Parole di Giustizia è un festival organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Urbino in collaborazione con l’Associazione di Studi Giuridici Giuseppe Borrè e con Magistratura democratica. Si aprirà a Urbino oggi, venerdì 22 ottobre, alle 14.30 presso Palazzo Battiferri, con la lectio magistralis di Ilvo Diamanti e si concluderà domenica 24 ottobre a Palazzo Ducale con quella di Tomaso Montanari. Parteciperanno, tra gli altri, Donatella Di Cesare, Umberto Ambrosoli, Yvan Sagnet, Vera Gheno, Lorenzo Trucco.

Il programma è disponibile sul sito www.paroledigiustizia.it
Per assistere agli eventi occorre prenotarsi a info@paroledigiustizia.it
Sarà possibile seguire gli eventi anche in streaming sul canale youtube dedicato e su facebook https://www.facebook.com/paroledigiustizia 

Per conoscere meglio Parole di Giustizia abbiamo intervistato Chiara Gabrielli, docente di Ordinamento Giudiziario del Dipartimento di Giurisprudenza di Uniurb, tra i curatori del festival.

 

Professoressa Gabrielli, come nasce l’idea di un festival dedicato alle parole della giustizia?

Le parole sono pietre è il titolo di un libro di Carlo Levi. Sono pietre nel senso che possono colpire, ferire, fare male; ma possono anche costruire ponti, scuole, ospedali, relazioni. Diventa decisivo quindi farne buon uso, averne cura, impiegarle con rigore e proprietà, renderle strumento di dialogo, di confronto, mai di aggressione e sopruso.

 

Quando usiamo le parole costruiamo o distruggiamo un mondo, non dovremmo mai dimenticarlo e finalmente acquisire un’etica del linguaggio. Quando usiamo le parole della giustizia, in particolare, contribuiamo a rappresentare l’idea che il cittadino si forma rispetto alle regole che è chiamato a rispettare e le premesse per le richieste di cambiamento che quel cittadino potrà rivolgere al legislatore. Per questo è una grande responsabilità.

A chi si rivolge l’iniziativa?

Vorremmo fosse l’occasione per riflettere sui temi della giustizia con cittadini e studenti, al di fuori dei luoghi tradizionali in cui la stessa viene celebrata e amministrata. Per recuperare la consapevolezza del carattere etico e politico oltre (e prima) che tecnico della questione giustizia, che non può ridursi a procedure per risolvere controversie e conflitti.
In questo festival il vocabolario del diritto si intreccia con il linguaggio dell’arte, della sociologia, della filosofia, del giornalismo, dell’impegno militante.

 

Le parole di giustizia saranno quelle di magistrati, avvocati, docenti, linguisti, operatori della comunicazione, coinvolti in conferenze, confronti e interviste, a scuola, in università, in luoghi pubblici. Ci piacerebbe che questa iniziativa richiamasse l’attenzione di tutti, in particolare dei giovanissimi, sulla necessità di fare un uso meditato del linguaggio, perché il disinvolto impiego di parole senza pensiero soprattutto nei social crea paure, miti e convinzioni che corrompono e inquinano il confronto democratico.

Qual è il tema dell’edizione 2021?

L’edizione 2021 è intitolata In-sicurezza. Giustizia, diritti, informazione. L’insicurezza attraversa la nostra società: è conseguenza inevitabile di fenomeni problematici – dalla pandemia all’immigrazione – di cui il legislatore deve farsi carico, ma fatalmente risente anche del modo con cui questa nostra quotidianità viene raccontata. La narrazione mediatica, ancora una volta le parole, e quelle “parole visive” che sono le immagini, condizionano la percezione sociale e questa è in grado di incidere sulle scelte legislative di una politica troppo spesso incline ad assecondare l’emotività collettiva.

Come possiamo evitare tutto questo?

L’idea è di ragionare, mettendo a confronto diverse sensibilità culturali e professionali, su un concetto di sicurezza che non coincida con il solo rispetto di norme, ma che sappia coniugare la legalità con la giustizia sociale, la dignità e la tutela dei diritti, come impone la nostra Carta costituzionale.
Si tratta di un percorso da fare insieme, senza presunzioni né pregiudizi. Lo ha detto benissimo Gianni Rodari:
abbiamo parole per vendere,
parole per comprare,
parole per fare parole.
Andiamo a cercare insieme
le parole per pensare.

 

 

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