Un’immagine notturna di Sofia. Al centro la cattedrale ortodossa di Aleksandăr Nevski.

Dal 5 gennaio 2021 ha assunto le funzioni di ambasciatrice d’Italia in Bulgaria. Stiamo parlando di Giuseppina Zarra, tra le poche donne nel nostro Paese a ricoprire questo incarico. Nata a Salerno, si è formata all’Università di Urbino, dove si è laureata in Scienze politiche. Oggi si descrive come “il frutto di quella indimenticabile esperienza, una figlia del migliore Rinascimento”. In 14 risposte la sua storia, le sue idee, i suoi progetti di collaborazione con Uniurb, Ateneo impegnato da tempo nelle collaborazioni e nelle partnership internazionali.

1. La sua carriera diplomatica è iniziata a Urbino. In che modo questa scelta è stata importante per il suo futuro?

Direi determinante. A Urbino ho avuto modo di entrare in contatto con un’Università dinamica, flessibile e aperta. Il rapporto con i professori era quotidiano e fertile, in una dimensione che rende da un lato accessibile il docente, dall’altro più concreto e immerso nella realtà lo studio. Avevo scelto Urbino proprio perché a misura di studente, per il fatto che qui è lui il centro dell’organizzazione e non un utente passivo. Non nascondo che mi affascinava anche l’idea di studiare in una delle città più belle al mondo, nella culla dell’Umanesimo e del Rinascimento. Non solo dal punto di vista artistico e architettonico, ma anche per l’idea dell’uomo fulcro dell’universo e della conoscenza. Posso dire tranquillamente che sono anche il frutto di quella indimenticabile esperienza, una figlia del migliore Rinascimento.

2. C’è qualcosa del suo percorso formativo o della città di Urbino a cui le capita di ripensare frequentemente?

Un paio di aspetti in particolare: il primo, l’attenzione con cui sono stata seguita dai docenti, sia nel corso degli anni che al momento di stesura della tesi. Fondamentale per me è stato capire quale scelta fare alla fine degli studi. In questo senso è stato importante studiare a Urbino. Qui hai modo e tempo di concentrarti sugli studi e anche la possibilità di conoscere te stesso in una comunità di studenti in via di formazione, non solo universitaria, ma umana. Qui ho conosciuto e amato l’economia, pur essendo iscritta al corso di studi di politica internazionale e ho deciso di fare la tesi in scienza delle finanze. Mi affascinava l’idea di un mondo astratto (sui grafici) in cui le variabili concorrono, nella teoria, a gestire il risultato in modo prevedibile. In teoria: poi il mondo reale è un’altra cosa e io ero più attratta dal mondo reale. Ho quindi riflettuto a lungo per arrivare a capire che in realtà mi interessava vivere e lavorare nelle relazioni internazionali. Sono riuscita a conciliare comunque i due interessi perché per anni, in varie vesti, mi sono occupata di negoziati finanziari internazionali.

3. Prima di ricoprire il suo attuale ruolo ha lavorato in tanti diversi Paesi. Il suo curriculum è un’enciclopedia di incarichi*. Quanto è standardizzato questo percorso e quali sono le tappe fondamentali per poter diventare ambasciatrice?

La carriera diplomatica è strutturata a tappe, a seconda del grado di carriera e delle varie promozioni, fino al grado apicale. Queste non sono automatiche, ma c’è un’identificazione tra grado della carriera e funzione (in linea di principio gli incarichi sono collegati al grado della carriera ricoperto, sulla base della normativa italiana che fa capo al DPR 18/67). Vi è tuttavia un grande margine di flessibilità, anche perché in media ogni 4 anni cambiamo posizione, luogo di lavoro, Paese e spesso ci candidiamo per posizioni diverse. È una carriera straordinariamente dinamica, un caso unico, fatta eccezione per la carriera militare. Consente una tale varietà nel quadro di un ordinamento molto strutturato.

4. La Bulgaria torna per la seconda volta nella sua biografia. È casuale oppure c’è qualcosa che la lega a questo Paese?

No, non è casuale. Quando mi sono candidata al ruolo di Capo Missione diplomatica all’estero, tra le sedi disponibili c’era anche Sofia e l’ho inclusa. È un Paese dove mi sono trovata molto bene, nonostante gli anni difficili appena dopo la fine del regime comunista. Qui ho tanti cari amici che ero desiderosa di ritrovare dopo tanti anni in cui sono cambiate molte cose.

