L’alfabetizzazione finanziaria è uno strumento per la tutela del risparmio che riguarda ognuno di noi. Soprattutto, riguarda gruppi sociali vulnerabili e, più nello specifico, i cittadini di Paesi terzi che necessitano di conoscenze linguistiche ed economiche di base per gestire consapevolmente e con prudenza le decisioni di spesa quotidiane.
A loro si rivolge il progetto FIN-Finanza inclusiva, sottoscritto da Uniurb e finanziato dal Ministero dell’Interno e dall’Unione Europea attraverso il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020 (FAMI).
Ne parliamo con Antonella Negri, Prorettore allo Sviluppo di Partenariati Strategici Nazionali e Internazionali, Francesca Cesaroni, Referente per le Attività di Promozione dell’Imprenditorialità e Luisa Cecarini, Project Manager.

 

 

Antonella Negri

Professoressa Negri, quando e come nasce la partecipazione di Uniurb al progetto FIN-Finanza inclusiva?

La partecipazione dell’Università di Urbino al progetto nasce dall’urgenza di promuovere programmi di educazione finanziaria, rivolti a tutti i cittadini, e in particolare ai giovani, alle donne, ai micro e piccoli imprenditori, agli anziani, ai rifugiati, ai migranti. Disporre di una sufficiente conoscenza degli strumenti funzionali alla gestione del risparmio e di possibili investimenti, soprattutto in periodi di grande complessità come quello che stiamo attraversando, consente infatti di far fronte con maggiore consapevolezza e capacità di reazione al rischio di shock economico.

 

Per cui, aderendo anche alla Raccomandazione OCSE, emanata con l’obiettivo di sollecitare tutti i Paesi membri ad attuare strategie finalizzate all’alfabetizzazione finanziaria, nel 2018 il nostro Ateneo ha sottoscritto il progetto FIN-Finanza inclusiva, finanziato dal Ministero dell’Interno e dall’Unione Europea attraverso il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020” (FAMI).

Francesca Cesaroni

Professoressa Cesaroni, chi sono i destinatari e quali sono gli obiettivi delle azioni previste?

Il progetto ha come destinatari i cittadini di Paesi terzi e ha l’obiettivo di contribuire a migliorarne l’inclusione finanziaria, lavorativa e sociale in tre regioni: Marche, Emilia Romagna, Abruzzo.

 

Siamo partiti dal presupposto che l’inclusione finanziaria rappresenti una precondizione indispensabile per ridurre la vulnerabilità degli stranieri e la loro condizione di marginalità e, quindi, favorire la loro inclusione sociale. Nello stesso tempo, abbiamo condiviso l’idea che l’educazione finanziaria sia un volano fondamentale per mettere in moto questo meccanismo e fare in modo che anche le categorie più vulnerabili – a cui i migranti appartengono – possano raggiungere una condizione di effettiva e piena integrazione sociale.

 

Le iniziative avviate nell’ambito del progetto sono state quindi prevalentemente orientate all’educazione finanziaria, ossia allo svolgimento di percorsi formativi destinati a fornire ai partecipanti le conoscenze necessarie per accedere senza vincoli agli strumenti e ai prodotti finanziari e, soprattutto, per fare scelte consapevoli e coerenti con le proprie esigenze.
Nella programmazione e nello svolgimento di tali attività si è, ovviamente, tenuto conto delle caratteristiche e delle condizioni in cui i migranti si trovano e sono stati, quindi, proposti percorsi differenziati.

Luisa Cecarini

Dottoressa Cecarini, cosa si intende per alfabetizzazione finanziaria?

Per alfabetizzazione finanziaria intendiamo le conoscenze base di finanza personale, che vanno dall’apertura di un conto corrente, alla richiesta di un mutuo o finanziamento, alla scelta di un fondo pensione integrativo.
L’educazione finanziaria riguarda tutti, italiani e stranieri, e purtroppo l’Italia è fanalino di coda: solo il 37% dei cittadini conosce i concetti base, ben al di sotto della media dei Paesi del G7.
Pensiamo, inoltre, che dal 2012 l’OCSE ha aggiunto la conoscenza finanziaria tra i saperi che un giovane dovrebbe possedere per partecipare alla vita della società.

