Una nuova triennale per nuovi profili professionali! L’Università di Urbino lancia il corso di laurea in Chimica con Elementi di Intelligenza Artificiale, pensato per formare la next generation di esperti richiesti a gran voce da ricerca applicata e industria contemporanea. Siamo di fronte a un progetto vincente? Lo abbiamo chiesto a Maria Cristina Squarcialupi, Presidente di Unoaerre Industries – storico marchio aretino, simbolo dell’oreficeria italiana nel mondo – e Consigliere delegato di un altro colosso di famiglia: Chimet, azienda leader nel settore del recupero e affinazione dei metalli preziosi, con fatturato record, nel 2024, di oltre 6 miliardi di euro.
Presidente, la sua famiglia guida due realtà industriali diverse ma complementari: Unoaerre e Chimet. Come valuta il potenziale del nostro corso di laurea in Chimica con Elementi di AI, in relazione a entrambe le filiere?
Per chi guida un gruppo industriale l’intelligenza artificiale non è più un’occasione astratta: è una necessità quotidiana. Le aziende stanno integrando nei processi produttivi sistemi di AI che rendono più efficienti le attività e aprono nuove traiettorie di sviluppo. Chimet e Unoaerre procedono in questa direzione e guardano, quindi, con grande interesse a percorsi formativi come quello in Chimica con Elementi di AI dell’Università di Urbino perché rappresentano un’opportunità strategica.
In Unoaerre, la nostra storica azienda di oreficeria e gioielleria, abbiamo sviluppato un laboratorio chimico accreditato che lavora su ricerca e innovazione, ad esempio. In questo contesto l’intelligenza artificiale predittiva è destinata a diventare uno strumento decisivo: può supportarci nello studio dei comportamenti di nuove leghe e metalli particolari e ridurre i tempi di sperimentazione. Per cui, portare in azienda laureate e laureati in Chimica che sappiano già applicare l’AI a determinati processi rappresenterebbe un vantaggio competitivo considerevole. Non solo per noi, ma per l’Industria italiana in generale.
Chimet, in particolare, ha sviluppato una visione sostenibile e circolare dell’economia. Le chiedo: le competenze di un laureato in Chimica con Elementi di AI potrebbero accelerare questi processi virtuosi?
Chimet nasce come “costola” di Unoaerre. In principio era un laboratorio – interno all’azienda orafa, fondata nel 1926 – che si occupava di recuperare e trattare gli scarti della lavorazione di oro e argento. Nasce, quindi, per fare economia circolare: una vocazione specifica sulla quale ha continuato a fare leva negli anni ‘70 – quando fu esternalizzata e strutturata come impresa autonoma – e che oggi è viva più che mai. Attualmente Chimet recupera metalli preziosi del gruppo del platino, più avanti però la sfida – non solo nostra ma dell’Occidente – riguarderà anche terre rare, litio, cobalto e altre risorse critiche che al momento sono appannaggio della Cina.
Per affrontare la necessaria transizione che abbiamo davanti saranno, dunque, necessarie nuove competenze. In questa prospettiva, i laureati del corso potranno certamente aiutarci a sviluppare processi di recupero e trattamenti di affinazione innovativi. Penso, ad esempio, a soluzioni avanzate nell’ambito dell’analisi preliminare, della valutazione di scarto o delle procedure di diagnostica che, supportate dall’intelligenza artificiale, restituiranno risultati più accurati e veloci. Sono sicura che in un Paese come l’Italia – povero di materie prime, ma ricco di know-how nel settore del riciclo – il contributo di una nuova generazione di chimici non potrà che rafforzare questo patrimonio di conoscenze, e garantire un immediato valore aggiunto nelle nostre filiere.
Nel processo di selezione del personale, oltre alla preparazione tecnico-scientifica, quali abilità fanno la differenza?
Oggi contano sempre di più le cosiddette soft skills, vale a dire la capacità di lavorare in gruppo, l’attitudine a gestire le difficoltà, la predisposizione al problem solving. Troppo spesso incontriamo candidati eccellenti sul piano teorico, ma privi degli strumenti relazionali e pratici che occorrono per tradurre le conoscenze in risultati concreti. Serve, quindi, un approccio trasversale, aperto, che integri la preparazione tecnica con la voglia di collaborare in modo efficace e di capire come funzionano le cose. Investire su giovani curiosi, creativi, mossi dal desiderio di immaginare nuove possibilità, significa investire sul futuro stesso delle nostre imprese.
Si è laureata in Chimica e ha un Dottorato di ricerca in Scienze per la Conservazione dei Beni Culturali. Tornando indietro nel tempo, si iscriverebbe al nostro nuovo corso di laurea?
Mi iscriverei subito! Tenga conto che il mio percorso formativo è cominciato – per volontà di mio padre – dal liceo classico, ed è proseguito con la laurea in Chimica e il dottorato perché amavo molto le materie scientifiche. In seguito, il mio ingresso nella realtà dell’impresa è stato improvviso. Poco dopo l’acquisizione dell’Unoaerre, nel 2012, purtroppo mio padre fu colpito da una malattia degenerativa e, senza troppo preavviso, mi consegnò una responsabilità che non mi aspettavo: la guida dell’azienda. Non conoscevo quel mondo, e affrontai la sfida, passo dopo passo, con grande timore e molto impegno.
Oggi, posso dire che l’esperienza di governance si è trasformata in passione e, guardando indietro, rifarei tutto. Con una differenza: integrerei fin dall’inizio le competenze legate all’intelligenza artificiale. Perché so di avere un limite in questo campo, e riconosco che proprio lì si sta già giocando una parte decisiva della competitività futura. Un gap che le ragazze e i ragazzi, nel 2025, possono colmare e trasformare in opportunità se scelgono di abbracciare questa nuova frontiera formativa.