I laureati in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Urbino, acquisito il titolo, entrano nel mercato del lavoro. A confermarlo è la XXIV Indagine sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati italiani, presentata lo scorso giugno dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea. Ecco i dati principali: a un anno dalla laurea lavora l’82,2% di loro, a tre anni dalla laurea lavora il 95,7%; l’84,0% si iscriverebbe allo stesso corso di studio, e a tre anni dal conferimento del titolo il 93,2% di questo gruppo di giovani considera la laurea “molto efficace” rispetto al lavoro svolto.
Ma in quali caratteristiche si compendia la capacità attrattiva della magistrale in Scienze della Formazione Primaria? Lo abbiamo chiesto a Isabella Tringali, studentessa di Uniurb iscritta al quinto anno del corso, e alla Professoressa Giovanna Marani, docente di Logica Matematica.

 

 

La Professoressa Giovanna Marani

Professoressa Marani, anche quest’anno le iscrizioni al test di ingresso al corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria registrano numeri record. Come commenta questo ennesimo successo?

Si tratta di una laurea che abilita all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Ed è questo, a livello ministeriale, il suo più grande punto di forza, perché acquisito il titolo è possibile immediatamente accedere alle cosiddette “supplenze lunghe” nella scuola, attraverso le graduatorie provinciali d’istituto di prima fascia. Addirittura, le studentesse e gli studenti iscritti alla magistrale possono lavorare come supplenti fin dal terzo anno del corso di studi.

 

Nello specifico, il nostro corso di laurea si sostanzia e si regge su tre fondamentali attività didattiche interconnesse. Quella dei saperi più propriamente teorici che si sviluppano, chiaramente, tramite le lezioni; quella del saper fare metodologico-didattico che si incrementa nei laboratori e, infine, quella del tirocinio, ovvero dei saperi che si acquisiscono nell’ambiente reale della scuola. Proprio in questo percorso interagente si concentra la grande forza della nostra magistrale.

 

In questa prospettiva, un altro vantaggio importante del corso riguarda la possibilità per gli allievi lavoratori di seguire lezioni e laboratori nelle giornate del venerdì e del sabato. Lo studente è, infatti, sempre sollecitato, coinvolto e al centro di tutti i processi didattici previsti e questo, sono sicura, contribuisca ad alimentare la capacità attrattiva del nostro corso magistrale.

Tra i docenti e gli studenti del corso che tipo di relazione si crea?

L’attenzione che il corso di studio e i suoi docenti offrono agli studenti è massima. Lo studente viene accompagnato lungo tutto il percorso da molte e diverse figure: dai professori universitari, dai tutor universitari di tirocinio che sono insegnanti temporaneamente “distaccati” dalle scuole di appartenenza e lavorano presso l’Università, dai tutor di tirocinio delle scuole in cui gli studenti svolgono il tirocinio, dai tutor del corso di laurea, ossia studenti senior ai quali i nuovi iscritti possono rivolgersi per qualsiasi necessità. Tutte persone che conoscono personalmente le ragazze e i ragazzi che frequentano il corso perché li incontrano a lezione e spesso anche nei luoghi della città.

 

Quindi, il rapporto che si stabilisce tra docenti e studenti è un rapporto, prima di tutto, di grande umanità. Conoscendo le caratteristiche dell’allievo, le sue peculiarità e, soprattutto, le sue carenze il docente può costruire per lui un percorso personalizzato. Per cui lo studente viene costantemente guidato sia durante le canoniche lezioni, sia durante i laboratori che prevedono classi di sole trenta persone e valorizzano al massimo l’interazione proprio per stimolare e facilitare lo scambio tra il docente e i ragazzi, e garantire loro un percorso individualizzato e calibrato sui bisogni specifici dei singoli.

Secondo la XXIV Indagine di AlmaLaurea un’altissima percentuale dei nostri laureati in Scienze della Formazione Primaria occupati considera il titolo “molto efficace per il lavoro svolto”. Questo riscontro positivo si deve in larga parte al tirocinio?

Sicuramente. Devo dire che Uniurb è stata una delle prime Università a valorizzare il tirocinio curriculare considerando l’apprendimento anche come conseguenza del fare, della pratica. In effetti, il tirocinio è un’attività che nasce dall’analisi della situazione concreta nella scuola ed è per i nostri studenti un progetto aperto e interrogante che si costruisce sulle conoscenze teoriche, sulle metodologie didattiche pratiche e che avvia una presa di coscienza del proprio ruolo. Una presa di coscienza del “saper essere” nel contesto sociale e relazionale molto allargato della scuola, e anche del “saper essere con gli altri” che, alla luce della pratica e dell’apprendimento continuo, si evolve in “saper divenire”.

