L’Ateneo di Urbino è capofila di TEMPUS-INFOBC: il progetto internazionale, finanziato dalla Commissione Europea, che ha istituito sei scuole di conservazione e restauro dei beni culturali in Tunisia. Ce ne parla la Professoressa Laura Baratin, Coordinatrice dell’iniziativa.


 

L’Università di Urbino vola in Tunisia e fonda sei scuole di restauro grazie ai finanziamenti della Commissione Europea. Professoressa Baratin, come nasce il progetto?

Il progetto che ha per titolo L’INNOVATION DANS LA FORMATION POUR LES BIENS CULTURELS: un

La professoressa Laura Baratin

La professoressa Laura Baratin

nouveau curriculum euro-méditerranéen pour la préservation de biens culturels – INFOBC si inserisce nell’ambito delle iniziative TEMPUS IV: sesto e ultimo bando previsto dalla Commissione Europea. Questa tipologia di bandi è, infatti, confluita dal 2014 (e fino al 2020) nei progetti ERASMUS PLUS.
TEMPUS- INFOBC nasce dall’idea di inserire nella formazione istituzionale tunisina un nuovo curriculum nel campo della conservazione e del restauro dei beni culturali, attraverso il trasferimento di conoscenze e di nuove tecnologie tra le università e le istituzioni europee e quelle tunisine. I lavori, avviati a giugno 2014, hanno una durata di 36 mesi con possibilità di proroga di ulteriori sei mesi.

Qual è la quota di finanziamento erogata dalla Commissione Europea?

La Commissione Europea, per la regione del Mediterraneo, ha ricevuto ben 217 applications finanziando 50 progetti tra cui il nostro.
La sovvenzione complessiva del progetto è di 1.133.506,64 euro, di cui il cofinanziamento da parte delle istituzioni partner è del 10% (pari a 118.570,27 euro). Pertanto, il 90% dei fondi erogati dalla Commissione ammonta a 1.014.936,37 euro, in seguito ad alcune piccole revisioni richieste in fase di valutazione relativamente alle voci di attrezzature (pari al 5%), di spese di pubblicazioni e stampe (pari al 5%) e di altri costi previsti (pari al 15%). Un risultato ottimale considerando che, in generale, le riduzioni dei budget proposti possono spingersi anche fino al 40% dei costi indicati.

Un progetto complesso che sottende obiettivi importanti?

L’obiettivo generale è di avviare la formazione in conservazione e restauro dei beni culturali in Tunisia secondo i parametri indicati dalle istituzioni europee E.C.C.O. – ENCoRE , e in particolare secondo l’offerta didattica presentata in Italia per la formazione abilitante dei restauratori con la riforma avviata nel 2009 dal DI n.87, così da ottenere un nuovo curriculum approvato dal Ministero tunisino competente.
L’avvio di un primo ciclo di istruzione triennale per un numero programmato di studenti da 10 a 15 in ogni sede, secondo profili formativi professionalizzanti diversificati nelle Università in base alle caratteristiche dei beni presenti nel territorio, si sviluppa in parallelo con la formazione di nuove competenze per i docenti e per il personale tecnico coinvolti. Più nel dettaglio, gli obiettivi specifici del progetto si possono schematizzare in alcuni punti fondamentali che sono:

  • l’individuazione dei contenuti didattici da includere nel nuovo ciclo di studio considerando le esigenze locali;
  • lo sviluppo di nuove competenze per insegnanti e personale tecnico oltre al supporto nella didattica programmata con gli studenti;
  • lo sviluppo di una rete locale per supportare il nuovo ciclo di studi, vista la scelta di un percorso comune nel primo anno per tutti i profili professionalizzanti;
  • il trasferimento di un approccio multidisciplinare nel nuovo ciclo di studi;
  • l’incremento di metodologie di insegnamento innovative che incoraggino l’uso delle nuove tecnologie;
  • la messa a punto di una politica di mobilità nell’ambito del restauro con la definizione di specifici protocolli;
  • l’armonizzazione dei programmi tra i Paesi del Mediterraneo e l’Unione europea, con l’adozione di un sistema di titoli comparabili e riconosciuti;
  • l’ottimizzazione del sistema di formazione attraverso il monitoraggio e la verifica delle capacità acquisite dagli studenti nei primi due anni, e il controllo di tutte le discipline indirizzate alla conservazione nelle diverse aree disciplinari inserite e nella parte pratico-laboratoriale.

Quali sono i partner che l’Ateneo di Urbino coordina?

La Professoressa Laura Baratin con i rappresentanti delle Università partner

La Professoressa Laura Baratin con i rappresentanti delle Università partner

Oltre all’Università di Urbino – che svolge il ruolo di capofila – nel progetto sono coinvolte altre undici istituzioni: due italiane l’Unione delle Università del Mediterraneo di Roma – UNIMED e l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia con il Laboratorio Multimediale MELA; una spagnola l’Università di Barcellona; una francese l’École Nationale Supérieure d’Arts et Métiers (ENSAM-ARTS); sei Università statali tunisine l’Université de Tunis, l’Université de la Manouba e l’Université Zitouna a Tunisi, l’Université de Sousse e l’Université de Sfax nel centro del Paese e l’Université de Gabés a sud e, infine, il Ministère de l’Enseignement Supérieur et de la Recherche Scientifique della Tunisia.

Nell’ambito del progetto, quali attività mette in opera la Scuola di Conservazione e Restauro di Urbino?

