Lo scorso 4 marzo il Consiglio degli Studenti di Uniurb e l’Associazione studentesca Agorà hanno organizzato una manifestazione per dire no alla guerra in Ucraina. Una tragedia di dimensioni non misurabili che riverbera i suoi primi effetti sul nostro quotidiano stare al mondo. In questa nuova, inquietante, condizione di anormalità esistenziale, ci è parso importante provare a capire come si stia modificando la percezione dei giovani del nostro Ateneo rispetto al dramma che si consuma nel cuore dell’Europa. Come vivono questo successivo balzo verso una nuova paura che arriva al termine stagionale della lunga notte del Covid? A quali risorse emotive fanno ricorso per affrontare l’ennesima minaccia incombente?
Ne abbiamo parlato con Federica Titas, Presidente del Consiglio degli Studenti di Uniurb.

 

 

Federica Titas

Federica, anche gli studenti di Uniurb hanno manifestato per la pace in Ucraina.

Sì. L’idea della manifestazione si è concretizzata anche grazie alla proposta di un giovane collaboratore della Protezione Civile di Urbino e di uno studente di Scienze Motorie del nostro Ateneo che hanno suggerito al Consiglio degli Studenti di organizzare un evento ad hoc per segnalare il dissenso della comunità universitaria di Uniurb rispetto all’invasione russa in Ucraina.

 

Come Consiglio e come Associazione Studentesca Agorà ci siamo detti subito favorevoli perché, già da qualche giorno, stavamo discutendo e valutando la formula più adatta all’iniziativa che avevamo in programma di realizzare per dire no alla guerra. L’interesse e la partecipazione attiva di uno studente esterno sia all’Associazione, sia al Consiglio oltre a sorprenderci positivamente ha accelerato la realizzazione della manifestazione.

Quanto conta per voi prendere una posizione rispetto al conflitto e dichiararla?

Tantissimo. Attraverso questa iniziativa abbiamo voluto far sentire la nostra voce e dichiarare, come hanno fatto di recente il Senato Accademico dell’Università di Urbino e il Rettore Giorgio Calcagnini, la nostra solidarietà al popolo ucraino. Come Presidente del Consiglio degli Studenti l’ho fatto simbolicamente anche incontrando una studentessa ucraina del nostro Ateneo che conosco da diverso tempo e con la quale, a nome di tutti gli studenti di Uniurb, ho condiviso il sentimento di grande vicinanza alla sofferenza dell’Ucraina che in questi giorni proviamo, e la volontà di offrire tutto il sostegno che ci sarà possibile portare.

La vostra generazione si confronta per la prima volta con una guerra che si combatte in Europa. Come state vivendo questo momento drammatico?

Siamo pienamente consapevoli di ciò che succede. Il fatto è che dopo due anni di stress da pandemia, una guerra non ce l’aspettavamo proprio. Aggiunge fatica alla fatica e alle preoccupazioni che abbiamo accumulato e mai smaltito. Ci fa davvero male pensare ai civili e ai soldati, anche russi, che ogni giorno perdono la vita senza ragione. Seguiamo i notiziari sperando nei corridoi umanitari, in generale abbiamo paura per chi fugge, per chi resta e per noi stessi.

 

Sappiamo che l’attacco di Putin è illegittimo, ogni giorno leggiamo di città attaccate e bombardate, viviamo pensando che tutto può succedere. Anche in Italia. E tra le minacce possibili non escludiamo quella nucleare. Uno studente qualche giorno fa mi ha detto: probabilmente comprerò le pillole di iodio anti-radiazioni.

Immagino che a preoccuparvi siano soprattutto le conseguenze più immediate del conflitto e delle sanzioni imposte alla Russia.

Certo, temiamo molto le ripercussioni sul nostro futuro. Io stessa quando mi chiedono cosa farai dopo la laurea, rispondo “quello che mi permetterà di fare Putin”. Prima del 24 febbraio, l’idea era di fare un tirocinio al Parlamento Europeo, adesso non sono più sicura di riuscire a realizzarla. Vivo, anzi, viviamo nell’incertezza, un po’ come se avessimo perso tutti i nostri punti di riferimento. Per non parlare del peso della crisi economica che incombe e che tocchiamo già con mano quando dobbiamo pagare le bollette.

 

Avevo messo da parte dei soldi per il tirocinio di cui dicevo, ma li sto usando per far fronte al rincaro di luce e gas. Insomma, l’insieme di tutte le notizie a cui siamo quotidianamente esposti ci procura un senso di impotenza, ma anche di sdegno verso ciò che sta accadendo. Non riusciamo a capire il senso di questa tragedia, che nessuna motivazione ideologica, politica o economica potrà mai giustificare.

Come state affrontando questa nuova sfida emotiva?

Parlando molto e frequentemente dell’argomento tra noi studenti, siamo arrivati alla conclusione che l’unico modo che abbiamo per non arrenderci al senso di impotenza e frustrazione è darci da fare. Stiamo cercando di reagire concretamente all’orrore del conflitto pensando ad azioni di sostegno da mettere in campo al più presto, nel nostro piccolo. Molti ragazzi dell’Ateneo ci hanno proposto di aprire una raccolta fondi e di beni di prima necessità da mandare in Ucraina, insieme ci stiamo muovendo in questa direzione.

 

Potremmo, ad esempio, ricavare un vantaggio importante dall’iniziativa commerciale che il Conad Superstore di Urbino, in via Sasso, dedica alle studentesse e agli studenti di Uniurb – e che prevede un coupon omaggio da 6 euro per ogni 50 euro di spesa – proponendo loro di utilizzare i coupon per acquistare prodotti alimentari per l’Ucraina.
Siamo una piccola comunità universitaria e forse ciò che faremo sarà solo una goccia nel mare degli aiuti umanitari, oppure – e ce lo auguriamo – il nostro impegno sarà una delle tante gocce che insieme faranno un oceano.

 

 

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