5. Nella sua carriera ha lavorato a molti dossier che riguardano l’Italia. Si è occupata di cooperazione finanziaria ed economica, ma anche di mantenimento della pace. Quali sono le questioni più complesse che la diplomazia contemporanea si trova ad affrontare?

Non pretendo certamente di conoscere tutti i dossier e tutte le aree geografiche, ma anni di diplomazia multilaterale mi hanno confermata nella convinzione che il futuro, in un mondo sempre più complesso e multipolare, risiede nella capacità di un Paese di ritagliarsi un ruolo costruttivo, proponendo soluzioni multilaterali, agendo con l’obiettivo di tutelare i propri interessi e trovando compromessi accettabili per tutti, con l’obiettivo di evitare e risolvere conflitti. I diplomatici sono, per costituzione e formazione, costruttori di pace, ma senza peccare di ingenuità.

6. Più volte ha dichiarato che avrebbe voluto fare la giornalista ed effettivamente ha anche lavorato come corrispondente da New York per una testata irpina, sua terra d’origine. Sappiamo che le cose poi sono andate diversamente. Come è arrivata a capire ciò che veramente desiderava, a trovare la propria strada? Suggerimenti…?

Come ho detto prima, è stato un percorso di scoperta indotto dal clima molto favorevole che ha accompagnato i miei studi e che mi ha aiutata a capire la mia vera aspirazione, quella più adatta alla mia natura. Non esiste una risposta univoca, se non il vecchio detto socratico (sempre che Socrate l’abbia veramente affermato) “conosci te stesso”. Fai quello che ti piace e che ti fa crescere e non avere timore di cambiare.

7. Una delle prime cose che ha fatto dopo la sua nomina è stata tornare nella sua scuola elementare. C’è una figura, tra i banchi di scuola o tra le aule universitarie, che per lei è stata determinante?

Ci sono state figure importanti in senso positivo e in senso negativo, non direi determinanti. Professori e insegnanti fonte di ispirazione e riflessione. A volte anche di ribellione a un metodo e a una linea che non condividevo. L’insegnamento fondamentale è venuto dai miei genitori, che mi hanno educata a pensare, a porre e pormi domande.

8. Ha detto in un’altra intervista di essere appassionata di filosofia, di letteratura greca antica, di danza, di moda. Evidentemente riesce a tenere insieme molte cose nella sua vita. Sostiene inoltre che vada avviato un “rapporto più diplomatico” tra scienza e umanesimo, un’alleanza che ha molti validi sostenitori nella storia di Urbino.

Direi che serve un rapporto armonico e sinergico… la diplomazia c’entra poco. L’essere umano è un essere complesso e immerso nella natura, di cui è parte ma sulla quale interviene e dalla quale viene anche condizionato. Riflette sulla propria condizione ed esistenza e, grazie al metodo scientifico, impara dai propri errori. O almeno ci prova.

9. Chi sono i costruttori del “soffitto di cristallo”? 

I costruttori di barriere sono in genere persone che non vogliono cedere potere e tendono a escludere con discriminanti altre persone, a limitare gli accessi per ridurre la concorrenza. Agiscono, in definitiva, a danno di chi dovrebbe usufruire del loro lavoro e della loro azione. Escludere per secoli le donne dal mondo attivo e continuare a limitare con atteggiamenti pretestuosi la loro legittima aspirazione all’ascesa, è stato un modo molto comodo per limitare la concorrenza al 50% dell’umanità, con un danno incalcolabile alla crescita economica, civile e culturale.

10. Come si combattono?

I soffitti di cristallo si abbattono con trasparenza, apertura e pari opportunità, con politiche di promozione efficaci. Con un cambiamento culturale ed educativo basato però su un impianto normativo e sanzionatorio valido ed efficace.

11. Quali sono le collaborazioni possibili tra l’Ambasciata d’Italia in Bulgaria e l’Università di Urbino?

L’Ambasciata può costituire un tramite essenziale per promuovere la collaborazione tra l’Università di Urbino e gli atenei bulgari. Può fornire consigli, assistenza per scambi docenti e studenti, veicolare informazioni e mettere in campo azioni concrete per le collaborazioni dirette. Possiamo inoltre elaborare insieme progetti, anche a livello didattico, e indirizzare l’Ateneo, a seconda delle esigenze, nel miglior modo possibile. A Sofia abbiamo cattedre di italianistica, con lettori italiani, in due Università. Ma abbiamo anche importanti cattedre di slavistica. Non dimentichiamo che la cristianizzazione dell’Oriente, da parte dei santi Cirillo e Metodio e di san Clemente, è cominciata da questa porzione del mondo slavo e ci sono testi antichissimi slavo-bizantini da consultare per le ricerche. Oltre alla filologia, vi sono poi eccellenze in vari settori per scambi tra docenti o studenti, per progetti, programmi Erasmus eccetera.

