Il Premio America Giovani è un riconoscimento nazionale ai neolaureati delle università italiane che non si vince caricando candidature e lettere motivazionali. Arriva e basta. Un giorno. Via e-mail. Grazie a un algoritmo che processa dati e riconosce la solidità di un percorso di laurea. Anzi di mille percorsi di laurea. Tanti sono, infatti, i giovani ai quali la Fondazione Italia USA attribuisce ogni anno una borsa di studio, a copertura totale, per fruire gratuitamente del master in Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Tra i talenti selezionati per il 2025, e premiati lo scorso 24 giugno alla Camera dei Deputati, c’è anche una ex studentessa dell’Università di Urbino: Giulia Bosco! Laurea triennale in Lingue e Culture Moderne, laurea magistrale in Marketing e Comunicazione per le Aziende, Erasmus in Germania, oggi Giulia guarda oltre la linea dell’orizzonte e costruisce le basi per una carriera nell’ecosistema produttivo delle eccellenze italiane, ovvero, del Made in Italy. I dettagli nell’intervista che segue.

 

Giulia, molti complimenti! Cosa hai provato quando hai saputo di aver vinto il Premio America Giovani?

Ricevere l’e-mail che mi attribuiva il premio è stata una bellissima sorpresa. Non è possibile presentare la candidatura – non è previsto – anche per questo quando è arrivata la notizia mi sono stupita. Per non parlare dell’emozione che ho provato più tardi, alla Camera dei Deputati quando ho ritirato la pergamena. Davvero una grande emozione. La cerimonia è stata suggestiva, solenne, e la consapevolezza di trovarsi lì per meriti riconosciuti pubblicamente ha contribuito a rendere quel momento indimenticabile. Dei vari interventi, uno mi ha colpito più degli altri: un docente che ci ha esortati a imparare a riconoscere i nostri meriti, a dare valore al nostro impegno e a dire: “sono stato bravo, sono stata brava”! Un gesto semplice, ma potente perché spesso tendiamo a minimizzare i nostri traguardi.

 

In quel momento ho capito che questo premio ha per me un doppio significato: è la conferma di un percorso serio, fatto di studio e di sacrifici, ma è anche una ripartenza. Attraversavo un periodo di grande incertezza in cui non sapevo bene quale direzione prendere, per cui è arrivato al momento giusto. Questo riconoscimento ha dato un senso a tutto: agli anni di studio lontano da casa, anche all’estero, al periodo universitario affrontato nel pieno della pandemia, con tutte le difficoltà legate alla didattica a distanza e all’impossibilità di partecipare a lezioni e progetti in presenza. Ho come l’impressione che tutta la fatica sia stata ripagata.

Al netto delle difficoltà legate alla pandemia, come descriveresti gli anni di vita e di studio a Urbino?

A Urbino mi sono trovata molto bene. Fin dall’inizio ho trovato un ambiente accogliente che mi ha fatto vivere una lunga esperienza positiva, soprattutto nel rapporto con i docenti. Il Professor Fabio Musso, in particolare, è stato determinante soprattutto nell’ultima parte del mio percorso, come relatore di tesi. Grazie a lui mi sono appassionata alla materia e la disponibilità che ha dimostrato nei miei confronti ha fatto la differenza. Ma parlando in generale, i professori e le professoresse non sono figure distanti, inaccessibili. C’è una professionalità, certo, ma anche un atteggiamento profondamente umano.

 

Vogliono davvero accompagnarci nel cammino di studio e condividere le proprie competenze con passione e rispetto, sono persone aperte e sensibili alle nostre necessità. Studiare in questa Università mi ha permesso anche di incontrare ragazze e ragazzi provenienti da diverse regioni d’Italia, quindi di confrontarmi con culture diverse dalla mia e di costruire amicizie importanti. La definirei un’esperienza formativa a tutto tondo.

 

 

Il master in Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy, a cui il Premio dà accesso, è in linea con i tuoi interessi formativi?

Il master riguarda un ambito che mi interessa particolarmente. La mia tesi di laurea era infatti incentrata sul marketing internazionale applicato al Made in Italy nel settore agroalimentare. Durante il mio periodo di studio in Germania, ho potuto approfondire l’argomento con un lavoro sul campo. Attraverso una serie di interviste ho indagato come i consumatori tedeschi percepiscono alcuni prodotti agroalimentari italiani. Per cui, questo master è la naturale prosecuzione del mio percorso di studio. Ho cominciato da poco a seguire le lezioni, ma credo possa diventare un importante trampolino di lancio per costruire la carriera a cui aspiro.

Parliamo di obiettivi professionali. Sono gli stessi che avevi quando ti sei iscritta al corso di laurea triennale o sono cambiati nel tempo?

I miei obiettivi professionali sono cambiati gradualmente. Durante gli anni della laurea magistrale lavoravo già per un’azienda e pensavo che quello potesse essere il mio futuro professionale. Col tempo, però, mi sono resa conto che non corrispondeva più alle mie aspirazioni. È stato proprio scrivendo la tesi che ho scoperto l’universo del Made in Italy, e mi ha subito affascinato l’idea di valorizzare le eccellenze italiane attraverso il mio lavoro. In futuro mi piacerebbe contribuire alla promozione nel mondo di ciò che l’Italia sa fare meglio – dal cibo al design, passando per le relazioni internazionali – e penso che il master possa aiutarmi a procedere in questa direzione.

Di cosa ha bisogno la tua generazione, oggi, mentre esplora il confine tra formazione e lavoro e comincia a costruire la propria carriera?

Viviamo in un contesto in cui le pressioni sociali sono molto forti e pesano soprattutto sui giovani. Per questo, sempre più spesso sentiamo il bisogno di una maggiore tranquillità, della libertà di essere noi stessi e di esprimere le nostre caratteristiche individuali senza doverci adeguare a schemi rigidi. Banalmente, nella Scuola lo stress legato al rendimento, al voto, è fortissimo e nel mondo del lavoro succede la stessa cosa.

 

Ritmi insostenibili, aspettative eccessive, poca attenzione alla salute mentale provocano, sempre più, situazioni di burnout. Noi giovani non chiediamo meno responsabilità, ma un contesto che ci permetta di lavorare serenamente, senza rinunciare alla qualità delle nostre giornate. Crediamo nel valore del work life balance, cioè di un equilibrio reale tra sfera professionale e personale. Perché per lavorare bene è necessario vivere una vita piena!

 

 

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