Marianna Mazzotta ha portato a termine il corso di laurea triennale in Sociologia e Servizio Sociale meno di un anno fa. Laurea l’1 ottobre 2018. Quasi alla prima tappa del primo anniversario ci ha fatto capire che cos’è un percorso formativo universitario visto dalla sua prospettiva.
Parto dal presupposto che la sociologia mi è sempre piaciuta, anzi ne sono innamorata; vengo dal Liceo delle scienze umane. Eppure la sociologia che conoscevo era completamente diversa da quella che conosco ora. Prima percepivo un abisso tra me e la società, che era un’entità incontrollabile e misteriosa.
Oggi?
Ho capito che siamo noi a creare e a trasformare la società, non è qualcosa che accade lontano da ciò che facciamo. Diciamo che ho familiarizzato con il concetto stesso di società.
Da dove proviene questa tua passione per la sociologia?
Proprio questa mia concezione di società, come di qualcosa di molto grande, sproporzionato rispetto all’uomo, mi ha sempre incuriosita e mi ha sempre invitata alla speculazione.
Quali sono gli insegnamenti che, in modo particolare, ti hanno fatto fare questo salto di paradigma?
Studiando Antropologia sociale (oggi Antropologia politica) ho definitivamente compreso che la società siamo noi, siamo noi a creare le regole di convivenza, siamo noi a trasformarla con i nostri comportamenti. Anche nelle piccole cose sarebbe bello tenere sempre presente che ogni piccola azione condiziona tutto.
Una lezione importante.
Direi la lezione fondamentale che il corso in Sociologia e Servizio Sociale mi ha lasciato, da trasferire anche nella vita di tutti i giorni.
Come hai scelto Urbino?
Il primo elemento di cui ho tenuto conto è stata la dimensione. Non volevo la grande città, la metropoli, ma un luogo – come si dice – a misura d’uomo. Secondo elemento, le classifiche Censis. L’ottimo posizionamento dell’Università di Urbino mi ha confermato nella mia scelta, quindi mi sono iscritta. Ah, non prima di aver visitato la città.
Impatto?
Mi piacque tantissimo.
Come hai vissuto questi tre anni?
Serenamente. Non c’è caos, non c’è stress, giusta dose di distrazioni. La città, non a caso, viene definita ideale: tutti ti conoscono, tu conosci tutti, proprio un bel contesto per uno studente.
Come è proseguita la tua carriera?
Attualmente sono iscritta al corso di laurea magistrale (biennale) in Marketing e Comunicazione per le Aziende.
Hai scelto di virare.
In realtà ho scelto di portare le conoscenze e competenze acquisite in questo nuovo percorso e mi sono accorta, giorno dopo giorno, quanto sia importante la sociologia per avere una chiave di lettura anche in ambiti apparentemente distanti. Non ho abbandonato la sociologia, no. L’ho impiegata in altro modo, d’altra parte le metodologie di indagine del marketing sono sociologiche. Questa mia scelta può essere un consiglio per chi si sta sintonizzando adesso con questo corso: la sociologia, ripeto, è una chiave di lettura che apre tante serrature.
Una caratteristica dell’ambiente di studio urbinate?
Stimolante e partecipativo. Il numero di studenti, quello giusto, ti permette un continuo scambio idee e opinioni con docenti e colleghi, quindi di sviluppare un pensiero sano e critico. Tutto ciò rimane nel tempo: passa quello che hai studiato al capitolo tal dei tali, per l’esame x. Resta l’apertura mentale nata dal confronto. Resta, e questo è un risultato del lavoro di gruppo, la capacità di esporre in pubblico, di sostenere le proprie convinzioni, resta la sicurezza e la fiducia in se stessi.
Una caratteristica della struttura del corso?
La suddivisione in due classi di laurea: Sociologia e Servizio sociale. Inoltre qui a Urbino il primo anno e il secondo anno sono comuni. Questo ti da la possibilità di capire meglio quale delle due classi di laurea scegliere il terzo anno.
Il tuo tirocinio?
Ho affiancato il professor Eduardo Barberis in un’indagine di ricerca. 450 ore di attività. Si trattava del Progetto Presidio di Caritas Italiana.
Tema?
Lo sfruttamento del lavoro agricolo stagionale. Io ho svolto interviste telefoniche agli operatori dei presidi Caritas che si occupano del problema e lavorato alla pulizia del database quantitativo Caritas.
Che cosa intendi per pulizia del database?
Dai dati raccolti ho selezionato quelli che potevano fornire informazioni utili sull’esistenza o meno di un contratto regolare di lavoro, oppure per capire la provenienza dei lavoratori. Il materiale raccolto ha dato vita ad un volume, che è anche frutto del mio contributo! Un’esperienza appassionante: il docente mi ha coinvolto in tutte le fasi di ricerca e di analisi dei dati. Altra nota positiva, il team di lavoro interdisciplinare.
Tesi su?
La mia tesi l’ho scritta a partire dal materiale raccolto durante l’indagine di ricerca, che mi è valsa come tirocinio. Mi sono concentrata però sul tema del caporalato.
Spiega il termine caporalato a chi non lo ritrova immediatamente nel proprio vocabolario.
Ok. Il caporalato è un fenomeno distorsivo del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il caporale è un intermediario che trae profitto dalla condizione di svantaggio dei lavoratori agricoli, spesso immigrati e privi di tutele. Ne trae vantaggio, creando vantaggio alle aziende. La questione ha anche profili più complessi; si parla infatti di caporalato etnico. Il caporale è, in sostanza, della stessa nazionalità dei lavoratori che, in questo modo, sono indotti ad affidarsi totalmente a lui.
Conoscevi già l’argomento prima di affrontarlo per la tesi?
No, pur essendo di Lecce, dove il caporalato è un problema presente, non conoscevo l’argomento. È stato il tirocinio a farmelo scoprire.
Un testo importante della tua libreria personale?
Modernità e olocausto, di Zygmunt Bauman. C’è dentro il tentativo di comprendere l’agire umano in base al contesto.
Il giorno della tua laurea in un aggettivo?
Bellissimo. Un giorno impastato di pianto. Temevo che mi si sarebbe abbattuta addosso un’ansia terribile, non è stato così. La soddisfazione più grande? Il momento della discussione. Sì, la discussione è la cosa più bella: tu che parli, i prof che ti ascoltano…
Quando non studi, non leggi Bauman, non pensi alle grandi trasformazioni sociali, che fai?
La mia passione “storica”, al momento interrotta, è la danza. Il mio tempo libero a Urbino è fatto di lunghe passeggiate. La natura e i panorami mi rilassano tantissimo. Guardo le serie tv, tante serie tv, troppe serie tv. Adesso è il turno di Peaky Blinders.
Augura qualcosa a qualcuno.
Faccio un grande in bocca al lupo alle matricole Uniurb, a chi sta per compiere un passo importante per la propria vita. Studiate per voi stessi e non perdete mai la voglia di ascoltare gli altri!