La cultura moderna non è figlia del dogmatismo, ma del dubbio. È questo il dato capitale della lectio Vero, verità, vita: Sesto Empirico contro la logica dogmatica, tenuta dal Professor Emidio Spinelli – docente di Storia della filosofia antica alla Sapienza Università di Roma e Presidente della Società Filosofica Italiana – nell’Aula Magna del Rettorato lo scorso 2 dicembre. Organizzata nell’ambito delle Lectiones Commandinianae, istituite dal corso di laurea in Filosofia dell’Informazione afferente alla Scuola di Scienze, Tecnologie e Filosofia dell’Informazione e al Dipartimento di Scienze Pure e Applicate, la conferenza ha indagato il profilo di Sesto Empirico, il filosofo scettico greco, l’unico di cui conosciamo e possediamo gli scritti, che ha fortemente influenzato la filosofia moderna. Nell’intervista che segue, il Professor Spinelli ha approfondito l’argomento.

 

Il Professor Emidio Spinelli

Professor Spinelli, chi è Sesto Empirico?

È difficile dirlo perché non abbiamo notizie della vita di Sesto Empirico, abbiamo solo le sue opere, ma è sicuramente autore fondamentale per lungo tempo considerato solo una fonte, una sorta di repositorio di notizie importanti per le altre scuole, per le altre correnti del pensiero antico attaccate da Sesto da un punto di vista scettico. Per fortuna dalla fine degli anni ‘80 del secolo scorso, ma soprattutto dall’inizio del 2000, si è rivalutata la figura di Sesto anche come autore, cioè come portavoce di un certo tipo di scetticismo o meglio di una certa fase del neopirronismo, che addirittura va oltre Enesidemo e che, soprattutto, propone non solo una pars destruens, non solo quindi una distruzione delle dottrine dei dogmatici, ma anche una pars construens, cioè una regola di vita possibile perfino per uno scettico. Quindi c’è stata una rivalutazione dello scetticismo anche come possibile modo di vita.

Secondo il grande storico della filosofia Richard Popkin lo scetticismo ha avuto un’enorme influenza sulla filosofia moderna, concorda?

Sono assolutamente d’accordo, gli studi di Popkin hanno senz’altro mostrato come la nascita della filosofia moderna sia legata a filo strettissimo con la ricomparsa della traduzione di Sesto Empirico. Fortunatamente oltre a Popkin, negli ultimi anni, gli studiosi di filosofia medievale hanno mostrato che, considerata la circolazione di una traduzione fin dal XII secolo, anche l’ultima parte del pensiero medievale risente della presenza dello scetticismo. Non nel senso che il pensiero cristiano accolga le istanze scettiche, ma che si confronti con queste istanze scettiche per rafforzare le conclusioni della fede. Di fatto, lo scetticismo dal XII secolo diventa un lievito – usiamo questa immagine – grazie a cui la storia della filosofia successiva tardo medievale e moderna assume contorni molto più ricchi di argomentazioni e molto meno legati ad aspetti dogmatici.

Lo scetticismo ha influenzato anche la scienza moderna o solo i filosofi?

Anche la scienza, nel senso che nel momento in cui non abbiamo – secondo l’attitudine scettica – la possibilità di ancorarci a soluzioni assolutamente chiuse, definitive e non modificabili, per un’idea di scienza che veramente sia degna di questo nome è chiaro che una conclusione del genere diventa un banco di prova importante. Piuttosto che chiudersi in una sorta di unica e irrefutabile soluzione ai problemi della realtà, quella soluzione diventa oggetto di una possibile falsificazione e, di conseguenza, comincia quello che, a mio avviso, dovrebbe essere il vero lavoro della scienza: non dare conclusioni stagnanti, ma rimettere continuamente in discussione i risultati della ricerca.

La Società Filosofica Italiana di cui è Presidente è stata fondata agli inizi del ‘900 dallo scienziato Federigo Enriques, all’epoca di uno scontro importante tra filosofia e scienza. Che idea si è fatto di quegli anni culturalmente turbolenti?

Come Società Filosofica Italiana siamo ultracentenari. La fondazione risale al 1906 e lo stesso nostro atto di nascita segna quello che potrebbe e dovrebbe caratterizzare la Società Filosofica, cioè una completa apertura a tutte le istanze. L’associazione, purtroppo, dopo questa stagione felicissima in cui grazie a Enriques e ad altri esponenti dialogava in maniera aperta con le più grandi e brillanti menti europee è caduta sotto una sorta di egemonia del neoidealismo perdendo, di conseguenza, questo suo spirito distintivo che ha riconquistato con la rifondazione del 1953, che ha mantenuto anche negli ’70 con un radicamento forte nel territorio e che dovrebbe avere come sua missione anche per il futuro.

 

La collaborazione della Società Filosofica Italiana con le altre società di settore dovrebbe essere, secondo me, non un fatto contingente ma un fatto necessario. Il confronto, la continua possibilità di dialogare con i saperi che si sono strutturati in una maniera molto forte, direi “parrocchiale”, serve a maggior ragione in una associazione che invece è aperta a tutto. Questo è lo spirito che anche come Presidente ho cercato di far assumere alla SFI.

Come Presidente della Società Filosofica Italiana sta organizzando in Italia il World Congress Philosophy 2024, un evento politico e culturale di rilevanza mondiale. Qualche anticipazione in merito?

Non è un convegno qualsiasi, è un congresso mondiale di filosofia che si terrà dall’1 all’8 agosto 2024, per la prima volta a Roma nella storia dei congressi e per la quarta volta in Italia, quindi la soddisfazione è tanta. Le iniziative in programma si terranno nel campus dell’Università Sapienza – che con l’International Federation of Philosophical Societies e la Società Filosofica Italiana organizza l’evento – e in luoghi assolutamente unici al mondo che il Comune ha messo a nostra disposizione: il Palatino, la Nuvola di Fuksas, la Protomoteca del Campidoglio, Palazzo Valentini, portando in gioco anche la potenza attrattiva di Roma.

 

Si prevede arriveranno da ogni parte del mondo 4/5.000 colleghe e colleghi di filosofia con un’apertura totale dimostrata dal programma strutturato in cinque sessioni plenarie e 89 sezioni tematiche che coprono, dal punto di vista dei contenuti, tutto quello che adesso è il campo d’azione della filosofia.
Sarà davvero un’occasione di confronto su linee, su modalità di interpretazione della filosofia profondamente diverse, ma non per questo incapaci di dialogare. Tant’è che la parola d’ordine sarà “dialogo”. Del resto il titolo di questa venticinquesima edizione è La filosofia attraversa i confini, perché l’idea del confine è quanto di peggio ci possa essere per una comunità filosofica e attraversarlo significa anche mettersi nella disposizione di dare e ricevere ragione delle proprie posizioni, avrebbe detto Socrate.

 

 

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