 

Sapere, saper fare, saper fare in situazioni reali per saper essere, saper essere con gli altri e saper divenire sono, dunque, i punti chiave non solo del tirocinio ma del nostro progetto educativo nella sua totalità. E parliamo di un piano di lavoro complesso che, tra le altre cose, punta a formare insegnanti che abbiano una forma mentis da ricercatori. Professionisti, cioè, che agiscano dopo aver osservato, che si interroghino continuamente e che mettano in dubbio il proprio sapere e la propria metodologia didattica rispetto a un contesto che per forza è sempre nuovo, complesso e diversificato.

Isabella Tringali

Isabella, sei vicinissima al traguardo della laurea, sei anche tutor della magistrale che frequenti: immagino tu abbia una conoscenza approfondita del corso in Scienze della Formazione Primaria!

In realtà sono stata anche Rappresentante delle Studentesse e degli Studenti nel Consiglio della Scuola di Scienze della Formazione, quindi sì, conosco molto bene il mio corso di laurea e posso dire che è strutturato in maniera efficace!

 

Confrontandomi di continuo con gli studenti raccolgo i loro feedback e so per certo, anche in base alla mia personale esperienza, che i laboratori – ad esempio – sono considerati un grande punto di forza dell’intero percorso. Accolgono non più di trenta persone proprio per agevolare la migliore interazione con il docente ed essere per noi studenti un’occasione importante di apprendimento attivo, di sperimentazione e anche di progettazione didattica.

 

Un altro aspetto positivo riguarda il piano di studi che include e associa a ogni materia anche l’esame di didattica della relativa disciplina, per consentirci di imparare a insegnare. Ad esempio, studiamo Matematica e anche Didattica della matematica.
Inoltre, il corso di laurea ha attivato collaborazioni con molte università straniere che garantiscono a noi futuri insegnanti un’apertura mentale e una propensione verso la diversità, oggi più che mai, fondamentali.
E poi è un corso altamente professionalizzante, non solo perché abilita all’insegnamento nella scuola, ma per le molte attività pratiche ed esperienziali che mette a nostra disposizione.

Immagino che il riferimento includa il tirocinio.

Soprattutto. Il tirocinio è un’esperienza di crescita veramente unica, che consegna allo studente una sorta di identità professionale. Secondo me è un po’ il cavallo di battaglia della magistrale di Urbino. Si svolge grazie a una strettissima collaborazione tra le scuole locali e l’Università e assegna a ogni studente un tutor di tirocinio, cioè un insegnante della scuola, con il quale possiamo avviare uno scambio continuo di informazioni focalizzato sulle necessità di ognuno di noi.

 

Calarsi nel contesto reale di una classe della scuola primaria e della scuola dell’infanzia è davvero indispensabile per noi, perché ci dà la possibilità di conoscere da vicino il lavoro che faremo in futuro e di indossare un abito mentale particolare: quello dell’insegnante-ricercatore, che si interroga costantemente sul proprio modo di fare didattica.

 

Per spiegarmi meglio, durante il periodo di studio Erasmus all’Università della Lapponia, in Finlandia, sono riuscita a fare un’esperienza di tirocinio. In quell’occasione ho lavorato in una scuola primaria e mi è servito moltissimo anche perché, facendo una comparazione, ho potuto ragionare sul nostro sistema scolastico, sui suoi limiti e sulla sua efficacia e ho potuto anche immaginare un modo tutto mio di insegnare. Quindi, in Italia o all’estero, l’esperienza concreta del lavoro con i bambini in un’aula mi ha aiutato a sviluppare una sensibilità più orientata alla riflessione critica che, tra l’altro, è uno degli obiettivi formativi del nostro corso.

Chiuderei con un feedback sui docenti del corso.

L’Università di Urbino è un Ateneo a misura di studente e questa caratteristica facilita molto il nostro rapporto con il docente. Soprattutto durante i laboratori siamo seguiti molto da vicino e anche individualmente, ma anche durante le lezioni i professori sono sempre ben disposti a rispondere alle nostre domande o ad approfondire argomenti ai quali siamo particolarmente interessati. Soprattutto, sono aperti al dialogo, promuovono la discussione e tendono a “smontare” la tipica lezione frontale per darci un ruolo più attivo nell’interazione.

 

Solo per fare un esempio, la Professoressa Berta Martini ha portato spesso in aula metodologie didattiche innovative – come la “flipped classroom” o il “debate” – che attraverso il confronto ci aiutano a esercitare un pensiero critico, ad argomentare, ad arricchire il nostro bagaglio di conoscenze, e contemporaneamente ci avvicinano, ci aiutano a entrare in relazione: studenti con studenti, docenti con studenti.

 

All’iniziativa e all’impegno dei professori si devono, quindi, questi nuovi modelli educativi che hanno un impatto positivo sul nostro percorso di crescita, tuttavia penso che anche noi allievi dovremmo fare la nostra parte. Per cui il consiglio che sento di dare ai giovani che decidono di iscriversi a questo corso di laurea è di investire su loro stessi cogliendo tutte le opportunità di conoscenza che l’Università e i docenti offrono. Perché per noi che aspiriamo all’insegnamento la formazione non deve mai finire.

 

 

 

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