Lasciamo l’impronta per i bambini del Perù è la nuova impresa no-limits di Raniero Zuccaro, il Vice Ispettore della Polizia di Stato in servizio a Fabriano. L’iniziativa di solidarietà, che sostiene la missione delle suore Cappuccine di Madre Francesca Rubatto a Pucallpa, si è avvalsa anche quest’anno del patrocinio, tra gli altri, del Ministero dell’Interno, della Polizia di Stato, della Regione Marche e dell’Università degli Studi di Urbino.
Evento nell’evento, l’impresa si è inserita nella diciannovesima edizione della 100 km del Sahara e si è tradotta in una traversata del deserto tunisino non in solitaria ma di gruppo. Un gruppo di amici fabrianesi che Raniero Zuccaro ha coinvolto nell’esperienza dell’ultramaratona dall’8 al 13 ottobre 2019.
Negli stessi giorni, ha accompagnato la spedizione anche la stazione mobile dell’Osservatorio Meteorologico Alessandro Serpieri di Uniurb, riconosciuto di recente dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) “Centennial Observing Station”. Scopo dell’operazione: valutare la performance dell’Ispettore Zuccaro – monitorata attraverso una speciale t-shirt sensorizzata fornita da K-Sport – in relazione alle specifiche condizioni atmosferiche della regione sahariana.
L’intervista a Raniero Zuccaro.
Come nasce l’idea di lasciare “l’impronta per i bambini del Perù”?
L’idea è stata quella di formare un gruppo di trenta persone e partecipare alla 100 km del Sahara non per gareggiare come atleti, ma per condividere l’esperienza di camminare e lasciare un’impronta sulla sabbia del Sahara. Un segno che faccia conoscere al mondo la missione delle suore Cappuccine di Madre Francesca Rubatto e le loro iniziative in favore dei bambini del Perù.
Come ricorderà questa esperienza?
Come un’esperienza unica. Adriano Zito, che è l’organizzatore della 100 km del Sahara, ha dato a me e al mio gruppo la possibilità di fare questa camminata sempre tutelati e assistiti dai mezzi e dall’intero sistema logistico della società che gestisce l’evento.
E insieme, in questo habitat che è uno dei più belli al mondo, abbiamo vissuto una forte intesa ed emozioni indescrivibili. Ovviamente, la fatica di camminare per ore a temperature elevate è stata tanta, ma tanto è stato anche l’aiuto reciproco, il senso di fratellanza che abbiamo sentito e che ci ha unito. E poi tantissima e grandissima è stata la bellezza di ciò che abbiamo visto. Come di notte, le stelle che sembravano così vicine da poterle toccare e che con la loro luce riempivano il cuore fino alle lacrime.
Quando e perché ha deciso di sostenere la missione delle suore di Madre Francesca Rubatto?
Sono andato in Perù per la prima volta nel 2010 e quello che ho visto mi ha scioccato e mi ha fatto sentire un dolore davvero fortissimo, lancinante. Camminavo e guardavo la povertà estrema che avevo intorno e non potevo credere ai miei occhi.
Mi ha colpito molto vedere le suore della missione, bellissime, come circondate da una luce, che nella loro opera quotidiana aiutavano tutta quella gente disperata che si arrabattava solo per sopravvivere. Da quel giorno ho promesso a me stesso di fare tutto ciò che mi è possibile per contribuire a un cambiamento, per migliorare le condizioni di vita di esseri che sono umani come lo siamo noi, nati in zone più fortunate del mondo.
E ha mantenuto la promessa, a quanto pare!
Sarebbe stato più facile girare le spalle, tornare a casa e dimenticare, far finta di non aver visto e invece, ho continuato a dirmi che le cose le possiamo cambiare, basta solo trovare il modo. Il modo che ho trovato è stato quello di sfidare i miei limiti e inventare imprese che, attirando l’attenzione pubblica, possano accendere i riflettori sulle attività delle suore missionarie.
Non avrei mai pensato di poter arrivare in canoa da Ancona in Croazia o di attraversare il deserto a piedi, ma ti garantisco che lo sguardo dei bambini che ho incontrato in Perù e il desiderio di non abbandonarli, di non tradirli, mi hanno spinto a superare la paura tutte le volte in cui me la sono trovata difronte.
Come si è tradotto concretamente in questi anni il sostegno alla Missione Perù?
Nel febbraio del 2010 ho fatto il mio primo viaggio, e nel 2014 è stata inaugurata la prima piccola struttura abitativa con un’infermeria e un asilo. Chiaramente le mie imprese hanno avuto grande visibilità, ma gli eventi che abbiamo organizzato per la raccolta fondi sono stati tanti.
Il prossimo obiettivo, al quale contribuirà la camminata nel Sahara, è la costruzione di un altro edificio che ospiterà un laboratorio di cucito dedicato alle ragazze madri.
Di recente le è stato riconosciuto anche il titolo di “Anconetano dell’anno”.
Tutti i traguardi che raggiungo e tutti i riconoscimenti li dedico alle suore della missione. Se non le avessi conosciute non mi sarei potuto adoperare per il prossimo. A loro dico grazie!
Qual è il messaggio che porta ai giovani che incontra nelle molte scuole superiori della Regione di cui è ospite?
Ho incontrato gli studenti di più di trenta scuole della Regione Marche. Mi emoziona parlare con loro che mi chiedono se durante l’impresa in canoa ho avuto paura del buio o dell’acqua alta; sono curiosi di sapere cosa mi raccontano i bambini quando vado a trovarli in Perù; vogliono sapere i loro nomi e tanto altro.
Vado nelle scuole per dire ai ragazzi di credere in sé stessi, e che se hanno un obiettivo, se sanno dove vogliono arrivare di crederci tanto senza mollare mai. A loro dico anche che il segreto per realizzare un sogno è condividerlo, e che se le cose intorno a noi non funzionano possiamo e dobbiamo cambiarle.
Un proverbio dice: “le parole commuovono l’esempio trascina”, ecco perché nel mio piccolo provo a impegnarmi in prima persona. Da lontano il coraggio ce l’abbiamo tutti, ma è quando ci mettiamo in gioco sul campo che possiamo cambiare veramente la storia.
Racconta una capacità di impegno e di aiuto verso gli altri in linea con la missione della Polizia di Stato.
Certo. Essere poliziotti significa garantire la sicurezza quotidiana dei cittadini. Io amo tantissimo il mio mestiere! La Polizia di Stato – che ha patrocinato anche la mia ultima impresa nel deserto – è la mia famiglia. Ho 35 anni di servizio e ogni giorno vado a lavorare con gioia perché mi emoziona molto impegnarmi per migliorare la vita di qualcun altro. E le iniziative benefiche realizzate in bicicletta dal nord al sud dell’Italia, in canoa da Ancona fino in Croazia, o nel deserto hanno tutte la stessa motivazione: l’amore per il prossimo.