Anna Maurizi è una ex studentessa di Uniurb! Si è laureata in Sociologia e Servizio Sociale e, nel 2018, anche in Gestione delle Politiche, dei Servizi Sociali e della Mediazione Interculturale. Un percorso di studio che definisce sui generis, in grado di “costruire un sapere critico multidisciplinare” e fornire uno specifico orientamento tecnico-professionale.
Anna, raccontaci il prequel del tuo 3+2 a Urbino! Laurea triennale in Sociologia e Servizio Sociale + laurea magistrale in Gestione delle Politiche, dei Servizi Sociali e della Mediazione Interculturale.
Dopo il diploma ero molto indecisa rispetto al percorso di studio specifico da intraprendere. Poi mi sono informata sull’offerta formativa dei diversi Atenei, ho trovato la triennale in Sociologia e Servizio Sociale e mi sono innamorata del piano di studi che proponeva.
In realtà si tratta di un amore a più livelli che include anche la magistrale, in quanto tutto il percorso sviluppa competenze di ordine pratico nell’ambito dell’assistenza e del servizio sociale come professione, in una cornice di riflessione teorica e di analisi sociologica davvero ampia e multidisciplinare.
Ovviamente, nella scelta ha avuto il suo peso anche la città che è a dimensione di studente e permette di entrare in relazione con gli altri e col tessuto urbano.
Il punto di forza n° 1 di questa magistrale.
L’Università italiana vive di forti contraddizioni che però a Urbino sono meno marcate che in altri Atenei. Quindi, il maggiore punto di forza della Scuola di Scienze Politiche e Sociali è il suo essere sui generis. Non avalla, ad esempio, la competizione, non funziona da “esamificio”, ma dà agli studenti la possibilità di fare al suo interno un percorso didattico e di vita attivo.
I professori ci incoraggiano a metterci in discussione, a creare sinergie, a stare in relazione con studenti di altri corsi di laurea e Scuole che abbiano prospettive metodologiche diverse e punti di vista differenti. Con un obiettivo preciso, quello di costruire un sapere critico multidisciplinare che ci consenta di interpretare la complessità del reale e, in essa, di agire concretamente e con responsabilità.
A un anno dalla laurea hai potuto misurare l’efficacia di queste competenze?
Assolutamente sì. Ho potuto fare questa valutazione durante l’esperienza di tirocinio e di lavoro, che ho svolto successivamente alla laurea, ma anche durante il corso di perfezionamento in Teoria critica della società che ho frequentato all’Università Bicocca di Milano.
Qui, ad esempio, mi sono confrontata con studenti che provenivano da Atenei del Paese considerati “eccellenti”, lavorando a ricerche che univano la filosofia politica all’antropologia, i gender studies alla psicoanalisi critica, l’ecologia politica alla sociologia. Insomma, posso davvero dire di aver avuto a disposizione tutti gli strumenti per stare, senza incertezze e al passo con gli altri, dentro un dibattito complesso e stimolante. Perché è così che nella Scuola ci insegnano a ragionare, ed è così che come studenti vogliamo ragionare.
Hai citato l’esperienza del tirocinio. Ce ne parli?
Durante la magistrale ho svolto due tirocini. Uno in Piemonte all’interno di una struttura riabilitativa che si occupa di disturbi del comportamento alimentare – un argomento in linea con quello che poi ho studiato per la tesi – l’altro nell’ambito del Settore Servizi Sociali del Comune di Fossombrone.
Entrambe sono state esperienze interessanti che mi hanno fatto sentire parte integrante del processo di definizione e creazione dei progetti di ricerca ai quali ho lavorato.
In generale, il tirocinio ci consente di stare sul campo, di entrare nelle situazioni di marginalità sociale, di disagio abitativo, di precarizzazione del lavoro, di mediazione interculturale ecc. e di svolgere attività operative di tipo gestionale e di progettazione sociale. Le stesse con le quali ci confronteremo una volta entrati nel mondo del lavoro.
