A poche ore dalla Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza abbiamo chiesto ad Arianna Beatrice Malaguti di raccontare la sua grande passione per la ricerca scientifica! Nell’ambito del dottorato in Research Methods in Science and Technology di Uniurb, Arianna ha partecipato a un’indagine che ha contribuito a definire con precisione l’età geologica di un settore dell’Etna: la Valle del Bove. Lo studio Age of the Valle del Bove formation and chronology of the post-collapse flank eruptions, Etna volcano (Italy) è stato condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Università degli Studi di Urbino e pubblicato di recente sulla rivista scientifica Journal of Volcanology and Geothermal Research.

 

 

Arianna Malaguti

Arianna, raccontiamo subito l’esito della ricerca alla quale hai partecipato. Qual è l’età geologica della Valle del Bove, il settore dell’Etna che hai indagato?

La Valle del Bove ha circa 7.000 anni. Spiego subito che si tratta di un settore dell’Etna caratterizzato da una depressione, una vera e propria valle collocata sul fianco orientale del vulcano. Questa conca ha una dimensione di 7 x 4,5 km, una forma a ferro di cavallo e un fondo costituito da colate laviche che si sono stratificate negli ultimi secoli.

 

Sappiamo che si è formata in seguito a una serie di grosse frane di fianco dell’edificio vulcanico, per cui indagando i frammenti di legno ritrovati alla base del deposito detritico attraverso la tecnica del carbonio-14 abbiamo individuato un range di età che va dal 7.478 al 7.134 a.C.

 

Inoltre, le datazioni paleomagnetiche sulle successioni di lave al di sopra di questo deposito, hanno permesso di capire cosa è avvenuto dopo la formazione della Valle del Bove. Dalle analisi è emerso, infatti, che negli ultimi 4.000 anni si sono verificate due eruzioni laterali durante la tarda età del Rame, e altre due eruzioni laterali sono avvenute in epoca greco-romana e medievale.

Perché è importante questa datazione?

La datazione di questa parte del vulcano è importante perché ci aiuta a ricostruire la complicata storia evolutiva dell’Etna. Ci aiuta a capire quando si è formato, a studiare le attività eruttive che hanno contribuito a costruirne la forma, ci permette di conoscere comportamenti che possono ripetersi e prevedere, quindi, come il vulcano “agirà” nel futuro.

Un ottimo risultato che arriva negli anni in cui muovi i tuoi primi passi nel meraviglioso mondo della ricerca!

Sì. Sono ormai alla fine del mio dottorato di ricerca in Research Methods in Science and Technology di Uniurb. La mia area è quella delle Scienze della Terra. Ho consegnato la tesi qualche giorno fa e ad aprile la discuterò. Con il gruppo di lavoro, con il mio tutor principale – il Professor Alberto Renzulli – e gli altri docenti che collaborano alla ricerca mi sono trovata molto bene.

 

Siamo circa dieci dottorandi – considerando le diverse aree a cui apparteniamo – ci conosciamo tutti e ci confrontiamo in una dimensione molto familiare. I professori sono molto disponibili e molto umani: per loro non siamo numeri, qui a Urbino siamo persone. Adesso che sono vicina alla conclusione posso dire di aver fatto un ottimo dottorato, che ha dato il via a collaborazioni importanti e portato risultati che non pensavo di riuscire ad ottenere.

Com’è nata l’idea dello studio e la collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia?

Mi sono occupata in precedenza di studi per la datazione paleomagnetica dell’Etna, ad esempio delle gole dell’Alcantara. Mentre, alle Eolie ho datato le eruzioni dell’Isola di Vulcano e di Lipari. La vulcanologia è il mio interesse principale, quindi l’idea non poteva che nascere durante una Conferenza Nazionale di Vulcanologia A. Rittmann, a Catania, parlando dei vari settori dell’Etna e delle colate laviche non ancora datate con Stefano Branca, Direttore della Sezione Osservatorio Etneo di Catania dell’INGV, e Fabio Speranza, Direttore della Sezione Roma2 dell’INGV.

 

 

Quali sono state le fasi più emozionanti della ricerca?

Tutte. A me piace tantissimo andare sul campo e prelevare i campioni necessari. Soprattutto quando si tratta dell’Etna: uno dei vulcani più belli e interessanti al mondo. Lavorare alle sue pendici è un’emozione che non so descrivere. Pensa che la sua prima eruzione l’ho vista nel giorno del mio ventottesimo compleanno. Per questo motivo, l’Etna è e resterà sempre una parte di me. Ovviamente anche il lavoro di laboratorio è molto interessante perché mi permette di toccare con mano i risultati che derivano dal campionamento.

 

Questa volta, in laboratorio con la Dottoressa Paola del Carlo, dell’INGV di Pisa, abbiamo scoperto che la Valle del Bove ha circa 7.000 anni quando tutti pensavano che avesse origini ancora più lontane, e ho provato un’emozione molto particolare. Qualcosa tra l’estrema gioia e il timore, che nasce dalla domanda: ma adesso la comunità scientifica come reagirà difronte a questo nuovo risultato? Superata la preoccupazione è stato fantastico!

Quando hai avuto consapevolezza della tua passione per la ricerca e qual è il tuo sogno?

Fin da bambina ho raccolto sassi. Sono nata su un vulcano. Per la precisione, sul lago di Vico, uno dei laghi vulcanici dell’alto Lazio, in una zona non attiva. Portavo a casa rocce di ogni tipo e ho sempre voluto capire come fosse avvenuta un’eruzione, perché un vulcano fosse diverso da un altro, quale meccanismo portasse alla formazione di un vulcano in un determinato luogo. Poi sono cresciuta e ho cercato una risposta alle mie domande. Adesso il sogno, il mio obiettivo di vita è la ricerca. Voglio diventare un ricercatore dell’INGV!

Sei tu il vulcano, Arianna! Domani si celebra la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Cosa significa oggi essere donna e fare scienza?

Significa combattere ancora molti pregiudizi. Io non ho mai pensato: “sono donna e non posso fare scienza” perché, fortunatamente, sono cresciuta in una famiglia dalla mentalità aperta. In molti però mi hanno chiesto: “sei donna, perché fai un lavoro da uomo?”. Quindi fare scienza oggi significa insegnare alle ragazze che possono fare qualunque cosa e possono scegliere di iscriversi ai corsi di laurea di geologia, ingegneria, matematica, informatica ecc. Finché ci sarà una giornata come questa dovremo continuare a batterci.

Chiudiamo con un messaggio di incoraggiamento alle studentesse delle scuole superiori che stanno scegliendo il proprio percorso universitario?

Mi sembra un’ottima idea! Ragazze, seguite il vostro cuore. Siete fortissime, siete belle dentro e fuori e non avete limiti. Non abbiate paura. Scegliete la via della scienza e andate a prendervi il vostro Nobel!

 

 

 

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