Colle, Tridente, Serpentine, Aquilone, Vela: i Collegi universitari di Uniurb, progettati da Giancarlo De Carlo, sono tra le più importanti architetture del ‘900. Diretti dall’ERDIS Marche, l’Ente Regionale per il Diritto allo Studio, si estendono su una superficie di 62.000 metri quadrati e ospitano oltre mille ragazze e ragazzi provenienti dall’Italia e dal mondo. Molti dei quali – la maggior parte – nei giorni che hanno preceduto l’inizio del lockdown hanno lasciato il complesso residenziale.

Ma gli studenti che hanno scelto di restare a Urbino durante la pandemia come hanno vissuto e come vivono ancora oggi l’isolamento negli spazi dei Collegi universitari? In che modo hanno controllato l’impatto travolgente della paura? Da quali nostalgie sono attraversati?
Lo abbiamo chiesto ad Adi Delaj, iscritto al corso di laurea magistrale in Politica Società Economia Internazionali, a Enzo Laveglia e a Giuseppe De Masi, entrambi iscritti al corso di laurea magistrale in Scienze dello Sport.

 

Adi, Enzo, Giuseppe, la sera in cui la provincia di Pesaro e Urbino è stata definita frettolosamente “zona rossa” cosa è successo nel perimetro dei Collegi universitari?

 

Giuseppe

La notizia della “zona rossa” ha cominciato a circolare dopo cena. Eravamo tutti disorientati e spaventati. I miei genitori mi hanno chiamato chiedendomi cosa avessi intenzione di fare e così credo sia successo a tutti. Sono rimasto a riflettere a lungo nella mia stanza. La Calabria non è dietro l’angolo, dovevo per forza pensare con lucidità a cosa fosse giusto fare e cosa no. E ho deciso di restare.

Enzo

È stata una notte strana in cui si è dormito davvero pochissimo. Si sentivano le ruote delle valigie che si muovevano nei corridoi, la corsa delle persone verso le uscite e i motori delle macchine che partivano. Il giorno dopo ho tranquillizzato i miei genitori spiegando che ai Collegi sarei stato al sicuro e, per il loro bene e per il mio, sono rimasto a Urbino.

Adi

Ero appena tornato dalla Spagna, precisamente da Siviglia dove avevo trascorso sei mesi in Erasmus. La notizia di “Urbino zona rossa” mi ha certamente colpito, impressionato, ma pensando che la situazione potesse risolversi presto e, soprattutto, per salvaguardare la mia famiglia – che vive in Albania – e me stesso sono rimasto Urbino, e non mi sono mai pentito della scelta che ho fatto.

Avete deciso di restare a Urbino e da quel momento con quale disagio e con quali sensazioni siete stati costretti a fare i conti?

 

Enzo

Inizialmente ho avuto paura, ma non ho voluto condividere la mia preoccupazione con i miei genitori, anzi, tendevo a rassicurarli. Per diverse notti non ho dormito in modo tranquillo. Però è comprensibile: ero abituato a studiare, ma anche a mettermi in gioco, fare sport, uscire, divertirmi e poi, all’improvviso, mi sono ritrovato senza libertà con l’incubo di un virus da cui difendermi. Dopo qualche giorno sono riuscito a distrarmi, a concentrarmi sulle lezioni online e sullo studio e ho raggiunto una sorta di normalità.

Giuseppe

Sì, anch’io all’inizio ho attraversato un momento di timore e incertezza. È stato uno shock vedere all’improvviso i Collegi vuoti. Capivo che la vita sarebbe cambiata, ma non non sapevo come e non riuscivo ad agire. Poi col passare dei giorni, con gli altri studenti rimasti ci siamo fatti forza l’un l’altro, anche se a distanza, e abbiamo cominciato ad uscire dal tunnel.

Adi

Posso dire la stessa cosa. Anch’io ho sentito una grande incertezza all’inizio perché il virus non si conosceva e non si capiva come controllare i contagi, e anche per le fake news che circolavano. Poi, piano piano, ho trovato nuovi ritmi grazie alle lezioni che ho seguito online, e grazie anche alle signore che lavorano nella mensa universitaria e alla loro gentilezza e generosità.

