Il 25 marzo è il Dantedì, la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. Un’occasione speciale in cui anche l’Università di Urbino ha reso omaggio al Sommo Poeta nell’Aula Magna del Rettorato. Claudia Sebastiana Nobili, Professoressa Ordinaria di Letteratura italiana all’Università di Bologna, ha aperto la conferenza: Un best seller del Medioevo. La fortuna della Commedia nel Trecento. Subito dopo, Ilaria Tufano, docente di Filologia e critica dantesca e curatrice dell’evento, ha offerto amplificazioni e commenti sul tema. La lettura del Canto X del Paradiso e le considerazioni di sintesi affidate ad Antonio Corsaro, Professore Ordinario di Letteratura Italiana dell’Università di Urbino, hanno concluso l’iniziativa di studio e divulgazione, fruibile sul canale Youtube di Ateneo.
Professoressa Tufano, per noi di Uniurb il 25 marzo è un giorno molto atteso!
Sì, c’è sempre un bel fermento nei giorni che precedono il Dantedì e, soprattutto, nella giornata dedicata alle celebrazioni. Per l’Università di Urbino il 25 marzo rappresenta un’occasione preziosa per festeggiare Dante e parlare della sua vita e della sua opera e, insegnando Filologia e critica dantesca, mi sento investita di questa responsabilità e di questo onore. Oggi ho condiviso il privilegio con la Professoressa Claudia Sebastiana Nobili, Ordinaria di Letteratura italiana all’Università di Bologna, e con il Professor Antonio Corsaro, titolare della cattedra di Letteratura Italiana nel nostro Ateneo.
La Professoressa Nobili ha tracciato una sorta di mappa della fortuna editoriale della Commedia nel 1300, è esatto?
Sì, la Professoressa Nobili si è occupata soprattutto della tradizione del testo, e ha mostrato e commentato i manoscritti principali del Trecento che recano il testo della Commedia da cui si è evinta l’immediata diffusione e fama che Dante ebbe a poco dalla morte.
Si è soffermata poi sui “Danti del Cento“, vale a dire su una serie di codici della Commedia, considerati inizialmente ad opera di un unico copista, Francesco di Ser Nardo. Sono testi che si definiscono “dei Cento” perché così scrisse Vincenzio Borghini, filologo e scrittore del ‘500: «e si conta d’uno che con cento Danti ch’egli scrisse, maritò non so quante sue figliuole; e di questo se ne trova ancora qualcuno, che si chiamano “di quei del cento”, e sono ragionevoli, ma non però ottimi».
Anche Boccaccio ha occupato un posto preciso nel discorso complessivo.
Sì. La Professoressa si è occupata anche di Boccaccio come copista e interprete di Dante, attraverso l’analisi di tre manoscritti autografi: un codice Toledano che risale agli anni ‘50 del Trecento, e un Riccardiano e un Chigiano databili agli anni ‘60. Credo sia stato interessante per la platea osservare in che modo l’amore per il Maestro e la conoscenza profonda dell’opera dantesca siano riusciti a stringersi, in un eccezionale intreccio, con la produzione di Boccaccio intellettuale.
Perché anche quest’anno un canto del Paradiso è stato protagonista della lettura, affidata alla voce del Professor Antonio Corsaro?
Il Professor Corsaro ed io abbiamo scelto di concentrarci sul canto X del Paradiso perché offre uno spunto importante che ci permette di riflettere sul rapporto fondamentale tra autore e lettore, e sull’impatto della Commedia. Sappiamo bene che tutto il Poema è attraversato da sollecitazioni che chiamano in causa chi legge e si dispongono secondo un preciso progetto comunicativo. In Paradiso X le terzine: “Or ti riman’, lettor, sovra ’l tuo banco, /dietro pensando a ciò che si preliba, /s’esser vuoi lieto assai prima che stanco” sembrano comporsi con un intento metatestuale. Danno, cioè, l’idea che Dante anticipi e si prefiguri le reazioni dei lettori: prima di essere stanchi saranno lieti perché leggeranno, ascolteranno e chioseranno un’opera che per bellezza e intensità concederà loro un senso di pienezza.
“Lieti” sono sembrati anche gli ospiti – e in particolare i giovani – presenti oggi nell’Aula Magna del Rettorato!
Ho avuto la stessa impressione e ne sono contenta. Dante è trasversale, conquista tutte e tutti. Quest’anno ho tenuto un corso sulle Rime dantesche, analizzando soprattutto le “petrose” che hanno una certa carica erotica e offrono un’idea di Dante diversa da quella suggerita dall’antica vulgata, e devo dire che le studentesse e gli studenti hanno apprezzato il ciclo di lezioni. Stiamo parlando di un poeta che è “sommo” e continua a piacere, non a caso in tanti chiedono la tesi in Filologia e critica dantesca che, peraltro, è un insegnamento non del secondo ma del primo anno del corso di laurea magistrale in Lettere Classiche e Moderne. Segno che Dante travalica i secoli e parla in modo misterioso ai giovani.