Il 2025 porta un’estate di buone notizie! La prima riguarda il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza che il Censis ha premiato con un memorabile primo posto nella classifica degli Atenei italiani, per l’alta qualità della didattica. Protagonista della seconda è Matteo Righetti, neolaureato dello stesso percorso di studio che alla Camera dei Deputati, il 1 luglio 2025, ha ricevuto il Premio America Giovani. Due traiettorie parallele che all’improvviso si sono piegate fino ad incrociarsi, diventando una sola storia. Quella dell’eccellenza universitaria nazionale.
Abbiamo incontrato Matteo per parlare del suo percorso di studio a Urbino, del riconoscimento speciale e inatteso, e del master in Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy che la Fondazione Italia USA ha assegnato a lui e ad altri 999 giovani talenti del Paese.
Matteo, a te il Premio America Giovani, a Giurisprudenza il primo posto nella classifica Censis!
Sì, ho letto la notizia! Ne sono stato molto contento, ma non troppo sorpreso perché per me i cinque anni di studio a Urbino sono stati preziosi. Bellissimi. Rifarei tutto. A parte la parentesi covid – che, paradossalmente, mi ha fatto capire quanto fosse importante seguire le lezioni in presenza – ho sempre frequentato, e tutto il percorso è stato utilissimo. So che parlando di Urbino lo si dice sempre, ma per Giurisprudenza vale ancora di più: il fatto di essere pochi numericamente, di non avere aule affollate, è un vantaggio notevole perché rafforza sia il rapporto fra compagni di corso, sia quello tra professori e studenti. Con la Professoressa Chiara Gabrielli, che è stata la mia relatrice di tesi, sono in contatto ancora oggi. Frequento i seminari che organizza: un valore aggiunto anche per noi laureati e, sempre su suo consiglio, al momento svolgo un tirocinio presso la Procura della Repubblica di Pesaro, affidato a un Pubblico Ministero. In sostanza, a Urbino si creano relazioni che nelle grandi città universitarie sono difficili da immaginare.
Un podio meritato!
Decisamente. Giurisprudenza è stato il percorso più bello che abbia fatto nella mia vita perché mi ha fatto capire come funziona il mondo intorno. Mi ha aiutato a sviluppare una consapevolezza più ampia, a trecentosessanta gradi. Lo studio delle norme e delle sentenze, ad esempio, non serve solo a conoscere la legge, ma a costruire un metodo. Imparare a risalire alla ratio di una norma significa comprenderne il senso profondo e acquisire una capacità di ragionamento che si riflette anche nella vita quotidiana. Parliamo di un percorso che favorisce l’interpretazione di ciò che accade, e consegna alle persone una potente chiave di lettura della realtà.
Dopo la laurea in Giurisprudenza un algoritmo ha scandagliato le carriere universitarie e ha selezionato la tua tra le eccellenze italiane. Cosa hai provato quando ti hanno comunicato la notizia?
Ho saputo del Premio leggendo una mail, anzi due. La prima riguardava il master: pensavo si trattasse di pubblicità per cui all’inizio l’ho letta frettolosamente, con poca attenzione senza neanche arrivare alla fine del messaggio. Poi, una collega, con la quale svolgo il tirocinio in Tribunale, mi ha suggerito di controllare la casella di posta perché la Fondazione Italia USA stava inviando notifiche legate al Premio. Mi sono ricordato della mail che avevo ricevuto, e ho scoperto di aver vinto un master in Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy, del valore di qualche migliaio di euro. Tra l’altro, era l’ultimo giorno utile per l’iscrizione! Qualche settimana dopo, ho ricevuto un’altra comunicazione che annunciava il riconoscimento e mi invitava alla cerimonia di consegna del Premio alla Camera dei Deputati. Sono rimasto pietrificato.
E come hai vissuto la premiazione alla Camera dei Deputati?
Quando sono arrivato lì ho vissuto tutto con grande emozione, perché per un giurista trovarsi a Montecitorio, in uno dei palazzi del potere, nel centro nevralgico della politica italiana, è sicuramente un’esperienza di forte impatto, indimenticabile. Mi ha fatto anche molto piacere il fatto di essere stato selezionato insieme al mio collega di tirocinio in Procura. Si chiama Alessandro e ha studiato a Modena, quindi non c’entra nulla con Urbino, ma anche lui era stato selezionato e premiato, pensa che casualità. Abbiamo partecipato insieme alla cerimonia ed è stata l’occasione per conoscerci meglio e condividere questo bel momento.
Ti sei chiesto quale fosse il peso specifico del riconoscimento?
Confesso che ho fatto una ricerca su Google per capire quanti fossero ogni anno i laureati italiani. Il dato più recente registrato dal MUR fa riferimento al 2023 e conta quasi 386.000 persone, noi vincitori siamo mille, per cui ho detto: cavoli, sono uno dei pochi! Tendo ad essere abbastanza modesto, forse troppo, però, ragionandoci bene, ho pensato che fosse arrivato il momento di riconoscere il lavoro di questi anni: le ore di studio, la dedizione alle materie che amo, e a cui continuo a dedicarmi. Eh, sì, mi sono sentito onorato.
Il master che hai vinto pensi possa aiutarti a raggiungere il tuo obiettivo professionale?
Non ho ancora un obiettivo professionale definito. Sono nella fase in cui non mi precludo alcuna possibilità. Sto esplorando diversi percorsi. La magistratura potrebbe essere una sfida stimolante, anche se di grandissima responsabilità, e non escludo l’avvocatura che mi interessa per diversi aspetti. Un altro ambito che ha un valore particolare è quello della sicurezza pubblica: un concorso per commissari di polizia incontrerebbe certamente il mio desiderio di aiutare chi ha bisogno. Sono volontario della Protezione Civile di Pesaro e questa scelta nasce proprio dalla necessità di sostenere e tutelare i diritti fondamentali di chi si trova in difficoltà.
Insomma, sto prendendo tempo per capire quali sono le mie vere passioni e trovare la mia aspirazione più profonda. In questo senso, il master potrebbe aiutarmi a mettere meglio a fuoco le prospettive possibili, perché prevede moduli eterogenei ma connessi tra loro. Dalla leadership, che è una competenza molto trasversale, alla relazioni internazionali: un tema che mi ha sempre molto appassionato, perché unisce geopolitica, attualità e quella curiosità sincera che mi spinge a conoscere e a informarmi ogni giorno.
Come ti immagini tra dieci anni?
Tra dieci anni anni spero di essere una persona che ha saputo lavorare su sé stessa, migliorando quegli aspetti caratteriali che richiedono attenzione. Allo stesso tempo, mi auguro di avere intrapreso una professione che rifletta le mie passioni. Credo che avere successo, oggi, significhi trovare un giusto equilibrio tra lavoro e cura per tutto quanto rimane fuori da questa sfera. Penso alla salute mentale, alla famiglia, alle amicizie. Quindi, un equilibrio sostenibile che dia qualità alla vita, in ogni sua dimensione.