Manoscritti invisibili: il sistema a raggi UV per scovarli

Ermindo Lanfrancotti e la professoressa Molinari allo scanner planetario che digitalizza i volumi.

“La ricerca – spiega Ermindo Lanfrancotti – è stata avviata nel 2012 e nasce dalla collaborazione con il professor Alberto Carini, allora docente di Digital signal and image processing presso l’Università degli Studi di Urbino. Si tratta di un lavoro con un nome articolato: Analisi multispettrale non invasiva mediante radiazione ultravioletta per il rilevamento di scritture sbiadite e non più visibili in manoscritti antichi su supporto pergamenaceo. Abbiamo creato e sviluppato un sistema di acquisizione digitale di manoscritti antichi su supporto pergamenaceo. Gli studi condotti e la sperimentazione approntano una metodologia di indagine non invasiva in grado di captare i tratti scrittori scomparsi o non più visibili. L’intuizione è stata quella di sfruttare le proprietà della fluorescenza e della fosforescenza dei materiali scrittori presenti nella pergamena ed in parte assorbiti dalla membrana epidermica utilizzando fonti di luce ultravioletta. In questo modo, grazie alle tecniche informatiche di acquisizione digitale ad alta risoluzione ottica e attraverso il post-processing delle immagini, è possibile captare il contenuto di un testo. Il principio è che materiali diversi, in questo caso gli inchiostri “intrappolati” nei documenti, se esposti a raggi UV, hanno una fluorescenza diversa, che dipende dalla loro composizione chimica. Nel dettaglio, sono i sali metallici e altre sostanze presenti che favoriscono questa reazione facilmente captabile e registrabile in ambienti oscuri. Le fasi di post-elaborazione danno infine risultati eccellenti in termini di resa qualitativa. Attraverso algoritmi di filtraggio possiamo in effetti aumentare la definizione dei caratteri ed enfatizzarne il contrasto, eliminando le componenti di colore ritenute superflue e ricostruendo virtualmente il colore originario delle scritture”.

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