Frequentare il corso di formazione permanente in Modelli, politiche e strategie per lo sviluppo dell’agricoltura biologica per capire di cosa parliamo quando diciamo “bio”? Fatto! Parola di Giacomo Dalmonte, studente di Uniurb, presidente – appena uscito di carica – del network universitario AIESEC di Urbino con la passione per le startup, la cucina e il suo orto, in fase di conversione al biologico!

 

Giacomo, com’è nata lo scorso anno l’idea di iscriverti al corso di formazione permanente in Modelli, politiche e strategie per lo sviluppo dell’agricoltura biologica?

Ho deciso di frequentare questo corso di formazione per due ragioni fondamentali. Innanzitutto perché l’alimentazione è un argomento che mi appassiona da sempre, così come l’agricoltura biologica e il suo sviluppo sono temi che mi stanno molto a cuore.

 

Sappiamo bene che quello del biologico è un tema attuale e che, fortunatamente, la coscienza alimentare, quindi la consapevolezza di ciò che portiamo sulla nostra tavola, sta crescendo sempre più in Italia. Il problema è che tutti parlano di biologico, ma pochi sanno cosa sia davvero. Anche io avevo una superficiale conoscenza dell’argomento e ho pensato che questo corso avrebbe potuto darmi la possibilità di capirne i diversi aspetti.

La ragione numero 2?

Sono iscritto al corso di laurea in Scienze Politiche, Economiche e del Governo e sto lavorando a una tesi sperimentale che prevede un’analisi di ricerca. Per il corso di formazione permanente ho presentato i risultati di una ricerca sul consumatore biologico nel project work finale.

 

Quindi da un lato devo ringraziare il mio relatore, il Professor Luigi Ceccarini, che mi ha permesso di capire come si fa la ricerca sociale e di studiarla sul campo, dall’altro la Professoressa Elena Viganò perché mi ha permesso di applicarla al tema del biologico. Grazie a loro, ho guardato il paesaggio dell’agricoltura biologica attraverso le lenti dello studioso di ricerca sociale.

A meno di un anno dalla conclusione del corso, puoi dirci che tipo di formazione hai acquisito?

Il corso mi ha dato una formazione di base sui modelli e sui diversi aspetti dell’agricoltura biologica, attraverso cicli di lezioni che seguivano tre moduli principali. Il primo che ho frequentato era dedicato agli elementi qualificanti e agli aspetti tecnico-produttivi dell’agricoltura biologica legati, ad esempio, all’uso della biodiversità nei sistemi agroecologici o di sistemi agricoli più sostenibili.

 

Il secondo modulo ha spaziato “dall’azienda al Food System” e ha approfondito il tema della sostenibilità economica delle imprese del biologico. Ha affrontato, pertanto, l’argomento dei prezzi, della remunerazione del lavoro, dell’Alternative Food Networks, quindi, dei gruppi di acquisto solidale e di altri esempi di esperienze innovative di produzione, distribuzione e vendita di alimenti.
In questo modulo abbiamo anche trattato l’analisi di bilancio di un’azienda biologica, scoprendo quali sono le specificità di un’azienda agricola rispetto a un’azienda non agricola, come si costruisce il bilancio economico agrario e, in particolare, quello di un’azienda agricola biologica, ecc.

 

Nell’ultimo modulo abbiamo invece trattato il tema delle politiche, delle strategie e delle normative – in particolare delle certificazioni – per la valorizzazione del biologico e per la conversione aziendale all’agricoltura biologica.

3 punti di forza del corso.

Ogni modulo didattico era tenuto da professionisti del settore. Ad esempio, la lezione sull’applicazione pratica della biodiversità è stata tenuta da un gruppo di ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e questo ha consentito un livello molto alto di formazione.

 

Le lezioni si sono tenute in varie sedi, principalmente nella sede dell’Università di Urbino a Fano, comodissima per tutti i partecipanti che arrivavano da diverse città del nord, del centro e del sud dell’Italia.

 

Le visite aziendali sono state fondamentali per comprendere, toccare con mano e riconoscere quello che avevamo studiato durante il corso. Quindi, vedere da vicino come funziona un’azienda biologica, da quella di piccole dimensioni a quelle medio-grandi che esportano in tutto il mondo, e parlare con gli operatori o i dirigenti e poter chiedere loro come funzionano certi tipi di ruoli e approfondire particolari tematiche è stato essenziale.

Durante le visite aziendali, c’è stata un’occasione di confronto con i professionisti del settore che ti ha colpito più delle altre?

Sicuramente quella più vicina alle mie inclinazioni e aspirazioni. In un’azienda, ho potuto, confrontarmi con i responsabili dell’ufficio commerciale e chiedere delle strategie utilizzate. Mi sono informato sulle diverse linee di prodotto, sui canali commerciali, sulla definizione del prezzo ecc. Insomma, un’esperienza importante ed entusiasmante che mi ha insegnato molto su un comparto aziendale col quale, se riuscirò a raggiungere l’obiettivo lavorativo a cui punto, dovrò interagire assiduamente.

Qual è l’obiettivo lavorativo a cui punti?

Il mio obiettivo è poter coniugare in un’unica professione le due macroaree che ho studiato e delle quali mi reputo un grande appassionato: quella della ricerca e dell‘analisi dei dati, e quella del comparto del biologico. Mi auguro di potermi inserire con le mie competenze nell’ambito professionale della ricerca e dell’analisi dati applicate al food and beverage biologico.

Il corso prevede anche uno stage, è esatto?

Sì. Terminati i tre moduli didattici c’è la possibilità di frequentare uno stage in un’azienda convenzionata con l’Università, o di sviluppare un project work, come ho fatto io. Il main topic del mio progetto era il consumatore biologico con le sue abitudini di acquisto, e comprendeva anche un case study relativo alla comparazione dei prezzi, su base territoriale, del prodotto pasta derivante da agricoltura biologica e da agricoltura convenzionale.

Per comprendere agevolmente i contenuti dei diversi moduli occorrono competenze specifiche pregresse?

Assolutamente no. Alcuni partecipanti che seguivano con me le lezioni avevano una formazione accademica di ambito economico. Un compagno di corso era uno studioso di politiche agrarie dell’Unione Europea, altri avevano deciso di prendere in mano l’azienda dei propri genitori e di trasformarla aderendo ai sistemi di produzione biologica.

 

C’era anche chi, avendo la possibilità di partecipare alla gestione dell’azienda di famiglia, voleva informarsi per valutare con maggiore cognizione la possibilità di conversione al biologico. Altri erano neolaureati in Scienze Agrarie che si erano iscritti con l’intenzione di approfondire e ampliare ulteriormente le proprie competenze in agricoltura biologica. Provenivamo da percorsi formativi diversi, io stesso non avevo basi agroecologiche, ma tutti siamo riusciti a seguire i diversi moduli senza difficoltà. Questo per merito anche della grande competenza dei relatori.

Un aggettivo che definisce il corso di formazione permanente che hai seguito.

Illuminante. Perché informa su un tema importante per la nostra terra, per il nostro pianeta, per la nostra alimentazione. Il biologico, secondo me, è prima cultura che coltura!

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