12. Che cosa significa per lei “farcela” nella vita?

Premesso che è un’espressione che detesto, perché la vita si vive ogni giorno, fino alla fine e non “ce la si fa”, ma si ricomincia ogni giorno – sono convinta che non esista un punto di arrivo, ma una percorso da costruire con pazienza e impegno, a volte lineare, a volte incespicando, a volte cambiando – penso significhi realizzare un’aspirazione, vivere secondo i propri principi e in maniera coerente, imparare a convivere con gli altri e contribuire alla società in cui si vive, con dignità e onore e con la piena consapevolezza dell’importanza della propria funzione, anche piccola, facendo bene il proprio lavoro, a ogni livello. E se non si ottiene l’obiettivo prefissato, avere almeno la soddisfazione di averci provato.

13. Ha mai pensato ai rischi che si possono correre in Paesi colpiti da divisioni interne?

Chi affronta la carriera diplomatica ci pensa ogni giorno e a ogni candidatura. Fa parte della nostra missione e per questo cerchiamo di essere preparati, insieme a tutte le altre istituzioni dello Stato che lavorano con noi. Siamo sempre in prima linea a rappresentare il Paese, anche dove non ci sono pericoli evidenti. Per noi la bandiera è un simbolo sostanziale, rappresenta concretamente la Nazione: persone, ideali, valori, storia, cultura, progetti, lavoro, missione e visione di un insieme organico che chiamiamo Italia. È per questo che la rispettiamo e la onoriamo. Vorrei chiudere a tal proposito con un commosso ricordo dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, caduti in Congo: rappresentano in maniera emblematica i valori della diplomazia italiana e dell’Arma dei Carabinieri, che all’estero è sempre affiancata in ogni rappresentanza diplomatica. Il mio pensiero va anche all’autista congolese che li accompagnava. La loro uccisione per noi è stato un duro colpo. Mai era successo che un ambasciatore italiano fosse catturato e ucciso insieme a un carabiniere in un attacco. Per giunta un attacco a un convoglio delle Nazioni Unite, che in Repubblica Democratica del Congo ha una delle missioni di mantenimento della pace più numerose e complesse per struttura e mandato. Mi sono occupata per quattro anni, quando ero in servizio presso la Rappresentanza permanente d’Italia alle Nazioni Unite a New York, di peacekeeping e peacebuilding. Ho negoziato la partecipazione italiana in UNIFIL 2, nel sud del Libano, e conosco i rischi in certe zone del mondo.

14. Conosceva personalmente l’ambasciatore Luca Attanasio?

Sì, ci siamo incrociati varie volte in carriera. Era un collega entusiasta, propositivo, coraggioso e gentile, una persona ottimista e perbene, con un grande spirito di servizio per il Paese. Amava l’Africa ed era consapevole dei rischi che affrontava. All’ingresso dell’area visitatori dell’ONU, a New York, vi è un memoriale con la bandiera dell’ufficio delle Nazioni Unite a Bagdad, recuperata dopo il bombardamento in cui morirono l’ambasciatore Vieira de Melho e numerosi funzionari ONU. Su quel memoriale c’è scritto semplicemente Per la causa della pace: Luca e Vittorio sono morti per la pace, sono morti per l’Italia e noi non li dimenticheremo mai.

 

*L’ambasciatrice Giuseppina Zarra ha lavorato presso il Cerimoniale diplomatico della Repubblica e presso la Direzione Affari Economici, dove ha seguito i rapporti bilaterali con i Paesi del Medio Oriente, dell’Africa del Nord e del Golfo. È stata all’Ambasciata italiana a Sofia, poi segretario e consigliere all’Ambasciata d’Italia in Canada. È tornata a Roma alla Direzione generale per la cooperazione economica e finanziaria. Quindi di nuovo all’estero, a New York, per ricoprire l’incarico di primo consigliere presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite. Dopo un periodo al MAECI, come capo dell’ufficio I della Direzione generale per la mondializzazione e le questioni globali, e dopo essere stata consigliere diplomatico del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e consigliere diplomatico del Ministro per gli Affari europei, rientra alla Farnesina, Direzione generale per l’Unione europea. Nel frattempo, nel 2011, viene nominata Cavaliere ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Dal 5 gennaio 2021 è ambasciatrice d’Italia in Bulgaria.

 

Immagine in evidenza: Alexandr Bormotin

 

 

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