 

Le parole di conforto con cui tutti i giorni hanno aiutato me e gli altri studenti, mi hanno fatto sentire sempre più tranquillo. E davvero, voglio ringraziare queste nostre seconde mamme perché hanno lavorato per noi anche nei giorni festivi mettendo a rischio la propria salute pur di starci vicino.

 

 

Cos’è cambiato all’interno dei Collegi dopo i Dpcm dell’8 e del 9 marzo 2020?

 

Enzo

Ai Collegi siamo rimasti in 150, circa. E tutti abbiamo dimostrato un grande senso di responsabilità. Abbiamo rispettato le regole, siamo usciti solo per fare la spesa e alcuni ragazzi, addirittura, la spesa l’hanno sempre e solo ordinata. Credo che questa sia la ragione principale per cui qui il Covid-19 non è mai arrivato.

Adi

Sono stati chiusi gli spazi comuni dei Collegi. Niente aule studio, bar, tavoli da ping pong, biliardini. La pulizia della camera è stata garantita ogni giorno. Il servizio della mensa è stato sempre attivo. A pranzo direttamente in sala secondo le direttive del Governo, con il giusto distanziamento e con l’accesso gestito in maniera razionale per non creare file e assembramento nei locali.

 

Il pasto serale ci viene consegnato, invece, in appositi contenitori così da poterlo scaldare in camera, e dal secondo mese di lockdown ci è stata data anche la possibilità di ordinare, per tre giorni a settimana, una pizza che viene consegnata direttamente in camera.
Anche il servizio bibliotecario ha sempre funzionato. Per cui possiamo prenotare i libri online presso la biblioteca dei Collegi, e riceverli nella settimana successiva.

Giuseppe

I Collegi sono una specie di bolla in cui abbiamo rispettato le norme e vissuto il più serenamente possibile. Io, spesso, ho seguito le lezioni online sul terrazzo che ha una vista favolosa sulla campagna urbinate, e al sole ho letto libri, ascoltato musica e ho fatto il pieno di vitamina D! In effetti, mi sono anche abbronzato!

Vi siete iscritti all’Università di Urbino e da allora avete sempre vissuto in una delle più importanti architetture del XX secolo. Mi raccontate cosa rappresenta per voi il microcosmo dei Collegi Universitari?

 

Enzo

I Collegi sono i tramonti, le aule studio, i paesaggi. Sono un pezzo di storia della vita di chi ci abita. Sono un’occasione che non tutte le Università italiane possono offrire. Un luogo unico sia per la sua architettura, sia per il senso di ogni suo spazio, in cui è possibile coltivare i propri valori e crescere e maturare come persone.

 

Sono una città all’interno della città che favorisce, ad esempio, l’associazionismo e consente a noi studenti di contribuire con una serie di attività al bene della comunità universitaria e a quello della città stessa. I Collegi sono la nostra residenza e anche Urbino lo è perché alla comunità cittadina sentiamo fortemente di appartenere.

Giuseppe

I Collegi sono una grande, immensa casa. E le persone che vivono all’interno diventano amici e famiglia.

Adi

Per me i Collegi sono una comunità internazionale. Io qui ho conosciuto giovani che arrivano da ogni regione d’Italia e da molti Paesi del mondo. Ed è stata una fortuna trovare questa apertura multiculturale e poter crescere imparando nuove lingue, esercitando quelle che conosco e scoprendo nuovi modi di pensare e di interpretare i fatti e le cose che osservo.

 

C’è un detto che circola tra noi studenti per il quale “se non hai vissuto ai Collegi non hai vissuto a Urbino”. Un’esperienza che chi è iscritto a Uniurb dovrebbe fare per forza!

Avete detto che nei giorni successivi al lockdown le lezioni online vi hanno aiutato a costruire una nuova normalità, è esatto?

