Per sostenere e ringraziare i medici, gli infermieri, i farmacisti e tutto il personale sanitario ovunque impegnato nella lotta al Coronavirus, il Laboratorio di Tecnologia Farmaceutica della Scuola di Farmacia ha stampato in 3D e consegnato all’Ospedale di Urbino un primo lotto di dispositivi di protezione individuale.
Ne parliamo con il Professor Luca Casettari, docente di Tecnologia e legislazione farmaceutica e coordinatore del Pharma Tech Lab.

 

 

Professor Casettari, com’è nata l’idea di stampare in 3D i dispositivi di protezione per gli operatori sanitari dell’Ospedale di Urbino?

L’idea è nata dal desiderio di contribuire al contenimento dell’emergenza. La carenza di dispositivi di protezione che consentano agli operatori sanitari di lavorare in sicurezza è un fatto indiscutibile, e da più parti segnalato. Per cui, quando ci siamo chiesti in che modo avremmo potuto fare la nostra parte, abbiamo cominciato a riflettere proprio partendo da questa evidenza.

 

Inoltre, da circa un anno il laboratorio di Tecnologia Farmaceutica, da me coordinato e afferente alla Scuola di Farmacia e al Dipartimento di Scienze Biomolecolari, ha inaugurato una nuova linea di ricerca dedicata all’applicazione della tecnologia di stampa 3D in ambito formulativo e ha acquistato, grazie ai finanziamenti messi a disposizione dall’Ateneo attraverso il bando dedicato alla ricerca scientifica, un estrusore e una stampante 3D basata sulla tecnologia FDM.

 

Quindi, non abbiamo fatto altro che seguire l’onda di quel “movimento” internazionale a cui partecipano startup, imprese, Università e istituti di ricerca che stampano e donano ai presidi ospedalieri diverse tipologie di additive manufacturing: dagli schermi protettivi, alle valvole per maschere respiratorie e a molto altro.

Mattia Tiboni, Dottorando di ricerca in Scienze di base e applicazioni

E avete optato per un dispositivo di protezione facciale.

Sì. Abbiamo realizzato per l’Ospedale di Urbino una serie di visiere protettive, lavabili e utilizzabili più volte, che gli operatori sanitari possono indossare sopra la mascherina e gli occhiali.
Il Dr. Dimitrios Lamprou, mio collega della Queen’s University di Belfast che si occupa – anche lui – di stampa 3D in ambito sanitario, mi ha inviato il disegno del supporto dello schermo protettivo.

 

Tutti i materiali utili sono stati forniti da Prosopika: la startup innovativa, nonché spin-off dell’Università di Urbino, attiva nella ricerca e nella produzione di cosmetica avanzata e personalizzata di cui sono cofondatore.

 

Dopodiché, il lavoro di stampa tridimensionale del supporto che sostiene la visiera, e di assemblaggio delle altre parti che compongono il dispositivo è stato svolto da Mattia Tiboni: il nostro Dottorando di ricerca in Scienze di base e applicazioni (Curriculum scienze chimiche e scienze farmaceutiche). Mattia, che studia lo sviluppo di nuove forme farmaceutiche attraverso tecnologia 3D e microfluidica, ha davvero dato un contributo fondamentale a tutta l’impresa.

Qual è il messaggio non scritto che ha accompagnato la consegna delle visiere protettive?

Un grande ringraziamento a tutto il personale sanitario, in particolare ai medici di famiglia e a quelli in corsia, agli infermieri e ai farmacisti sia territoriali, sia ospedalieri per il prezioso lavoro che stanno svolgendo in questo momento di grande difficoltà che affligge la nostra comunità.

Prosopika, spin-off di Uniurb, ha donato all’Ospedale di Urbino anche il gel igienizzante per le mani, è esatto?

