verso quelli che hanno studiato.
Questa volta, sarà perché non si chiama “laurea honoris causa” ma è il Sigillo dell’Ateneo di Urbino, ho detto “va be’ dài, ho raggiunto un’età da Sigillo”. Un Sigillo, a 64 anni, me lo merito!

 

 

 

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