Uniurb ricorda Goffredo Fofi, a pochi giorni dalla sua scomparsa
«Goffredo Fofi è un fallito». Comincia così l’intervista a una delle voci più autorevoli della cultura italiana contemporanea. Saggista, critico cinematografico, teatrale e letterario, Fofi ci aveva accolto nella sua casa romana, tra piazza Vittorio e via Merulana, in una mattina luminosissima di settembre. Era il 2022 e lui sorrideva. Ricordo un certo sguardo affilato eppure gentile mentre, dicendo, alternava la cortesia dell’ospite alla schiettezza di chi, per abitudine, esprime giudizi netti. «Non scriverò mai le mie memorie», liquidava la questione con ruvida sincerità e, intanto, consegnava ai microfoni di Uniamo una lucida testimonianza del suo percorso umano e intellettuale.
L’incontro con il maestro degli ultimi – la “m” è minuscola per coerenza rispetto a un suo desiderio – anticipava di poco la quarantunesima edizione del Premio Nazionale di Cultura Frontino Montefeltro, istituito nel 1981 dal Magnifico Rettore dell’Università di Urbino, Carlo Bo, e da Antonio Mariani Sindaco, al tempo, del Comune di Frontino. “Letteratura come vita” è la sezione del Premio che ha riconosciuto all’intellettuale umbro i non pochi meriti di una “vita come letteratura”, come cinema, come teatro, come impegno civile, una vita attraversata sempre da una sollecitazione morale verso le minoranze, gli emarginati.
«L’errore è ciò che non si è fatto» – spiegava Fofi – e nel verso di Ezra Pound isolava il titolo di un’autobiografia che mai vedrà le stampe e mai accoglieremo nella memoria dei nostri e-book reader: L’errore. «Vengo da una famiglia di proletari, una famiglia mezzadrile umbra e ho potuto studiare da maestro elementare», raccontava, e da questo segmento narrativo in poi il ritratto dell’uomo e dell’intellettuale irregolare si costruiva sullo sfondo della geografia e della storia d’Italia, nelle sue dimensioni maggiori, e di un patrimonio di incontri, sempre attraversato da uno scambio libero di impressioni e umori.
«Ho vissuto una storia di enormi speranze, io dentro ci sono stato e ne ho goduto. Da autodidatta mi feci una cultura e questa cosa mi ha rovinato, perché sono diventato un intellettuale e me ne vergogno come un cane… se potessi tornerei indietro per occuparmi di bambini e di morti di fame».