Visiting Professor nel Dipartimento di Studi Umanistici di Uniurb, José Miguel Noguera Celdrán, Ordinario di Archeologia all’Università di Murcia, racconta nella conversazione che segue l’esperienza di insegnamento nelle aule del nostro Ateneo e di divulgazione scientifica in molti e diversi luoghi delle Marche. Il Professor Noguera Celdrán è anche Responsabile per l’area scientifica “Archeologia” presso l’Agenzia Statale di Ricerca del Ministero della Scienza e dell’Innovazione in Spagna. Dirige l’Archivio Español de Arqueología – prestigiosa rivista di fascia A – e importanti progetti di ricerca. Siede in numerosi comitati e consigli scientifici sia in Spagna, sia in Germania ed è socio ordinario del più prestigioso istituto di ricerca archeologica, l’Istituto Archeologico Germanico.
“Avendo la fortuna di ospitarlo come Visiting Professor presso il Dipartimento di Studi Umanistici – ha spiegato la Professoressa Anna Santucci – abbiamo condiviso la scelta di affiancare alla sua attività didattica nei nostri insegnamenti curriculari, anche la presentazione di uno dei suoi maggiori progetti, quello del Parco Archeologico del Molinete a Cartagena, in vari contesti del territorio marchigiano. Questo progetto testimonia infatti un esempio eccellente della ricaduta della ricerca in termini di Terza Missione. Posso senz’altro affermare che l’esperienza di internazionalizzazione condivisa con il collega è stata molto, molto importante e proficua”.
Professor Noguera Celdrán, com’è cominciato il suo viaggio nella città e nell’Università di Urbino?
L’Università di Urbino ha una grande reputazione internazionale e conosco da tempo la ricerca scientifica delle colleghe urbinati nell’ambito dell’Archeologia Classica. Inoltre, da alcuni anni condivido con la Professoressa Anna Santucci la cotutela di una tesi di dottorato, presso l’Università di Salerno, di uno studente della mia Università. La collega, attualmente, è anche membro del consiglio direttivo dell’Association Internationale Pour la Peinture Murale Antique (AIPMA), che a settembre prossimo svolgerà il suo congresso internazionale proprio nella città di Cartagena in collaborazione con l’Università di Murcia. Nel contesto di questi rapporti scientifici, la Professoressa Santucci mi ha invitato come Visiting Professor presso l’Università di Urbino, invito che è stato per me un onore e che ho accettato subito molto volentieri.
In quali ambiti si è espresso il suo contributo scientifico?
Il mio contributo si è espresso nelle due distinte forme della didattica e della divulgazione. Ho tenuto, infatti, una serie di lezioni presso il Dipartimento di Studi Umanistici, nell’ambito del corso di laurea triennale in Scienze Umanistiche. Discipline Letterarie, Artistiche e Filosofiche – Curriculum Archeologico e filologico-letterario classico, e nei corsi di laurea magistrali in Lettere Classiche e in Storia dell’Arte, più specificamente nell’ambito degli insegnamenti di Archeologia e storia dell’arte greca e romana I e II, condotti nel percorso triennale dalla Professoressa Maria Elisa Micheli e in quello magistrale dalla Professoressa Anna Santucci.
Durante le attività formative integrative quali argomenti ha approfondito?
Ho dedicato le mie lezioni principalmente alla realtà storico-archeologica della città di Cartagena, dalla sua fondazione nel terzo secolo avanti Cristo fino all’età contemporanea, e agli interventi legati al progetto del Parco Archeologico del Molinete, che hanno permesso a me e al mio gruppo di ricerca di documentare tutta la storia della città, che non riguarda soltanto l’età punica e romana, ma anche quella medievale, rinascimentale, moderna e contemporanea, per l’appunto. Altre lezioni le ho dedicate alla scultura romano-repubblicana della penisola iberica tra il secondo e il primo secolo avanti Cristo e ai cicli statuari a carattere dinastico realizzati nella Spagna romana dall’età di Augusto all’età giulio-claudia, cioè nel corso della prima metà del primo secolo dopo Cristo.
Ha anche partecipato all’Erasmus International Week 2022 di Uniurb!
