Non due, ma tre voci restituiscono oggi ai lettori interessati nuove chiavi di lettura del percorso triennale in Sociologia e Servizio Sociale. Un corso “interclasse” finalizzato al conseguimento della laurea in Servizio Sociale, o della laurea in Sociologia, caratterizzato da “attività formative esperienziali e laboratoriali che riguardano entrambe le filiere” e da un percorso online in Sociologia dedicato agli studenti lavoratori.
Ce ne parlano Vittoria Pambianchi, allieva di Uniurb, Morena Pinto, ex studentessa del nostro Ateneo, ed Eduardo Barberis, docente di Sociologia Generale.

 

Il Professor Eduardo Barberis

Professor Barberis, quali sono i tratti caratterizzanti del corso di laurea in Sociologia e Servizio Sociale?

Il nostro è un corso di laurea interclasse in Sociologia e Servizio Sociale per cui l’idea è che le due prospettive disciplinari si fecondino a vicenda. L’obiettivo è da un lato di formare dei sociologi che abbiano conoscenze e competenze sulla costruzione e sull’analisi delle politiche sociali, e dall’altro lato di formare degli assistenti sociali che grazie alle competenze sociologiche interdisciplinari che il corso fornisce possano acquisire una capacità di riflessività professionale, quindi di ragionamento sul come si fa l’assistente sociale.

 

Per realizzare l’intento puntiamo su una didattica che integra le classiche lezioni frontali in aula con un’ampia dose di attività formative esperienziali e laboratoriali che riguardano entrambe le filiere.
Nel percorso di Servizio Sociale questa didattica integrata si concretizza principalmente in insegnamenti professionalizzanti e nel tirocinio, durante il quale si impara il mestiere affiancando delle e degli assistenti sociali che già lavorano, e anche in attività laboratoriali che aiutano ad affrontare al meglio il tirocinio e a riflettere sullo stesso.
Nella filiera di Sociologia il progetto formativo di cui parliamo si realizza attraverso uno stage che si può svolgere in forme flessibili presso un ente terzo esterno, o affiancando un docente del corso in attività di ricerca sul campo. Il percorso, inoltre, al secondo e terzo anno prevede attività laboratoriali che consentono di fare esperienza pratica, accompagnati da un docente, anche attraverso simulazioni ad hoc.

Nei luoghi della città e dell’Università quale rapporto si crea tra docenti e studenti?

A Urbino abbiamo un ambiente accademico molto particolare in cui questo modo di fare didattica esperienziale ha un senso, perché nello spazio della città, che coincide con quello dell’Università, esiste una compresenza di docenti e studenti che favorisce occasioni e momenti di incontro. Quindi un ambiente in cui si può studiare ma in cui lo studio non è tutto, e la stessa vita sociale, di fatto, diventa una parte dell’esperienza accademica estremamente importante, tanto più per un corso come il nostro che di temi sociali si occupa.

 

E proprio questa comunanza di vita e di esperienza accademica caratterizza la città, che è un grande campus universitario in cui le possibilità di confronto tra professori e allievi non si fermano all’orario di ricevimento, all’aula e alle lezioni ma continuano al di fuori, in un ampio percorso di apprendimento anche informale. Questo meccanismo virtuoso credo sia uno degli elementi chiave del buon funzionamento dei nostri corsi e dell’esperienza accademica di Uniurb nel suo complesso.

Vittoria Pambianchi

Vittoria, hai scelto di laurearti in Servizio Sociale. Quali sono, secondo te, i punti di forza di questo percorso?

Comincio col dire che negli anni della triennale ho potuto studiare a Urbino, in presenza, perché il Covid-19 ha colpito subito dopo la mia laurea. La sede del corso, cioè l’Area Scientifico-Didattica Paolo Volponi, era la mia seconda casa. Le aule mai affollate ci permettevano di seguire e di essere seguiti dai docenti, di fare gruppo tra noi compagni di corso, di studiare insieme e confrontarci. È stato tutto bellissimo! E lo è anche adesso che frequento la magistrale in Gestione delle politiche dei servizi sociali e multiculturalità.

 

Uno degli aspetti del percorso triennale che mi ha fortemente colpito è l’ampia preparazione teorica che offre e che si accompagna a un’intensa attività pratica, rappresentata principalmente dal tirocinio formativo in programma al terzo anno.
Io ho fatto il tirocinio nel mio comune di residenza e grazie a questa esperienza sono entrata veramente nel vivo del lavoro quotidiano. Ho affiancato l’assistente sociale per quasi 400 ore, partecipando alle attività di segretariato sociale, accompagnandola durante le visite domiciliari e assistendo ai colloqui.

