L’istanza di libertà si è mossa dalla città colpita dall’orrore e ha raggiunto il mondo nel tam tam dei social network. Il popolo di Parigi resiste, non ha paura, scrive #JeSuisEnTerrasse #JeSuisAuResto #JeSuisEnConcert ed è lì che saremo anche noi. A un concerto.
Gente della Carlo Bo e urbinati tutti, mercoledì 18 novembre si va a teatro! L’ingresso è gratuito, occorre solo prenotare online il biglietto, stamparlo e presentarlo allo staff del Teatro Sanzio. Lo spettacolo-concerto Zona Cesarini. Storie di emigrazione, tango e pallone è il primo di una serie di eventi che l’Università ha organizzato in collaborazione col Comune di Urbino. Un’intera stagione di rappresentazioni in musica per una didattica a tuttotondo che è senza dubbio acquisizione di competenze, ma anche partecipazione ai vari orientamenti della cultura e alla dimensione collettiva della vita. Questo perché, oggi più che mai, la funzione di ogni istituto di formazione, di qualunque ordine e grado, e di ogni società civile non può prescindere da una concreta educazione alla libertà, all’integrazione, alla solidarietà e alla pace.
Alle 21, quindi, spegniamo i cellulari e facciamoci raccontare dal testo e dalla regia di Giorgio Santi la storia di Renato Cesarini, l’uomo della famosa “zona”, quello che da un certo momento in poi ha definito con un cognome un frammento esatto di tempo, quella manciata di secondi che separa la possibilità dalla fine e prima della fine fa succedere l’irrealizzabile. Per capirci, il cliché idiomatico al quale siamo abituati è “segnare o vincere in zona Cesarini”, ora volendo schematizzare: la zona è quella più prossima alla porta di un campo di calcio, il frammento di tempo è quello che immediatamente precede il fischio conclusivo dell’arbitro, Cesarini è lo strepitoso giocatore della Juventus che tra il 1931 e il 1935 spara il pallone tra i pali della porta avversaria sessanta secondi prima del ‘90 minuto.
Quando il sipario si alza, la narrazione dondola tra il monologo di Francesco Corlianò che porta in scena il “Cè” e la voce fuori campo di Alessandra Giardina. Sullo sfondo scorrono immagini di repertorio a ricordare che la fiction è stata vita realmente vissuta, intorno invece gira la musica di Stefano Bartolucci che punteggia la trama in ogni sua piega.
In evidenza sempre lui, il guascone marchigiano un po’ italiano e un po’ argentino che si imbarca tra gli infelici di un bastimento per Buenos Aires e torna in Italia a bordo di un transatlantico sorseggiando champagne. È un migrante che ce la fa perché sa fare tutto; il calzolaio, il pugile, l’artista di strada, l’acrobata, il musicista e il calciatore, tant’è che pochi secondi prima che la fortuna cambi gioco, stoppa la palla, l’attacca al collo del piede e la spedisce tesa e dritta nell’iperspazio delle cose indimenticabili.