Federico Ferluga è tra i 100 vincitori del premio di studio che Uniurb ogni anno assegna alle studentesse e agli studenti che hanno ottenuto i migliori risultati in termini di crediti formativi e di votazione media. Frequenta il terzo anno della triennale in Sociologia e Servizio Sociale, un corso che – dice – “allarga il bacino di idee, estende lo sguardo verso visioni nuove della contemporaneità e insegna a non dare niente per scontato”. Lavorare nell’ambito della sociologia dell’ambiente è il suo obiettivo professionale, nel frattempo per conciliare il volontariato e ricerca sociale è volato in Tanzania.

 

Federico, perché hai scelto di iscriverti al corso di laurea in Sociologia e Servizio Sociale di Uniurb?

Prima di iscrivermi all’Università di Urbino studiavo Cinema ed Arti Multimediali a Roma, il corso è stato chiuso e ho dovuto scegliere se riprendere a studiare o iniziare a lavorare. Mi sono documentato sui corsi di laurea di varie Università italiane, ho considerato piani di studio e programmi e ho capito che la triennale in Sociologia di Uniurb poteva fare al caso mio.

 

In effetti, il ragionamento per me è una forma costante di osservazione del mondo e questo corso mi è sembrato si conciliasse bene con la mia curiosità. Insomma, pensavo fosse un’occasione per guardarmi intorno con un buon bagaglio di strumenti interpretativi che mi avrebbero aiutato a capire come funzionano le società contemporanee – anche rispetto alle diversità e alle diseguaglianze – e quindi comprenderle da un punto di vista economico, politico, culturale, religioso. E così è stato.
Nella scelta hanno avuto un peso anche le caratteristiche di Urbino: una città di piccole dimensioni immersa nella natura, nella quale è possibile vivere e interagire in modo “umano”.

Quali sono i tuoi obiettivi professionali?

La risposta scontata è trovare un lavoro che si concili con i miei valori e il mio stile di vita! La risposta più concreta riguarda, invece, due prospettive professionali diverse: una più legata al campo della sociologia dell’immigrazione e l’altra – quella che rappresenta la mia più vera aspirazione – legata all’ambito della sociologia dell’ambiente. Quest’ultima branca della sociologia riesce ad unire i miei due più grandi interessi: da una parte lo studio delle società umane, dall’altra lo studio dell’ambiente e dell’ecologia. In pratica, mi piacerebbe analizzare il rapporto tra società e natura e – perché no – magari immaginare un modello di società che si integri e si adatti meglio all’ecosistema.

Quali suggerimenti puoi dare a chi si iscrive al tuo corso di laurea?

Sociologia è un corso bellissimo che insegna ad approcciarsi in maniera critica alla realtà e a leggere il presente. È un corso che allarga il bacino di idee, estende lo sguardo verso visioni nuove della contemporaneità e insegna a non dare niente per scontato. Consiglio, quindi, sicuramente di seguire le lezioni in presenza. In questo modo si può interagire con i professori e discutere con loro – che sono sempre disponibili – dei vari argomenti di studio e di interesse. In aula ci sono più interazioni e opportunità di approfondimento.

 

Consiglio anche di conoscere e stringere rapporti con gli altri studenti del corso di laurea perché studiare insieme, condividere esperienze, consente di allenare le proprie capacità relazionali e di imparare a costruire rapporti di fiducia e solidarietà per confrontarsi e aiutarsi vicendevolmente. E poi, condividendo la passione per la sociologia e potendone parlare anche al di fuori della lezione si possono individuare e analizzare insieme i concetti teorici e astratti della disciplina nella concretezza della realtà di ogni giorno. Magari, l’interesse in comune per determinati temi d’attualità può essere l’occasione per trovare un o una futura collega con cui sviluppare un progetto di ricerca.

Hai già svolto il tirocinio formativo?

Ancora no, ma mi piacerebbe fare questa esperienza nell’ambito dell’insegnamento di Sociologia del territorio, al ritorno dalla Tanzania.
Per cominciare a mettere in pratica ciò che ho studiato ho pensato, infatti, di conciliare il volontariato con gli obiettivi della mia formazione. Ho letto un annuncio della onlus “Studenti senza frontiere”, che cercava due ricercatori sociali per un progetto della durata di due mesi, la mia candidatura è stata accolta e – chissà – magari al mio ritorno l’Università potrà riconoscere anche questa esperienza come attività formativa.

Tornato a Urbino seguirai le lezioni in presenza, ma cosa puoi raccontarci della didattica online?

Chiaramente le lezioni in presenza sono fondamentali, tuttavia, nella situazione di emergenza generale che abbiamo vissuto devo dire che l’esperienza è stata positiva. I docenti hanno continuato a seguirci e a dimostrare la stessa disponibilità che ci offrivano in aula, e noi studenti abbiamo trovato il modo di fare gruppo anche online. Ho fatto amicizia, ad esempio, con le ragazze e i ragazzi che con me hanno partecipato a un progetto di ricerca sulla monogamia nell’ambito di un laboratorio e devo dire che la possibilità di condividere la stessa passione per la sociologia, di porci le stesse domande, di sentirci tutti i giorni e di lavorare per uno stesso obiettivo, con le stesse motivazioni, è stato bello e coinvolgente.

È stato bello anche vincere il premio Studenti Meritevoli?

Sì, bellissimo! Mi sono impegnato molto: lavoro come cameriere in un ristorante e conciliare questa attività con lo studio non è stato facile, però ho sempre studiato tanto non solo per dare l’esame, ma per imparare, per capire e dare sempre il massimo. Quindi questo premio, che è un riconoscimento alla fatica che ho fatto, è stato una grande soddisfazione.

Fai ricerca sociale anche lavorando?

Ebbene sì! Il ristorante è un punto privilegiato da cui osservare varie dinamiche sociali e studiarle quotidianamente. Quindi sì, anche quando lavoro faccio ricerca sociale!

 

 

Pin It on Pinterest

Share This