Il fondo Asylum, Migration and Integration (AMIF) dell’Unione Europea ha finanziato per 630 mila euro PISTE – Participation in small and medium-sized towns: Experiences, Exchanges, Experiments: il progetto internazionale di cui l’Università di Urbino è capofila.
L’indagine, che ha l’obiettivo di studiare e potenziare le politiche di integrazione dei cittadini di Paesi terzi immigrati nei piccoli comuni europei, si svolgerà nell’arco di due anni e coinvolgerà – oltre ai ricercatori del Dipartimento di Economia, Società, Politica di Uniurb – anche un articolato partenariato che comprende l’Università di Anversa (Belgio), l’Università di Scienze Applicate di Erfurt (Germania), la ONG greca Human Rights 360 e i piccoli e medi Comuni di Fermignano, Ninove (Belgio), Bebra (Germania), Voio (Grecia).
Ad approfondire l’argomento per i lettori di Uniamo è Eduardo Barberis, Professore in Sociologia Generale e Coordinatore Scientifico del progetto.
Professor Barberis, il progetto PISTE ha vinto la sfida e si è aggiudicato il finanziamento AMIF dell’Unione Europea! Un successo considerevole per il suo team.
Sì, in effetti il bando dell’Unione Europea sul fondo Asylum, Migration and Integration (AMIF) dedicato alle politiche di integrazione, è un bando molto competitivo, difficile da vincere, che ha accolto centinaia di domande e premiato il progetto PISTE con un punteggio lusinghiero di 91 punti su 100 e un finanziamento di circa 630 mila euro. Un successo che si deve a un lavoro di équipe che coinvolge molti collaboratori e collaboratrici dell’Università di Urbino – tra cui la collega Alba Angelucci – che hanno partecipato alla stesura del progetto e che prenderanno parte a tutte le attività previste.
Il progetto nasce dall’interesse per i fenomeni sociali complessi che nel nostro gruppo di ricerca è emerso ormai da qualche anno. L’idea di PISTE – acronimo di Participation in small and medium-sized towns: Experiences, Exchanges, Experiments – si lega all’esigenza di mettere a sistema percorsi efficaci di inclusione per le persone immigrate che vivono nelle nostre piccole città attraverso lo scambio di esperienze. Il focus del progetto riguarda, quindi, le caratteristiche e anche i problemi specifici dell’integrazione dei cittadini stranieri nei piccoli comuni d’Europa. Questo perché nell’Unione Europea esistono numerose reti di città per l’inclusione e anche diversi manuali per le politiche locali di integrazione che presentano, tuttavia, modelli pensati quasi esclusivamente per le grandi città.
Quali sono le Istituzioni partner e quali gli obiettivi che lo studio persegue?
Il progetto comprende due ordini di obiettivi. Obiettivi di ricerca di base che mirano ad individuare le specificità dei processi di integrazione, le criticità e le caratteristiche dell’inclusione nei piccoli comuni europei, e obiettivi di ricerca applicata a supporto di queste aree per indirizzarle verso politiche virtuose di integrazione.
Il partenariato del progetto è misto e comprende l’Università di Anversa, in Belgio, l’Università di Scienze Applicate di Erfurt, in Germania, i piccoli e medi Comuni di Fermignano, in Italia, Ninove, in Belgio, Bebra, in Germania, Voio, in Grecia e la ONG greca Human Rights 360. Tra l’altro, con Anversa ed Erfurt abbiamo collaborato ad un altro progetto europeo, DIVERCITIES, che indagava le caratteristiche dell’integrazione nelle grandi città europee.
Quando è stato avviato il progetto e attraverso quali fasi si svilupperà?
Il progetto è stato avviato il primo febbraio e si svilupperà nell’arco di due anni. I primi sei mesi saranno dedicati prevalentemente alla ricerca sulle politiche di integrazione e sui piccoli comuni. Si ragionerà insieme alle associazioni di immigrati, alle associazioni del terzo settore, ai decisori politici, anche confrontando le varie iniziative attive. Si tratterà, quindi, di un’indagine non fine a sé stessa ma funzionale a fornire anche tutte le indicazioni utili al momento della presentazione e dello scambio delle buone pratiche. Perché, com’è ovvio, ogni Paese ha un proprio quadro normativo e occorre valutare a quali condizioni può essere possibile imparare dagli altri.
La seconda linea di attività riguarda le “policy platform” e la discussione sulle politiche, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate e i comuni dei diversi Paesi, per confrontare le pratiche e fare, eventualmente, proprie le misure individuate dalle realtà partner. In questa fase è prevista anche la redazione congiunta di un libro bianco: una sorta di manuale di buone politiche di integrazione destinato ai piccoli comuni europei. Il terzo e ultimo tempo del progetto è quello in cui si sperimenteranno interventi e misure politiche per l’inclusione degli immigrati nei rispettivi comuni.
Lo studio seguirà, quindi, diverse linee di ricerca.
Lo studio si concentrerà sugli interessi specifici dei singoli comuni. Per cui in Belgio e in Germania il focus riguarderà le politiche di partecipazione in favore degli immigrati residenti, a Fermignano sarà, invece, sui servizi di informazione e di sportello dedicati ai cittadini di Paesi terzi, mentre in Grecia il focus sarà sul sistema di accoglienza.
Per quali caratteristiche il Comune di Fermignano è stato selezionato come “caso studio”?
Tra il nostro Ateneo e il Comune di Fermignano esiste una collaborazione di lungo corso, ormai consolidata, rispetto a diverse tematiche e ad aree di interesse, compresa quella delle politiche migratorie. Inoltre, il progetto guardava a territori che fossero al centro di reti collaborative tra comuni così da ottenere una ricaduta complessiva che superasse i confini delle singole comunità locali. Per cui la circostanza che il Comune di Fermignano fosse, insieme a Gradara, promotore e primo firmatario della “Carta dei Sindaci sull’inclusione sociale nell’area euro-mediterranea”, che ha coinvolto molti altri enti locali, è stata dirimente. Desidero dunque ringraziare il sindaco Emanuele Feduzi, il consigliere Othmane Yassine e la progettista Ilaria Vichi per aver contribuito fattivamente alla partecipazione di Fermignano al progetto.
Concluderei chiedendole una sintesi degli esiti previsti.
Una prima ricaduta riguarda certamente la possibilità di implementare e migliorare le misure di integrazione dei cittadini di Paesi terzi nei territori ospitanti. Si potranno, quindi, sperimentare iniziative e buone pratiche attraverso il confronto fra comuni portatori di istanze e problemi in parte simili, in parte diversi. Altro esito importante sarà, per i piccoli comuni di tutta Europa, l’acquisizione delle linee guida e degli strumenti – registrati nel libro bianco condiviso – funzionali alla realizzazione di programmi mirati di integrazione e inclusione. Si stabilizzerà, inoltre, una rete permanente, a partire dalle policy platform, che sarà occasione di confronto fra le parti interessate. Queste potranno dunque dare seguito, in autonomia e al di là del progetto, al dibattito sul tema dell’integrazione e al suo costante aggiornamento.