grafologia-uniamo-blogDiscutere di scrittura a mano nell’era digitale: si può, senza passare per antidiluviani tifosi del voto in bella grafia, quando ancora sul banco di scuola c’era il calamaio. Ultimamente si deve, aggiornando i dati sulle ultime ricerche condotte da Università americane, europee e da pedagogisti di tutto il mondo sull’importanza della scrittura manuale per l’apprendimento, la crescita armonica della persona e lo sviluppo delle facoltà cognitive e motorie. Ma anche per un’altra ragione che, di nuovo, fa di questo post un affare del tutto moderno: la recente campagna, partita proprio dagli Usa, per difendere la scrittura a mano e in particolare il corsivo. A spiegarcela è padre Fermino Giacometti, presidente dell’Istituto Grafologico Internazionale “Girolamo Moretti”, esperienza nata in Urbino nel 1970 e, grazie a Carlo Bo, entrata per la prima volta nell’orbita accademica prima come Scuola Superiore di studi grafologici, quindi come laurea triennale. Per poi uscirne (con una parentesi nella quale ha mutato pelle diventando Master) a seguito delle riforme ministeriali.

Nota bene: eviteremo qui di dire quello che è ormai è diffuso. E cioè che Steve Job, proprio lui, guru di tablet e tastiere, frequentò un corso di bella grafia. I motivi per cui debba essere materia di studio, di didattica, senz’altro di approfondimento, di attenzione da parte dell’Università per un avanzamento nella codificazione metodologica (a garanzia della replicabilità delle procedure) sono ben più profondi. Come lo è la disciplina, profonda fino a somigliare ad un’immersione marina. Un modo efficace per trovare fondali in agitazione sotto il filo teso dell’acqua.


 

Padre Fermino Giacometti

Padre Fermino Giacometti, presidente dell’Istituto Grafologico Internazionale “Moretti”

In principio fu Moretti, un nome divenuto un metodo. “Girolamo Moretti, francescano conventuale di Recanati, rese sistematico (a partire dal 1905) lo studio della grafologia. Quella morettiana/italiana – spiega padre Fermino – è una delle quattro scuole classiche. Ma si distingue nettamente sia da quella francese, che da quella svizzera (derivata da Carl Gustav Jung) e dalla tedesca”.

Cosa c’è all’origine di questo metodo?

Moretti, che si dedicò ai suoi studi per 58 anni, sviluppò una concezione unitaria della persona. Intuì che l’aspetto psicosomatico non è scindibile da quello dinamico, che il corpo è una componente della personalità.

Quindi si può affermare che l’aspetto dinamico, di cui la grafia fa parte, rivela quello psichico?

Sì, esiste un assioma: se avessimo due grafie identiche, una sarebbe sicuramente falsa. Scrivere è un comportamento assolutamente individualizzato e quando qualcuno compie questo gesto, che è tra i più complessi che esistano, mette in campo tutte le proprie caratteristiche. Non è tutto: siccome la persona è in continua evoluzione anche la scrittura lo è.

Il valore scientifico della grafologia in alcuni contesti è ancora messo in dubbio, perché?

Perché si chiede alla disciplina di arrivare ad una quantificazione dei fenomeni. Ciò non è possibile perché la quantità è un criterio che non le appartiene. Piuttosto procede per analisi qualitative.

Ovvero?

Lo studio grafologico non è standardizzabile, è un’indagine idiografica appunto. Lo stesso tratto grafico, combinando diversamente pressione, curvatura delle linee, ritmo del movimento ecc. configura tratti personali differenti. Per valutarli Moretti ha individuato ben 82 indici che vanno correlati tra loro.

Perché è necessario difendere la scrittura manuale e il corsivo?

Studi recenti ne attestano l’importanza. Scrivere in corsivo significa costruire sequenze complesse e questo educa al rapporto immagine/suono/movimento nell’attività psicomotoria. Partendo da ciò che diceva il pedagogista Piaget, che i bambini imparano facendo, si può allora concludere che il fare della scrittura è anche un percorso di apprendimento. Effettivamente la scrittura manuale stimola alcuni circuiti del cervello che davanti ad una tastiera non si “accendono”. Se scrivo una lettera dell’alfabeto su un foglio ne penso il disegno, ne identifico il suono e ne elaboro il movimento specifico. Ognuna avrà un corrispondente comportamento grafico. Sulla tastiera no: che sia una “c”, una “d”, una “f” pigerò semplicemente un tasto. La scrittura manuale inoltre, come dimostrano test effettuati sui bambini, migliora l’apprendimento, la capacità di esprimere concetti, di trovare sinonimi, di selezionare il lemma più adatto. Interiorizzando nuove informazioni e rendendole automatismo costituisce essa stessa un apprendimento. Quando impariamo ad esempio a scrivere la “a” in corsivo (in senso antiorario), passiamo dalla spontaneità, che invece ci farebbe fare il percorso in senso orario (proprio dello scarabocchio infantile), all’apprendimento.

Questo supporto all’apprendimento vale anche negli adulti?

Sì, certamente.

La grafologia dunque trova il proprio habitat nella didattica?

La grafologia applicata ha molti utilizzi. Da quello in ambito forense, famigliare, nelle dinamiche di coppia, all’orientamento scolastico (siamo presenti al Careerday) e professionale, che tra l’altro fu al centro di una ricerca del nostro Istituto. Ma può essere utile anche all’interno del percorso universitario degli studenti come disciplina interpretativa che concorre alla formazione della persona, del suo carattere: è in grado, cioè, di contribuire alla crescita armonica della persona.

Ha appena accennato ad una ricerca fatta in passato. Di che tipo?

Il metodo morettiano è molto attento alle verifiche sul campo, alle osservazioni. Per cui decidemmo di effettuare dei test in azienda: il nostro intervento riguardava l’orientamento professionale, cioè la collocazione del personale nei vari settori dell’azienda. Grazie all’analisi grafologica tracciammo dei quadri dei dipendenti sottolineando le inclinazioni personali. A distanza di anni siamo tornati nella stessa azienda per verificare se in base alle progressioni di carriera (la cosiddetta mobilità verticale), al grado di soddisfazione dei soggetti esaminati e del datore di lavoro, le nostre valutazioni erano corrette.

Lo erano?

I risultati sono andati oltre le aspettative. Dipendenti con spiccate doti relazionali o organizzative hanno intrapreso un percorso all’interno dell’azienda anche molto più brillante del previsto.

Nell’ambito della Ricerca, anche alla luce dell’innovazione tecnologica, qual è il punto di approdo che lei riesce a immaginare?

L’approfondimento della grafologia contribuisce senza dubbio a far luce anche su alcuni fattori della neuropsicologia. Venendo agli strumenti, ai metodi tradizionali di indagine possono essere abbinate ad esempio le tavolette grafiche in grado di restituire la misura esatta di alcune caratteristiche della scrittura: la pressione, l’agilità del movimento, la sua regolarità, la velocità, il ritmo, ecc. Gli approdi possono essere molteplici.

Ne citi uno.

La critica letteraria potrebbe arricchirsi notevolmente con il contributo specifico della grafologia.

Vuole raccontare di come andò quella volta con Mussolini?

A Moretti venne richiesta un’analisi sulla grafia del Duce. Scrisse: “Intelligente ma emotivo, per cui, in condizioni di stress, è condizionato dalla paura”. Per quanto mostrasse indifferenza Mussolini non gradì e fece pervenire a Moretti un appunto con una grafia alterata.

E Moretti?

Mandò a riferire: “Dite a Sua Eccellenza che in questa scrittura la paura emerge anche meglio”.

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