Se per una manciata di minuti fossimo le vite degli altri, potremmo rispondere alla domanda: cosa facciamo quando facciamo ricerca all’estero? Cosa diventiamo quando le nostre professioni stentano ad accomodarsi nell’approdo sicuro di un punto fermo e galleggiano sopra una schiuma di puntini che ne sospende ogni ipotesi di realizzazione in Italia? La vita che oggi proviamo ad essere è quella di Valentina Carbonaro, ex studentessa della Carlo Bo oggi PhD al Cancer Research UK del Cambridge Institute (CRUKCI).
Ventisette anni, laurea triennale in Analisi Chimico-Biologiche e Laurea Magistrale in Biologia Molecolare, Sanitaria e della Nutrizione, dallo scorso luglio Valentina è nel team di un progetto che apre frontiere nuove alla ricerca immonulogica anti-cancro.
A Cambridge è arrivata nel 2013 grazie al Progetto Leonardo e dopo un tirocinio di sei mesi al Babraham Institute Laboratory of Lymphocyte Signalling and Development è diventata, presso lo stesso Istituto, Research Assistant. Da qui al Cancer Research UK il passo è stato breve.
“Amo Cambridge. È una città grande a sufficienza per trovare tutto quello che serve. È vivibile, non caotica e il campus in cui lavoro si trova a circa sei miglia dalla città, disperso nel rigoglioso verde inglese. Tutte le mattine salgo in macchina e attraverso la campagna come fosse quella del Montefeltro che portava al campus scientifico Sogesta di Urbino e un po’ mi sento a casa”. Diciamolo subito, Valentina ha due “case”: Foggia la sua città di origine e Urbino quella di adozione.
Ascoltarla raccontare dei luoghi che ospitano le sue ricerche nel Regno Unito è come entrare nella tana del Bianconiglio: una processione di Citometri high tech, Spettrometri di Massa come se piovesse, drappelli di microscopi costosissimi e il suo bench: un grosso tavolo da lavoro sul quale campeggia una schiera di personalissime pipette! E l’autoclave? Chiede lei al tutor. Altrove, cara, dove il personale preposto provvede alla sterilizzazione degli strumenti di laboratorio e prepara tutte le soluzioni di base per i tuoi esperimenti. Della sua prima settimana di training la parola che ricorda meglio è “spreco”. La preoccupazione di consumare invano i reagenti è l’ossessione che le scombina i pensieri per un po’. Almeno fino a quando l’inseparabile tutor non le suggerisce di immaginare lo “spreco” come un prezioso modo di apprendere. Ecco, appunto, il paese delle meraviglie.
Non per la cucina s’intende! La buona tavola è una delle passioni che Valentina cerca di assecondare in Inghilterra, ahinoi senza successo. “Da quando sono qui provo disperatamente a ritrovare il gusto dei piatti della mia terra, ma le materie prime disponibili non reggono il paragone”. Le parentesi di tempo tra esperimenti scientifici e gastronomici ama riempirle di yoga e interminabili passeggiate, come quelle di qualche tempo fa lungo i portici del centro storico di Urbino.
Alla Carlo Bo il tirocinio è stata la sua “prima vera esperienza lavorativa” nel gruppo di ricerca del Professor Franco Canestrari della Sezione di Biochimica Clinica e Biologia Cellulare del Dipartimento di Scienze Biomolecolari.
“La collaborazione con la Dottoressa Serena Benedetti e la Dottoressa Simona Catalani è stata un’esperienza che mi ha arricchito personalmente e professionalmente. Grazie al loro immancabile supporto ho costruito quel know-how fondamentale che si è rivelato senz’altro funzionale alle mie ricerche inglesi. Certo, l’ambito in cui lavoro oggi non è lo stesso, ma tutto ciò che ho imparato frequentando la Sezione di Biochimica Clinica di Urbino mi ha permesso di essere autonoma velocemente, di iniziare a produrre e a capire i risultati degli studi e di impostare il report scientifico conseguente, un documento che da quando sono a Cambridge produco ormai d’abitudine”.
Non sa ancora dire quando, ma prima o poi Valentina tornerà a fare ricerca in Italia. Evidentemente la mobilità internazionale dei talenti è un’opportunità alla quale i foreign professionals non vogliono rinunciare. “Tutti dovremmo trascorrere un certo periodo all’estero: apre la mente, cancella ogni forma di pregiudizio, permette il confronto con altre culture e con la parte più profonda di noi stessi”.
E consente retribuzioni adeguate. Questo perché al di fuori dei confini nazionali gli investimenti in ricerca e sviluppo sono consistenti oltre che prioritari, mentre in Italia dal 2008 a oggi, i fondi stanziati dal governo per il finanziamento alle Università sono diminuiti del 20%.
“Posso certamente dire che con strumenti e tecnologie avanzate e budget considerevoli è senza dubbio meno complicato produrre risultati. In Italia, e penso al gruppo col quale ho lavorato a Urbino, la forza della ricerca è la forza delle persone che la fanno. La forza dell’impegno e delle competenze che permette loro di raggiungere esiti di eccellenza nonostante le insufficienti risorse pubbliche”.
Quindi, sì, un giorno tornerà in Italia, ma intanto la sua vita è a Cambridge e stasera il menu della cena con gli amici del campus prevede pizza: senza ananas, per favore!
Immagine in evidenza: Rodion Kutsaev