Punti di forza 2 – 3 – 4 della magistrale.
Certamente i professori, dai quali sono sempre stata chiamata a dire la mia, a dare il mio contributo all’interno di un ragionamento collettivo sia durante le ore di lezione, sia fuori dall’aula.
I docenti entrano in relazione con gli studenti che hanno di fronte e li considerano persone, non semplicemente uditori della lezione. Siamo persone con cui si interfacciano e discutono.
Una peculiarità sia della triennale, sia della magistrale è la possibilità di fare attività di ricerca in affiancamento a un docente della Scuola. Io ho colto al volo queste opportunità, prima e dopo la laurea, e il fatto interessante è che quando ho partecipato a questi studi sono sempre stata considerata “ricercatrice junior”, come purtroppo non accade in altre Università, e mi è stata riconosciuta la proprietà intellettuale del lavoro svolto.
Un altro vantaggio è quello di poter ideare, con i professori, percorsi di studio alternativi. Con altri studenti, docenti e ricercatori non solo di Uniurb, ad esempio, abbiamo creato un gruppo di studio paritetico indipendente, slegato dalle solite dinamiche della ricerca su committenza. Con l’obiettivo di portare all’interno dell’Accademia alcune questioni che non rientrano nei manuali che studiamo in aula, di discuterne e darne diffusione.
Hai partecipato ad attività didattiche integrative organizzate dal corso di laurea?
Ho partecipato a molte attività formative diverse dalla canonica lezione in aula. Mi viene in mente l’Erasmus Intensive Programme, un percorso di scambio, organizzato dai docenti della nostra Scuola, sul tema del lavoro sociale al quale ho partecipato con studenti universitari svedesi e tedeschi. Due settimane di studio intensivo e laboratori molto interessanti.
Per un esame, ad esempio, abbiamo curato la progettazione di un servizio in collaborazione con gli studenti dell’ISIA, e questo ci ha permesso davvero di mettere in pratica la teoria che si studia lavorando in team e ragionando secondo una visione nuova che coinvolge e integra aree disciplinari diverse.
È un corso di laurea veramente dinamico che crea opportunità molto orientate alla formazione personale e professionale.
Ho come l’impressione che questo dinamismo appartenga anche a te, è esatto?
Be’, in effetti, mi piace impegnarmi! Durante la magistrale ho svolto anche il servizio di tutorato per l’Università di Urbino, facendo da intermediario tra i docenti, il personale amministrativo e gli studenti. È stata una bella esperienza che mi ha dato la possibilità di dare supporto alle matricole, ma in generale gli studenti iscritti al mio corso di laurea, fornendo loro le informazioni e gli strumenti necessari per vivere più pienamente possibile l’esperienza universitaria.
I tuoi sogni e i tuoi obiettivi professionali.
Più che sogni, ho due punti fermi che sono la militanza politica da un lato, e la ricerca e il lavoro sociale dall’altro. Sempre declinati all’interno di una prospettiva di azione: mi piacerebbe – non mi stancherò mai di dirlo – di essere presente e partecipativa rispetto alle cose che vivo e che accadono intorno a me.
Al momento, valuto la possibilità di cercare lavoro anche come assistente sociale, sempre mantenendo la prospettiva di ricerca che per me è fondamentale. Infatti, non escludo di tentare la strada di un dottorato di ricerca; nel frattempo continuo a formarmi e lavoro a progetto con l’Università e con Associazioni del territorio.
Come ricorderai l’esperienza di studio a Urbino?
Con una frase che mi accompagnerà per sempre. È una citazione di Giancarlo De Carlo che si legge sul murales dell’ex Magistero realizzato durante l’occupazione del 2010, un luogo che per me è stato “casa” e che oggi fatico a chiamare col nuovo nome di Area Scientifico – Didattica Paolo Volponi.
La frase è: “la verità è che nell’ordine c’è la noia frustrante dell’imposizione, mentre nel disordine c’è la fantasia esaltante della partecipazione”!