Giovedì 12 dicembre, nel giorno della nascita di Giancarlo De Carlo, l’Università di Urbino ha celebrato la nuova vita di uno dei capolavori urbinati del Maestro genovese: l’Aula Magna dell’Area Scientifico Didattica Paolo Volponi. Affidato al restauro degli Architetti Monica Mazzolani e Antonio Troisi, oggi questo spazio d’eccezione torna a raccontare la sua storia nel rispetto di ciò che era e di quanto continuerà ad essere.
La proiezione del cortometraggio Bo/De Carlo. Pensare una Città. Un Ateneo nel segno del contemporaneo, con testo narrativo tratto dall’intervista rilasciata da De Carlo a Silvia Dolciami ha aperto la cerimonia, curata dalla Professoressa Tiziana Mattioli. Dopo il saluto del Rettore Giorgio Calcagnini, l’Avvocato Marcella Bo, rappresentante della famiglia nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Bo, ha ricordato in un prezioso intervento il lungo sodalizio che ha stretto Bo e De Carlo nell’amore per Urbino, “un amore assoluto e incondizionato per questa terra, questa città e i suoi abitanti”.
La lettura del testo Carlo Bo, De Carlo in Urbino per voce, alta e intensa, del filologo e critico letterario Massimo Raffaeli ha preceduto la presentazione del progetto di restauro diretto dagli architetti di MTA – Giancarlo De Carlo Associati, e la testimonianza di Angela De Carlo. Altra tappa d’incanto nell’intero disegno del programma è stata l’interpretazione, sempre emozionante, di Silvio Castiglioni nella lettura del discorso tenuto da Giancarlo De Carlo al Premio Gentile da Fabriano nel 2001. Hanno chiuso la cerimonia il saluto del Direttore Generale dell’Università di Urbino, Alessandro Perfetto, e la proiezione di un filmato dedicato al complesso architettonico dei Collegi Universitari di Urbino realizzato dagli allievi della Facoltà di Architettura della University of Texas at San Antonio.
Ricordiamo che l’inaugurazione è la prima di una serie di iniziative che nel corso del 2025 racconteranno l’opera e il pensiero di Giancarlo De Carlo. Tra gli eventi in programma segnaliamo la mostra ad accesso libero, Bo/De Carlo. Pensare una città. Un Ateneo nel segno del contemporaneo, allestita nel cortile d’onore di Palazzo Bonaventura, in via Saffi 2.
Nell’intervista che segue, ad approfondire il tema e le ragioni del restauro è il Rettore Giorgio Calcagnini.
Rettore, l’evento che ha presentato l’Aula Magna del Polo Scientifico Didattico Paolo Volponi ha reso omaggio a Giancarlo De Carlo e a Carlo Bo. Un gesto dovuto, voluto, tanto quanto il restauro dell’auditorium?
La presentazione e l’omaggio sono stati fortemente voluti e riassunti in un’unica iniziativa dedicata alle due persone che hanno riscritto la storia della città e dell’Università. Mi ha fatto molto piacere l’adesione delle famiglie Bo e De Carlo; tra l’altro, il contributo di Angela De Carlo alle ricerche documentarie è stato fondamentale. L’evento è il risultato di un lavoro corale, coordinato da Tiziana Mattioli, che ha coinvolto il nostro personale tecnico-amministrativo, lo Studio MTA – Giancarlo De Carlo Associati per i contributi che raccontano il restauro, gli artisti della famiglia Castiglioni-Galanti e i fotografi Nicola di Giorgio e Paolo Semprucci per il cortometraggio che abbiamo proiettato, e l’editore Raffaelli per un piccolo volume in cui abbiamo raccolto testi e traduzioni che meritano visibilità. E parlando di visibilità, approfitto dell’occasione per invitare studentesse e studenti e tutta la cittadinanza a visitare la mostra fotografica dedicata a Giancarlo De Carlo, curata dalla preziosissima Tiziana Mattioli, e allestita nel cortile d’onore di Palazzo Bonaventura.
Perché considera questo debutto “un atto politico”?