 

Giuseppe

Proprio così! E io vorrei approfittare di questa occasione per fare i complimenti all’Università di Urbino perché ha usato una piattaforma per le lezioni online che funziona davvero. 30 e lode alla tecnologia!
E 30 e lode anche ai professori che ci sono venuti incontro spiegando più volte uno stesso concetto se necessario, e che sono stati sempre disponibili e cordiali.
La soluzione migliore sarebbe tornare a fare didattica in aula e registrare le lezioni, in maniera tale da consentirci di riascoltarle a casa durante lo studio.

Adi

Verissimo. Faccio anch’io i complimenti alla nostra Università perché ci ha messo subito a disposizione la piattaforma per continuare a fare didattica, e ai professori perché fare lezione in videoconferenza dev’essere molto difficile. Me ne sono reso conto quando durante una lezione a distanza ho dovuto presentare un progetto.

 

Parlare guardando la webcam di un computer, è davvero complicato. Io ho avuto grosse difficoltà a farlo. Per questo voglio fare i complimenti ai professori che per due mesi sono stati lì a parlare, a spiegare senza poterci guardare, senza un feedback diretto, ma cercando di aiutarci comunque come potevano.

Enzo

Certamente! Le lezioni a distanza ci hanno aiutato moltissimo nei primi giorni di disorientamento e anche dopo. Dobbiamo tornare, però, alla didattica in presenza perché andare a lezione ci responsabilizza, ci permette di comunicare in maniera diretta con i docenti e con il resto della classe e, quindi, di approfondire l’argomento anche attraverso dibattiti e scambi di idee che sono fondamentali per la nostra formazione.

 

 

Che cosa vi manca della vita universitaria pre-Coronavirus?

 

Adi

Mi mancano tante cose. La didattica online è stata la scelta migliore, ma il contatto con i professori e con i compagni di studio non può essere sostituito. Noi della Scuola di Scienze Politiche siamo una famiglia e a me mancano molto i professori. Mi manca la possibilità di interagire con loro in aula e durante le pause alle macchinette, bevendo un caffè insieme.

 

Ringrazierò sempre i Professori Ilvo Damanti, Luigino Ceccarini, Fabio Turato, Stefano Visentin, Alberto Fabbri, Francesca Declich per la condivisione costruttiva che un computer non potrà mai restituire.
Mi manca, ovviamente, anche uscire e fare una passeggiata in centro, vedere gli amici e giocare a calcio: uno sport che amo molto!

Giuseppe

Mi manca partecipare agli eventi che la città avrebbe organizzato per celebrare i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio. E mi mancano le lezioni dal vivo, i giovedì sera in piazza e le partite di calcetto.

Enzo

Avrei voluto vivere questo periodo in maniera diversa, soprattutto perché tra qualche tempo lascerò la città. Urbino a maggio è particolarmente bella, si colora di sfumature nuove ed è piena di turisti e studenti. Ecco questa è una cosa che mi manca e che mi mancherà per sempre.

Le prime tre cose che farete quando le restrizioni si ridurranno ulteriormente e si riuscirà – forse – a convivere con il Coronavirus.

 

Enzo

Rivedere la mia famiglia, andare al mare e uscire con gli amici in piazza!

Giuseppe

Vorrei tornare dalla mia famiglia, bere uno spritz con gli amici in centro il giovedì sera, rivedere il mare.

Adi

Direi rivedere la famiglia, ma nell’immediato non potrò di sicuro tornare a casa in Albania, quindi dico andare a mangiare una pizza con gli amici, giocare una partita di calcio e tornare a prendere un caffè alle macchinette di Scienze Politiche con i miei professori!

Giuseppe

Posso fare un saluto anche a nome di Enzo e di Adi?

Certo, Giuseppe. Saluta pure…

Vorremmo salutare tutti gli studenti di Urbino che si trovano in altre regioni d’Italia – ognuno con le proprie difficoltà – e fare loro un grande in bocca al lupo per gli esami online che stanno per cominciare.
Ragazzi, vi aspettiamo a braccia aperte ai Collegi e a Urbino! Quando le disposizioni del Governo, della Regione e dell’ERDIS lo consentiranno torneremo a studiare e a divertirci insieme!

 


Immagine di copertina, da sx: Enzo Laveglia, Giuseppe De Masi, Adi Delaj.

Immagini dei Collegi universitari: Donatello Trisolino.

 

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