Alessandro Antonini è tra i 100 vincitori del premio di studio che Uniurb ogni anno assegna alle studentesse e agli studenti che hanno ottenuto i migliori risultati in termini di crediti formativi e di votazione media. A un passo dal traguardo della laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, Alessandro descrive con entusiasmo la magistrale quinquennale che frequenta. Un corso professionalizzante che prevede numerose esperienze tecnico-pratiche e sollecita “lo studente a creare una visione del restauro, e della sua applicazione, unica e personale”.

 

Alessandro, raccontaci di te e dei tuoi obiettivi professionali.

Non ho le idee molto chiare su ciò che vorrò fare in futuro perché le prospettive professionali che questa laurea offre sono tante. So solo che mi piacerebbe lavorare nel settore del restauro e della conservazione dei beni culturali. Nell’immediato vorrei sfruttare la possibilità che Uniurb offre di svolgere un periodo di tirocinio all’estero, attraverso il programma Erasmus+ Traineeship, in collaborazione con enti di ricerca e Università straniere.

 

Per ora, sento il bisogno di concentrarmi sugli ultimi step del mio percorso formativo, soprattutto sul lavoro di tesi che mi aspetta. Mi auguro, poi, di potermi occupare anche di progetti diversi dopo la laurea, per capire qual è l’ambito di questo lavoro che più mi entusiasma.

Per quali caratteristiche hai scelto il corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali di Uniurb?

Il motivo principale è stato il consiglio di un’esperta del settore. Lei mi ha aiutato a capire quali fossero gli aspetti più importanti da valutare nella scelta di un percorso formativo orientato alla conservazione e al restauro. Sicuramente una delle caratteristiche che mi ha convinto sin da subito è stata la natura professionalizzante del corso, e il fatto che garantisse l’abilitazione alla professione di restauratore.

 

L’altra è stata la struttura del piano di studi che è molto equilibrata e prevede sia insegnamenti di ambito umanistico, sia di ambito tecnico-scientifico. Inoltre, Uniurb offre molte ore di laboratorio ben organizzate, che permettono allo studente di applicare la teoria, che i professori e i manuali insegnano, alla pratica del lavoro sui manufatti.

 

Mi ha rassicurato anche il fatto che rispetto ai corsi di restauro avviati da altri Atenei italiani, quello di Urbino sia attivo da molti anni e possa per questo garantire una migliore e più completa esperienza didattica. Durante gli open day ho anche avuto modo di confrontarmi con i gli studenti-tutor, già iscritti alla magistrale, che mi hanno descritto dettagliatamente ogni attività in programma confermando la qualità e la validità del corso.

Qual è il tuo consiglio agli studenti che stanno per affrontare il tuo stesso percorso?

Per iscriversi al corso bisogna superare un test di ingresso, quindi il primo consiglio è di stare tranquilli, perché le prove – due pratiche e una orale – si basano su conoscenze già acquisite durante le superiori e servono a valutare se si è pronti ad affrontare il percorso formativo previsto.

 

In generale, consiglio a tutti i futuri studenti di vivere questa bellissima esperienza di studio con la voglia di imparare e di sviluppare un proprio pensiero critico e un proprio metodo di lavoro. Il corso, in effetti, prepara proprio a questo. I docenti offrono una conoscenza a trecentosessanta gradi e una moltitudine di pareri e opinioni differenti, così da stimolare gli studenti a creare una propria visione del restauro, e della sua applicazione, unica e personale.

Qual è il tuo #UniurbSaiPerché e quali i punti di forza della tua magistrale?

Sicuramente gran parte della forza del corso di laurea si lega alle tante esperienze tecnico-pratiche che organizza, e che consentono a noi studenti di metterci concretamente alla prova. Per darti un’idea: in un anno facciamo circa 500 ore di laboratorio che, per il lavoro che svolgeremo dopo la laurea, sono fondamentali. Importantissimo è anche il rapporto che si instaura con i docenti, che riescono a trasmetterci la passione per la materia insegnata e la voglia di saperne sempre di più.

 

Ogni classe prevede un numero limitato di studenti per cui i professori ci possono seguire singolarmente, possono dedicare tempo e impegno a ognuno di noi, correggerci se è necessario, e condividere i risultati delle proprie ricerche e delle proprie esperienze lavorative. Ma il più importante punto di forza – lo ripeto – consiste nello spingerci a costruire una visione personale del mestiere, che poi nel mondo del lavoro rappresenta l’elemento distintivo di un ogni restauratore.

Qual è stata l’esperienza formativa organizzata dal corso di laurea per te più significativa?

Di esperienze ne abbiamo fatte tante. Mi hanno colpito molto il convegno RECH e una mostra d’arte organizzata lo scorso anno. Il convegno RECH, del 2019, era dedicato al tema del ritocco e ci ha dato la possibilità di confrontarci con esperti provenienti da tutto il mondo, e di imparare tecniche specifiche descritte da professionisti che le applicano concretamente nella pratica quotidiana.

 

Nel 2020, invece, quando l’emergenza Covid ce l’ha permesso, abbiamo avuto la possibilità di allestire una mostra d’arte. Questa iniziativa ci ha consentito di comprendere a pieno il compito di un restauratore nel complesso delle operazioni che preparano le esposizioni. È stato veramente entusiasmante mettersi in gioco in un ambito lavorativo così interessante.

Se tornassi indietro nel tempo e potessi parlare con l’Alessandro appena uscito dalla scuola superiore, cosa gli diresti?

Mi incoraggerei, mi rassicurerei sulla scelta che sto per fare. Arrivato ormai alla fine del percorso universitario mi sento di aver fatto la scelta più adatta alle mie passioni. Auguro a tutti i ragazzi e le ragazze che si stanno immatricolando di arrivare alla fine dei cinque anni contenti della propria scelta.

 

 

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