Esatto. Attraverso Prosopika abbiamo donato e continueremo a donare il gel igienizzante mani all’Ospedale di Urbino. Lo stesso gel lo abbiamo prodotto e distribuito ai dipendenti del nostro Ateneo nei mesi scorsi, utilizzando i materiali di cui disponeva il laboratorio didattico galenico della Scuola di Farmacia attraverso la strumentazione presente nel laboratorio dello spin-off, che ha sede a Fossombrone.

Quali sono le principali linee di ricerca sviluppate nell’ambito del Laboratorio di Tecnologia Farmaceutica Pharma Tech Lab?

Nell’ambito del laboratorio di ricerca ci occupiamo dello sviluppo di forme farmaceutiche innovative in grado di controllare il rilascio dei principi attivi, e di veicolarli in modo più specifico solamente verso il tessuto malato, così da salvaguardare il tessuto sano e ridurre gli effetti collaterali.

 

Lavoriamo con eccipienti e materiali polimerici, formulando sistemi convenzionali e innovativi e sperimentando tecnologie che vanno nella direzione della terapia personalizzata e guardano al futuro, come il 3D printing che anche nella farmaceutica troverà un importante campo di applicazione.

 

Un complesso di conoscenze nuove, insomma, che dobbiamo necessariamente implementare attraverso il finanziamento dei progetti, il coinvolgimento di nuovi talenti e la creazione di reti di ricerca allargate.

Pensa soprattutto a un network di ricerca internazionale?

Penso alla possibilità di creare nuove sinergie con i colleghi di Urbino. Sarebbe importante creare una rete interdisciplinare di docenti, ricercatori e tecnici disposti a mettere in gioco e in condivisione il proprio know-how, e il proprio punto di vista.

 

E poi certo, penso all’estensione di quel network nazionale e internazionale che negli anni stiamo costruendo. Collaborazioni con colleghi stranieri grazie alle quali, ad esempio, molti laureandi iscritti ai corsi di laurea in Farmacia e in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche riescono a svolgere all’estero il lavoro di ricerca di supporto alla propria tesi sperimentale.

 

Sono molti i tesisti di cui sono relatore che ogni anno partono per mete come l’Europa, l’Australia, il Canada, Hong Kong. Tutti ragazzi e ragazze in gamba, molto apprezzati, che si formano, pubblicano su riviste scientifiche internazionali e vivono un’importante esperienza di vita e professionale.

I nuovi talenti!

Certo! Il contributo dei giovani è estremamente importante. Purtroppo, negli ultimi dieci anni si è registrato un dimezzamento del numero di posti di dottorato finanziati da borse di studio, a livello nazionale. L’emergenza che stiamo attraversando spero spinga il Paese a tenere bene a mente la lezione che stiamo imparando e, cioè, che la ricerca dovrebbe essere l’investimento maggiore per gli anni che verranno. Spero davvero che l’Italia punti sui giovani, per formarli e garantire a chi merita e dimostra impegno e competenze uno sviluppo di carriera il più certo possibile.

Ricerca e innovazione tecnologica sono anche “il cuore pulsante” di Prosopika, lo spin-off del nostro Ateneo di cui è cofondatore.

Sì. Prosopika si occupa di consulenza e di produzione in ambito cosmetico. L’azienda è nata nel 2018, e oltre a me comprende tre soci: Giulia Curzi, Daniel Casarin e Raffaella Campana.
Le tecnologie innovative dello spin-off sviluppano prodotti di cosmesi personalizzati e di alta qualità. Per cui, tutti i processi che lo governano si fondano senz’altro sulla ricerca scientifica e sono fortemente orientati all’interazione con le imprese locali.

 

In effetti, lavoriamo con grande impegno alla creazione di partnership con le aziende del territorio, per sostenere la ricerca stessa e per fare in modo che la conoscenza generata nei laboratori dell’Ateneo diventi sempre più funzionale al raggiungimento di obiettivi produttivi misurabili, in termini di crescita economica e sociale del Paese.

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