 

Ho potuto fare, in sostanza, quello che fa un assistente sociale professionista perché avevo le competenze e gli strumenti necessari. E capire di poter trasformare la teoria in pratica, per operare concretamente e gestire le diverse situazioni nei contesti più vari, è stato davvero entusiasmante. La stessa consapevolezza l’ho avuta durante la magistrale quando ho svolto una parte del tirocinio nel consultorio del Presidio di Mondolfo, e l’altra in Ateneo facendo attività di ricerca con la Professoressa Angela Genova e partecipando alla riprogrammazione dei piani sociali 2020-2022 delle Marche.

Ecco, parliamo dei professori: “non (sono solo) docenti ma guide”?

I professori sono guide eccezionali! A lezione portano il valore aggiunto delle ricerche che conducono, delle proprie esperienze professionali – perché alcuni sono assistenti sociali – ma soprattutto sanno trasmettere la loro grande passione.
Si avverte la loro disponibilità a creare con noi un dialogo, un rapporto di rispetto reciproco ma senza troppe formalità. Durante le lezioni lasciano sempre spazio alle nostre riflessioni, alle nostre domande, di conseguenza lo scambio, l’interazione e il ragionamento a cui ci spingono diventano veri e propri strumenti formativi.

 

E poi sono molto attenti ai nostri bisogni, infatti – e non finirò mai di dirlo – dedicano molto del loro tempo libero a chiarire i nostri dubbi o ad approfondire gli argomenti che ci interessano particolarmente, e questo succede negli spazi dell’Università o della città, quindi a mensa ma anche ai tavolini di un bar.
Posso dirti che sono una persona fortemente ansiosa, eppure anche grazie ai docenti del corso sto affrontando i miei studi universitari senza alcuna agitazione o timore. Formarsi a Urbino è un’esperienza unica, una base su cui costruire il resto della vita…

Morena Pinto

Morena, faccio la stessa domanda a te che hai scelto di laurearti in Sociologia. Quali sono i punti di forza del percorso?

Uno dei punti di forza è sicuramente il percorso online che la triennale mette a disposizione di chi lavora e di quanti non possono seguire le lezioni in presenza. L’altro riguarda la struttura del piano di studi. Il corso infatti è interdisciplinare, mette cioè in connessione tra loro diverse materie: la sociologia, la filosofia, l’antropologia, ma anche il diritto pubblico e costituzionale, l’economia politica e tante altre discipline e dà la possibilità non solo di mettere insieme un sapere ampio e variegato, ma di analizzare criticamente i fenomeni e i vari aspetti della realtà da diversi punti di vista. E per me che aspiro a lavorare nel sociale, come progettista o come giornalista, questo tipo di formazione è fondamentale.

 

Tornando al percorso online, questa modalità mi ha permesso di studiare e lavorare contemporaneamente. Trovavo il materiale didattico sulla piattaforma E-Learning del corso e potevo seguire, da casa a qualunque ora, le lezioni registrate e disponibili anche quelle sulla piattaforma. Solo per poche materie avevo l’obbligo di “frequenza” in streaming in tempo reale. Gli esami, invece, li sostenevo in presenza, quindi prenotavo una stanza ai collegi universitari e venivo a Urbino. Tutto molto comodo ed efficace.
Ho anche fatto lo stage presso una residenza per anziani a Trieste, dove abito, e in quell’occasione ho cominciato a interpretare, sul campo, le dinamiche sociali che osservavo in quel determinato contesto alla luce delle conoscenze teoriche che il corso mi ha offerto.

Seguendo un percorso online è possibile creare relazioni con docenti e compagni di corso?

Sì. Durante le lezioni in streaming avevo la possibilità di comunicare con i professori in tempo reale. Per domande e approfondimenti potevo usare il forum – attivo sulla piattaforma E-Learning – usavo ovviamente la mail, e alcuni docenti organizzavano call di gruppo sulle piattaforme utilizzate dall’Ateneo. In generale, i professori sono sempre stati disponibili con noi e attenti a ciò che chiedevamo. La docente con la quale ho preparato la tesi, ad esempio, mi ha sorpreso positivamente per il modo in cui ha creduto in me e assecondato un mio interesse, consentendomi di lavorare a un progetto di tesi sulle tematiche di genere e spronandomi sempre a mantenere vive le mie passioni.

 

Inoltre, con i compagni del corso online, sparsi per l’Italia, abbiamo creato una chat su whatsapp e durante la preparazione degli esami ci siamo confrontati sugli argomenti e aiutati a vicenda. Chiaramente ci incontravamo a Urbino nel giorno della prova e trascorrevamo del tempo insieme. Eravamo un gruppo eterogeneo dal punto di vista della provenienza e, soprattutto, dell’età e io ho molto apprezzato questa particolarità perché mi permetteva di scambiare opinioni con persone che avevano alle spalle esperienze diverse dalle mie. Con molte di loro sono rimasta in contatto e di sicuro anche questi rapporti mi hanno aiutato a crescere come persona.

 

 

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