Non si tratta, quindi, di imparare a comprare e vendere azioni sui mercati finanziari ma di gestire consapevolmente i propri risparmi, è esatto?

Esattamente. È importante ricordare che chi ha conoscenze finanziarie è in grado di affrontare meglio i periodi di crisi economica, è meno esposto al rischio di sovraindebitamento, è più consapevole nelle scelte dei prodotti adatti alle proprie esigenze.
Ci sono concetti fondamentali che occorre conoscere, come – ad esempio – quello di rischio, necessario per fare buoni investimenti; bisogna sapere cos’è il tasso di interesse composto, cosa provoca l’inflazione ai risparmi depositati sul conto corrente, o ancora come difendersi dalle frodi informatiche, o quali sono le fonti attendibili di informazione.

 

Nel caso dei cittadini di Paesi terzi, dobbiamo anche aggiungere la conoscenza dei termini tecnici e dei servizi utili per avere informazioni e per poter fare scelte coerenti con i propri bisogni. Il diffondersi di strumenti digitali e prodotti finanziari online pone, tra l’altro, nuove sfide, soprattutto per le categorie più fragili: chi ha le conoscenze finanziarie di base ha più capacità di individuare i tentativi di frode ed evitarli, così come di pianificare meglio il proprio futuro e far fronte agli imprevisti.

È possibile valutare il livello di inclusione finanziaria dei cittadini immigrati residenti in Italia?

Il tema dell’inclusione finanziaria è relativamente recente per cui non disponiamo di dati omogenei e disaggregati per regioni o per genere. Inoltre, dobbiamo tener conto di una pluralità di situazioni diverse, in funzione del contesto socio-economico preso in considerazione.
In primis, possiamo stabilire quali sono i servizi e i prodotti finanziari da considerare essenziali e a cui fare riferimento per delineare il perimetro dell’inclusione e dell’esclusione.

 

Nella ricerca che abbiamo condotto abbiamo preso in considerazione vari dati come, ad esempio, il numero di conti correnti intestati a stranieri, l’indice di anzianità di questi conti, che insieme ad altri fattori ci hanno permesso di delineare un trend che evidenzia un processo di stabilizzazione e di integrazione della popolazione straniera in atto sul territorio, anche a fronte di una maggior presenza di titolari di permesso di soggiorno di lunga durata. Tuttavia, maggiori fragilità si riscontrano nell’accesso al credito: raramente i cittadini stranieri possiedono un patrimonio personale o familiare consolidato, oppure beneficiano di una rete parentale-amicale economicamente solida. Questo costituisce un limite al buon esito del processo di integrazione.

Attraverso quali buone pratiche si è articolato il progetto?

Rispetto ai beneficiari diretti, ossia i cittadini di Paesi terzi, abbiamo distinto i servizi e le azioni da intraprendere in base ai bisogni.
Per i richiedenti asilo e i rifugiati, o comunque persone arrivate da poco in Italia, con una bassa conoscenza della lingua e ancora limitate esigenze finanziarie, abbiamo realizzato un testo: Percorso di alfabetizzazione finanziaria per studenti non italofoni di I livello, incentrato sui termini finanziari, con situazioni di vita reale legate all’apertura di servizi di base e all’introduzione di concetti chiave.
Ai lungo soggiornanti, persone con un buon livello di conoscenza dell’italiano e con un percorso di vita ben definito nel Paese ospite, abbiamo erogato un corso che ha presentato una panoramica dei servizi e dei prodotti esistenti al momento in Italia, introducendo anche alcuni concetti legati al fare impresa.

 

Abbiamo anche organizzato due focus group dedicati a donne straniere per illustrare le competenze necessarie a chi oggi vuole fare impresa, presentando i servizi utili sul territorio e dando voce a chi ce l’ha fatta.
A questo proposito, vorrei ricordare che rimane attiva una pagina Facebook Fin-finanza inclusiva in cui trovare informazioni su opportunità, bandi di finanziamento per imprese e start-up, oltre che notizie relative al tema dell’educazione finanziaria.

