Le passioni disegnano per noi mappe impreviste, gli obiettivi ci portano sulle vie di quelle mappe e ce le fanno percorrere. Il traguardo di Silvia Casano è lavorare come restauratrice, per raggiungerlo ha lasciato Palermo, si è trasferita a Urbino e si iscritta al corso di laurea quinquennale in Conservazione e restauro dei beni culturali. È in viaggio e strada facendo ha anche vinto, per merito, uno dei 100 premi di studio di Uniurb!

 

Silvia, raccontami il tuo viaggio da Palermo a Urbino, dal diploma di liceo classico al corso di laurea in Conservazione e restauro dei beni culturali.

Volentieri, ma devo fare due premesse. La prima è che qualche anno fa mi sono laureata, in un altro Ateneo, in Tecnologie e diagnostica per la conservazione e il restauro.

La seconda è che ho scelto quel percorso perché pur documentandomi molto non avevo trovato in Italia – probabilmente perché non ancora attivi – corsi che rilasciassero il titolo di restauratore. Quindi, ho finito la triennale, ho acquisito il titolo di assistente restauratore, mi sono iscritta a un master in restauro ligneo e mi sono resa conto che quei percorsi per quanto interessanti non erano ancora abbastanza perché avevo un solo obiettivo: lavorare come restauratrice.

 

Così, ho fatto nuove ricerche sul web e fuori da internet e ho saputo della laurea quinquennale, abilitante alla professione di restauratore, dell’Università di Urbino. Una mia cara amica, che già frequentava il corso alla Carlo Bo, mi ha poi spiegato nel dettaglio le attività dei vari insegnamenti consigliandomi di iscrivermi senza perdere altro tempo e in quattro giorni la mia vita è cambiata.

Wow, ne hai fatta di strada! Hai disegnato una mappa e credo tu sappia esattamente dove andare adesso, ma da dove sei partita?

Dopo il liceo non avevo le idee chiare. Pensavo di iscrivermi a Lingue. Poi un giorno sono entrata nel laboratorio di restauro di un professore, amico di famiglia, e dappertutto c’erano solventi, quadri, pigmenti, un posto stranissimo in cui più mi guardavo intorno e più mi sentivo a mio agio, tanto da non avere più dubbi, tanto da dire a un certo punto: voglio fare questo e nient’altro!

In quattro giorni la tua vita è cambiata ed è successo che…

Che da Palermo mi sono trasferita a Urbino, ho trovato casa in centro e ho cominciato a seguire le lezioni. Sono stata accolta con grande calore nel gruppo dei compagni di corso e si è creata subito una bella complicità, anche con i professori. C’è da dire che formiamo “classi” di dieci studenti al massimo e che durante i laboratori trascorriamo molto tempo insieme. Non siamo un numero di matricola, abbiamo un rapporto molto diretto con i docenti che sono sempre disponibili e attenti alle nostre necessità.

Il consiglio della tua cara amica oggi è una conferma?

Sì, sono davvero soddisfatta. Il corso mi ha convalidato molte materie della triennale che avevo già frequentato, alcuni esami li ho dovuti sostenere nuovamente e questo all’inizio mi preoccupava un po’ perché pensavo di dover studiare argomenti già affrontati, invece ho imparato cose nuove e considerato quelle che già conoscevo da un altro punto di vista. Tutto questo grazie ai professori, naturalmente, e anche ai compagni di corso con i quali mi confronto costantemente, perché il bello di questo percorso sta anche nella possibilità di esprimere le proprie opinioni, senza paura di essere curiosi.  

Adesso la cara amica che può dispensare consigli sei tu. Segnaleresti questo corso di laurea perché?

Per quello che ho già detto e, soprattutto, per l’attività pratica che prevede. Tieni conto che noi facciamo 750 ore di laboratorio all’anno che sono tantissime e fondamentali per il nostro futuro lavoro. Queste attività laboratoriali le svolgiamo nelle sedi della Scuola, ma anche “sul campo” fuori città.

 

Solo per darti un’idea ti dico che lo scorso anno ho partecipato a un cantiere per il restauro del coro ligneo della cattedrale di Orvieto. Quest’anno ho partecipato a un progetto didattico di conservazione di opere d’arte contemporanea che si è svolto al Museo Nori De’ Nobili di Trecastelli, in provincia di Ancona, e si è concluso con la presentazione degli esiti dell’esperienza a Palazzo Madama, presso il Senato della Repubblica. Insomma, tocchiamo il mestiere con mano.

Conservare o restaurare non è creare, eppure immagino che la consuetudine possa favorire sintonie più o meno evidenti con l’oggetto d’arte sul quale si interviene. A te è capitato?

Capita, spesso. Di recente è successo con l’”opera di abilitazione”: la chiamo così perché il corso prevede nello stesso giorno la discussione della tesi di laurea e la prova di abilitazione che consiste, appunto, nella presentazione di un restauro realizzato durante l’ultimo anno.

 

La mia è un’opera lignea, un tronetto di esposizione eucaristica che proviene da Sant’Angelo in Vado. Il fatto strano è che nel momento in cui decidi che quella sarà la tua prova di abilitazione e che la seguirai lungo tutto il corso del restauro, l’opera diventa “tua” e cominci a provare come un amore per questa cosa che ti fa penare e ti appaga nello stesso tempo.

 

Ma, in generale, ci si affeziona sempre – a volte meno, a volte più – agli oggetti d’arte che si restaurano; un po’ come succede alle vecchine che ci vedono portare via un crocifisso da una chiesa e ci dicono “riportatecelo com’era, per favore, trattatelo bene”!

Dimmi di Urbino…

Ho la fortuna di fare numerose visite didattiche guidate dai nostri docenti, nei luoghi storici di Urbino – soprattutto a Palazzo Ducale – e di tutto il territorio circostante e ogni volta noto dettagli, decorazioni particolari che nella visita precedente non avevo visto. Quando sono salita per la prima volta sui Torricini non puoi immaginare l’emozione stupenda che ho provato.

Studiare Conservazione e restauro dei beni culturali in una città culla del Rinascimento è un’esperienza veramente unica!

 

Immagine in evidenza: Donatelo Trisolino

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