La rivista scientifica Journal of Functional Foods ha accolto di recente uno studio sulla curcuma caesia roxb, coordinato da Uniurb e condotto in collaborazione con l’Università di Camerino. La ricerca, nelle sue prime fasi di sviluppo, ha evidenziato interessanti proprietà della pianta, potenzialmente in grado di contrastare stress ossidativo e invecchiamento cellulare. Per l’Università di Urbino hanno firmato lo studio Matteo Micucci, Corresponding author, Barbara Canonico, Co-Corresponding author, Michela Battistelli, Michele Mari, Michele Retini, Federico Gianfanti, Francesco Nesimo, e per UniCam il gruppo di ricerca coordinato da Giovanni Caprioli.
Ne parliamo con il Professor Matteo Micucci.

Il Professor Matteo Micucci
Professor Micucci, quando e come nasce l’interesse del gruppo di ricerca per la curcuma caesia roxb?
L’interesse per la curcuma caesia, nota come curcuma blu, è nato nell’ambito delle ricerche condotte dal nostro gruppo di studio Uniurb su ingredienti nutraceutici, ossia su sostanze nutritive che evidenziano possibili effetti benefici sulla salute. Rispetto alla curcuma longa, la curcuma blu è una varietà meno conosciuta ma tradizionalmente impiegata in alcune aree dell’India e del Sud-Est asiatico in ambito culinario e anche a fini salutistici per trattare una serie di disturbi infiammatori compresi quelli cutanei, digestivi o respiratori.
Parliamo di usi locali non supportati da evidenze scientifiche. Per cui proprio la necessità di studiare gli effetti della pianta, soprattutto in riferimento a un’ipotetica azione di contrasto all’invecchiamento cutaneo, ha generato l’idea di indagarne le caratteristiche sia chimiche, sia biologiche per possibili applicazioni in questo contesto. Abbiamo avviato lo studio un anno e mezzo fa, circa, quando sono riuscito a ottenere la quantità di rizoma sufficiente a condurre l’esperimento. Quindi il primo step è stato ottenere la matrice vegetale, dopodiché siamo riusciti a coltivare la pianta in Italia per gli studi sperimentali e ad estrarre il rizoma nelle quantità necessarie all’indagine.
Raccontiamo i primi esiti dell’indagine.
I primi risultati della ricerca dimostrano che in vitro questa miscela inibisce alcuni processi di invecchiamento, in un modello sperimentale che prevede l’impiego di cheratinociti umani. Questo significa che il pool di principi attivi isolato da questo rizoma potrebbe, una volta applicato in maniera congrua, contribuire a contrastare l’aging della cute.
Quali caratteristiche differenziano la curcuma blu dalla spezia più comune che conosciamo e portiamo sulla nostra tavola?
La principale differenza è il colore del rizoma. La curcuma blu presenta una colorazione blu acceso dovuta alla presenza di antociani flavonoidi, mentre la longa ha un colore giallo intenso anche per l’elevato contenuto di curcuminoidi. Dal punto di vista chimico la curcuma blu si distingue per il suo profilo polifenolico con un’alta concentrazione di composti quali epicatechina, procianidina B2, acidi fenolici che ne fanno un candidato promettente per applicazioni nutraceutiche e cosmeceutiche e, soprattutto, per azioni di contrasto ai processi degenerativi legati allo stress ossidativo e all’invecchiamento cellulare. La curcuma blu rispetto a quella gialla presenta, inoltre, una concentrazione molto più elevata di epicatechina: un antiossidante responsabile, molto probabilmente insieme ad altre sostanze, del contenimento di alterazioni associate all’invecchiamento cellulare che abbiamo osservato nei modelli sperimentali.
Sul mercato è possibile trovare prodotti a base di curcuma blu?
Attualmente la curcuma blu non è utilizzata in Europa e i prodotti a base di questa spezia sono rari anche sul mercato internazionale. In alcuni Paesi asiatici è possibile trovare formulazioni locali o estratti artigianali sprovvisti di certificazioni scientifiche o regolatorie.