Considero un atto politico il restauro dell’Aula Magna e la conseguente presentazione ufficiale di questo spazio perché rinnova una precisa intenzione di Carlo Bo. Ossia l’idea, espressamente dichiarata, di edificare un luogo “da poter usare anche per le manifestazioni pubbliche della città” in ragione del “ruolo che dovrebbe avere l’Università nella società contemporanea”. Ecco, ci piacerebbe dare continuità sempre di più a un disegno, avviato recentemente e con successo, di apertura degli spazi universitari alla cittadinanza.
Un’azione che se per un verso dà forza al legame tra Ateneo e città, dall’altro consolida la funzione dei luoghi accademici come poli di conoscenza a tutto tondo, in grado di attrarre trasversalmente le persone, nel senso più ampio e generale del termine. Non solo cittadine, cittadini, studentesse, studenti, studiose, studiosi, ma tutti gli stakeholder della nostra Istituzione, con particolare riferimento ai rappresentanti del tessuto produttivo coinvolto nei processi di trasformazione economica del territorio regionale, e non solo di quello. È chiaro che in una visione di questo tipo l’Università recupera il ruolo che le spetta, cioè di figura chiave nella creazione del capitale sapienziale e generativo di un’intera comunità, intesa anche e soprattutto come Paese.
Qual è stata la sfida più importante alla quale il restauro ha dovuto far fronte?
Sicuramente quella di salvaguardare la visione di Giancarlo De Carlo. Perché restaurare spazi progettati dall’architetto genovese significa misurarsi e avere cura di un patrimonio anche di significati. Quindi, la sfida principale è stata senz’altro quella di dare il giusto riguardo alla sua idea originaria di spazio aperto e inclusivo, declinandola attraverso l’uso di materiali e tecnologie in linea con gli standard contemporanei. Ogni particolare di tutto l’insieme rinnovato è in dialogo costante con il disegno di base e in pieno equilibrio rispetto alla sua prima realizzazione, per mantenere viva la memoria di un’opera che ha un valore anche simbolico.
Riqualificare uno spazio che ha natura e valore di simbolo, mi sembra ribadisca anche un’altra funzione fondamentale dell’Ateneo che è tutore di un’eredità culturale collettiva a partire dalla quale tutto avviene.
Sicuramente. Tanto più che a Urbino sono molte le architetture definite da una certa forza evocativa oltre che di funzione, e tutti gli interventi che anche di recente abbiamo realizzato nei palazzi storici dell’Ateneo sono il risultato di un modo preciso di intendere la storia e il futuro. Sono atti di responsabilità culturale che preservano il passato e consegnano ai giovani gli strumenti necessari a interpretarlo, capirlo e capitalizzarne la lezione per affrontare le sfide attuali e future.
A proposito di futuro, qual è il carico di innovazione e sostenibilità che il restauro dell’Aula Magna Volponi porta con sé?
I lavori di rinnovamento dell’auditorium che abbiamo appena presentato, così come gli altri interventi di riqualificazione promossi negli ultimi anni, non si sono limitati al recupero filologico ed estetico degli spazi, ma hanno riguardato la costante implementazione delle tecnologie digitali e dei sistemi audio-video, già integrati o allestiti ex novo, a garanzia della qualità di erogazione delle lezioni e anche dei molti convegni, conferenze ed eventi fruiti in presenza e online.
Del resto, siamo stati tra i primi Atenei a trasformare i luoghi fisici di apprendimento in piattaforme di collaborazione e condivisione in rete, che oltrepassano i confini geografici. Inoltre, la dimensione dell’innovazione si è tradotta nell’adozione di soluzioni sostenibili come l’efficienza energetica e l’uso di materiali riciclabili. Un altro segnale evidente di come nel nostro Ateneo la tradizione sia strettamente connessa al nuovo ordine della modernità.
Da sx, tra le due studentesse Irina Spiridonova e Sofia Mietti: il Direttore Generale Alessandro Perfetto, Angela De Carlo, Marcella Bo, il Rettore Giorgio Calcagnini.