L’Università di Urbino nel ruolo di capofila del progetto ne gestisce tutte le attività previste. In particolare, la Scuola di Conservazione e Restauro è riferimento importante per la costruzione, l’organizzazione e la gestione delle attività laboratoriali e fornisce non soltanto un esempio di offerta formativa nei diversi percorsi professionalizzanti, ma la propria docenza a supporto dei diversi insegnamenti previsti per la formazione dei formatori.
La formazione ai docenti e ai tecnici tunisini (circa 30 unità complessivamente sul territorio), oltre al restauro che ne è il nodo centrale e coinvolge anche il Ministero della Cultura, la Biblioteca e gli Archivi nazionali, si sviluppa intorno alla documentazione, il rilievo e la rappresentazione 2D e 3D in forma digitale attraverso l’uso delle più avanzate tecnologie e dei software più innovativi a disposizione di ogni sede.

Come commenta il fatto che per la prima volta le scuole di conservazione e restauro dei beni culturali siano state introdotte nel sistema formativo delle università tunisine secondo un’impostazione specificamente distintiva degli atenei europei?

È la prima volta che un progetto europeo mette a sistema la formazione dei restauratori attraverso la creazione di vere e proprie Scuole all’interno degli ordinamenti di formazione nazionali, abbandonando la pratica di corsi temporanei, di summer school o di altre modalità didattiche, tutte valide ma di medio-breve periodo e soprattutto non portatrici di un processo sistematico. La nostra iniziativa è il primo esempio di istituzione di nuovi corsi di restauro in tutta la regione mediterranea, ed è parte di un processo che non si concluderà con questo finanziamento, ma sarà sostenuto anche da iniziative successive. La licenza triennale, che le Università tunisine coinvolte svilupperanno, presenta un percorso di studi comune per il primo anno e un percorso specifico per i due anni successivi. Ciò permetterà una differenziazione tra le scuole sul territorio nazionale e garantirà ai percorsi didattici di trattare il maggior numero di tipologie di supporto delle opere d’arte, nello specifico pietra, dipinti su tavola, carta, tessuti e tappeti.

 

La struttura dei piani di studio – conformi a quelli europei – favorirà gli studenti tunisini garantendo loro, qualora fossero interessati, la possibilità di proseguire il biennio di specializzazione nelle Università italiane, in particolare in quella di Urbino e in quelle europee coinvolte nel progetto. Tutto questo lasciando aperta la possibilità di avviare, con un futuro progetto, un master che completi la filiera di insegnamento. Quello in Tunisia è, quindi, un laboratorio di sperimentazione della formazione al di fuori dell’ambito europeo, e può considerarsi un modello di cooperazione da sviluppare ed esportare negli altri Paesi dell’area mediterranea.

In quale direzione si sviluppano i lavori del primo anno di sperimentazione?

Questo primo anno, comune a tutte le sei Università coinvolte e centrato su insegnamenti di base, ci permette di perfezionare le convenzioni per le opere d’arte con le istituzioni competenti. Ci consente anche la creazione dei laboratori attraverso l’individuazione degli spazi adeguati e la fornitura di una dotazione minima; la verifica della funzionalità dei laboratori scientifici orientata alle necessità dei beni culturali e la formazione dei docenti e dei tecnici. Stiamo organizzando quattro atelier di approfondimento per la preparazione dei docenti e dei tecnici: il primo sulle tematiche della teoria e storia del restauro e della documentazione; il secondo su disegno, rilievo e rappresentazione 3D; il terzo dedicato ai laboratori di restauro molto più articolato secondo le tipologie di beni culturali e le esigenze di ogni singola sede; e il quarto su tutte le materie scientifiche previste. A questi atelier partecipano i docenti e i tecnici, indicati da ogni sede a seconda delle competenze specifiche, seguendo un modello didattico che prevede due settimane full-time di corso sviluppato in due periodi distinti e lezioni a distanza.

 

La formazione, oltre a dare tutto il supporto necessario per l’approfondimento degli insegnamenti previsti nella programmazione didattica annuale, punta a sviluppare dei casi studio su esempi locali da utilizzare in seguito con gli studenti iscritti ai nuovi percorsi. Inoltre, è in parte erogata a distanza grazie al supporto di UNIMED e della relativa rete universitaria euro-mediterranea per la disseminazione e la diffusione del progetto (si veda www.infobc.eu). In questo primo anno, durante l’attività didattica, prevediamo anche visite da parte della docenza in Italia e in Spagna per la sezione laboratoriale, in modo da verificare sul campo l’efficacia della nostra formazione.

Di recente, è stata nominata dal Ministro dell’istruzione Stefania Giannini rappresentante nella Commissione interministeriale MiBACT e MIUR per l’accreditamento delle istituzioni formative e per la vigilanza sull’insegnamento del restauro. Come ha accolto la notizia dell’incarico?

La notizia dell’incarico è stata accolta con molta soddisfazione, per me e per la Scuola che rappresento, anche se, è bene ricordare, che la nomina è stata richiesta da tempo dal Comitato nazionale che coordina le otto Università che hanno avviato questi corsi di laurea per avere una rappresentanza come MIUR più incisiva e più aderente alle istanze universitarie. Il ruolo che svolge la Commissione Interministeriale è molto delicato sia nella fase di accreditamento, sia in quella continua di vigilanza. La mia nomina, nel contesto internazionale che mi vede responsabile del progetto tunisino, servirà ad approfondire ancor di più le mie competenze e ad ampliare la mia esperienza nel settore. Di certo favorirà un confronto con le altre istituzioni sulla sperimentazione avviata, con l’intento di perfezionare il percorso formativo adottato e di farne una risorsa importante anche per gli altri Paesi coinvolti.

Foto in evidenza: Lee Miller.

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