Il nostro studio rappresenta, quindi, il primo passo di una più ampia valutazione del potenziale della pianta basata su un approccio scientifico rigoroso.
Di stress ossidativo si parla di frequente. Di cosa si tratta e perché può essere importante contrastarne gli effetti?
Lo stress ossidativo è uno squilibrio tra la produzione di radicali liberi e la capacità dell’organismo di neutralizzarli attraverso gli antiossidanti. I radicali liberi sono sostanze altamente reattive che, quando presenti in eccesso nell’organismo, possono danneggiare il DNA, le proteine, i lipidi e le strutture cellulari, accelerando il processo di invecchiamento con l’incremento del rischio di patologie cronico-degenerative pertinenti alla sfera cardiovascolare, metabolica ecc., e anche accelerando i segni dell’invecchiamento che si osservano sulle cute.
Ecco, i composti bioattivi della curcumma blu hanno dimostrato, ad esempio, di possedere un’elevata capacità antiossidante che potrebbe contribuire a ridurre i danni prodotti dall’esposizione della pelle a fattori che aumentano la produzione di radicali liberi, come i raggi ultravioletti. Quindi, contrastare lo stress ossidativo è fondamentale per preservare la funzionalità cellulare, rallentare i processi degenerativi e migliorare la salute cellulare.
Quale fase di sviluppo attraversa la ricerca e quali metodologie ha utilizzato finora?
Lo studio attraversa le sue prime fasi di sviluppo, nel corso delle quali abbiamo utilizzato una combinazione di indagini che hanno riguardato principalmente metodi estrattivi, la chimica analitica e l’attività biologica. Abbiamo messo a punto il metodo estrattivo di principi attivi dal rizoma e, in collaborazione con l’Università di Camerino, abbiamo svolto l’analisi chimica che ci ha permesso di ottenere una fotografia delle molecole presenti all’interno. Una ricerca successiva su cheratinociti umani – le cosiddette cellule HaCaT – esposti ai raggi UVB ci ha permesso di valutare gli effetti dell’estratto su stress ossidativo, apoptosi e infiammazione. E, con orgoglio, posso dire che siamo stati i primi a scoprire tutto questo.
Immagino che lo studio non si fermi. Per dimostrare l’efficacia della curcuma sarà necessario superare altri stadi. Il prossimo?
Lo studio non si deve fermare! Il passo successivo sarà testare l’estratto non solo in altri modelli preclinici in vivo, ma anche attraverso studi clinici su volontari per valutare parametri diversi. Penso per esempio alla sicurezza, alla biodisponibilità, alla bioaccessibilità dei principi attivi e all’efficacia in determinate condizioni. Sarà, inoltre, essenziale ottenere eventuali approvazioni regolatorie in Europa e quindi avviare in seguito applicazioni e collaborazioni con l’Industria di settore.
L’impiego della curcuma potrebbe rivelarsi un esempio di innovazione sostenibile?
Sì, la curcuma blu potrebbe rappresentare un’innovazione sostenibile in diversi ambiti. Per quel che riguarda la salute – ripeto – come supporto alimentare ai meccanismi di regolazione e contrasto dell’infiammazione e della senescenza cellulare. Trattandosi di una spezia coltivata in aree tropicali, la sua valorizzazione responsabile – alle nostre latitudini – potrebbe favorire pratiche agricole sostenibili, rispettose della biodiversità. Inoltre, l’integrazione della curcuma blu nel mercato europeo potrebbe creare nuove opportunità per l’Industria del settore nutraceutico e cosmeceutico, generando un indotto e un impatto economico per le comunità che la coltivano e la elaborano. Per cui, andiamo avanti guardando con fiducia a obiettivi sempre nuovi e augurandoci di annunciare quanto prima i prossimi risultati della ricerca.