 

Un’ultima linea di implementazione del progetto ha riguardato gli operatori, in particolare le/gli assistenti sociali, che sono il primo punto di accesso alle informazioni per gli stranieri in difficoltà. È stato importante coinvolgere gli operatori sociali in primis attraverso la formazione riguardante i concetti chiave della finanza, e poi cercando di mettere in rete soggetti diversi, in modo da dare informazioni coerenti, puntuali e agevolare quanto più possibile percorsi virtuosi che superino la disorganizzazione, al momento, dilagante.
Oltre alle iniziative promosse nell’ambito del progetto FIN, è stata anche svolta un’attività di ricerca che ha individuato una serie di buone pratiche, realizzate in Italia o in altri Paesi europei per agevolare l’inclusione finanziaria dei migranti.

 

Professoressa Cesaroni, lo studio ha individuato un modello di inclusione finanziaria efficace?

Sì, le esperienze considerate nell’ambito del progetto FIN-Finanza inclusiva ci hanno fornito una serie di indicazioni utili per delineare un modello di inclusione finanziaria efficace. Un modello che, innanzitutto, dia vita a un sistema coordinato di iniziative realizzate con la collaborazione di soggetti diversi (Camere di commercio, associazioni imprenditoriali, enti locali, centri per l’impiego, ordini professionali, terzo settore, ecc.) e diffuse sul territorio in modo capillare; che favorisca la messa in rete dei servizi offerti e investa molto di più sulla comunicazione e sulla diffusione di informazioni, per portare a conoscenza dei migranti i servizi e gli interventi loro destinati e incentivarne la fruizione; e che adotti una prospettiva di lungo termine.

 

Riguardo alle attività formative parliamo di una formula che tenga conto della varietà dei possibili destinatari, per differenziare sia i materiali didattici, sia gli approcci formativi in modo coerente con le conoscenze in entrata possedute (in termini linguistici, culturali e non solo finanziari), e che proponga un’offerta di strumenti finanziari appositamente pensati per i destinatari – come appunto i migranti – caratterizzati da esigenze particolari e da una cultura diversa da quella del Paese ospitante, non solo in termini finanziari.

 

Altra caratteristica importante del modello individuato riguarda la capacità di promuovere l’imprenditorialità dei migranti, attraverso misure che li accompagnino durante l’intero percorso imprenditoriale, a partire dalla nascita e dallo sviluppo della business idea fino alla redazione del business plan e al reperimento dei finanziamenti necessari per l’avvio della neo-impresa.

Professoressa Negri, quali sono gli esiti del corso di alfabetizzazione e l’impatto dello stesso sul territorio?

Il manuale sull’educazione finanziaria e le due stagioni del corso di formazione hanno generato coinvolgimento e grande interesse. Nelle tre regioni che hanno preso parte al progetto: Marche, Abruzzo ed Emilia Romagna, la valutazione effettuata al termine del corso evidenzia come il 70% dei partecipanti abbia acquisito conoscenze di base sull’uso del denaro e il 65% una buona conoscenza degli strumenti finanziari di base.

 

In merito all’impatto sul territorio della regione Marche, un dato importante da segnalare riguarda il network di relazioni professionali che il progetto ha saputo creare. Penso, ad esempio, al coinvolgimento della Camera di Commercio delle Marche, dell’Ordine Assistenti Sociali Regione Marche, del Comune di Pesaro e della Fondazione Ordine dei Commercialisti di Pesaro e Urbino.

 

A livello nazionale si è aperto un dialogo con altri soggetti attivi sul tema dell’inclusione finanziaria, come Banca Etica, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) e CNA. Inoltre, il progetto FIN ha aderito per due annualità al Mese dell’educazione finanziaria promosso dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria – Edufin, che fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed è incaricato di dare attuazione alla strategia nazionale sull’inclusione finanziaria.
Tutte sinergie importanti che ci auguriamo possano portare nuovi e fondamentali contributi in un auspicabile secondo tempo del progetto.

 

 

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