Certo, ho partecipato all’Erasmus International Week con due lezioni sulla metodologia che abbiamo sviluppato per scavare, documentare, conservare, ricomporre e riallestire tutto il materiale pittorico di età romana emerso durante le campagne di scavo del Parco Archeologico del Molinete. Per entità, qualità ed estensione dell’arco cronologico, che va dal primo al terzo secolo dopo Cristo, si tratta del più importante insieme di pittura murale attestato fino ad ora in tutta la Spagna romana.
Ha dedicato molto del suo tempo anche alla divulgazione scientifica facendo il focus sugli esiti del progetto Parco Archeologico del Molinete.
Ho tenuto una serie di seminari e conferenze in diversi luoghi della regione Marche per far conoscere nel territorio questo progetto. Il primo incontro si è svolto nel Museo Archeologico Nazionale di Ancona e ha interessato soprattutto i funzionari della Soprintendenza e del Museo. Nella sede regionale del FAI ad Ascoli Piceno, invece, la seconda conferenza si è rivolta alla cittadinanza. Ma abbiamo in programma anche un ulteriore webinar, forse a maggio, in collaborazione con la delegazione FAI di Pesaro e Urbino e rivolto a professionisti di settore.
Perché il Parco Archeologico del Molinete di Cartagena è considerato un modello vincente di gestione integrata del patrimonio culturale?
Il modello di gestione integrata del patrimonio culturale, rappresentato dal Parco Archeologico del Molinete, ha avuto un ruolo cardine nel superare i catastrofici effetti della grande crisi economica, sociale, urbanistica e identitaria che colpì Cartagena negli anni ’80 e ’90 del Novecento. Fondamentalmente, il progetto ha preso avvio da un grande piano di recupero urbano che aveva l’obiettivo di rigenerare il tessuto urbanistico e sociale, di fungere da incubatore di nuove nicchie di attività economica, di ripopolare il centro storico e soprattutto di fare del patrimonio storico-archeologico, retaggio dello straordinario passato della città, una delle sue principali risorse.
Gli interventi di recupero e la pedonalizzazione di alcuni assi urbani hanno interessato tutta la storia di Cartagena, non solo quella antica. Ad esempio, è stata riqualificata buona parte del patrimonio difensivo e militare della città, come le mura di Carlo III o le caserme militari del XVIII secolo, oggi trasformati in sedi della nuova Università Politecnica di Cartagena fondata nel 1998, ma anche architetture degli inizi del XX secolo. Lo studio, la riqualificazione e la socializzazione di questo considerevole patrimonio hanno favorito un orgoglioso recupero da parte della popolazione della propria identità culturale, ponendo il contesto cittadino in condizioni ottimali per affrontare alcune delle nuove sfide del XXI secolo.
In quanti anni si è sviluppato il progetto e quali riconoscimenti ha ottenuto?
La prima fase dei lavori è stata sviluppata tra il 2008 e il 2012 e l’assegnazione del Premio Nazionale per il Restauro e la Conservazione dei Beni Culturali da parte del Ministero della Cultura, che ci è stato consegnato nel 2013 dal Re di Spagna, ha dato un grande impulso e ha favorito il finanziamento privato da parte della Fundación Repsol, che negli ultimi 6 anni ha investito più di 4,7 milioni di euro nel progetto. Anche il nuovo Museo Foro Romano, che costituisce la porta d’ingresso al parco, è stato inaugurato alla presenza del Re di Spagna lo scorso 5 maggio. Questo percorso museale consente di immergersi nella storia della città in senso diacronico inverso: dal piano terra si scende ai piani inferiori fino a raggiungere l’epoca romana, dove sono esposti i contesti archeologici più rappresentativi di questo periodo.
Ho letto che il progetto del consorzio Cartagena Puerto de Culturas affianca l’impresa più ampia del Parco Archeologico.
Sì. Il consorzio è nato nel 2001, promosso dall’amministrazione regionale e da quella locale come strumento di gestione culturale e turistica in cui dovevano essere rappresentati anche altri agenti istituzionali e sociali della città, quali l’Autorità Portuale, la Camera di Commercio, la Confederazione degli imprenditori e l’Università Politecnica di Cartagena.
Si tratta di un punto di riferimento gestionale che offre un marchio unico per la città, Cartagena Puerto de Culturas per l’appunto, rappresentandone il recupero dei principali scenari storici e una gestione integrata delle risorse patrimoniali, della loro promozione e della loro commercializzazione.
La conservazione è un altro pilastro essenziale del progetto, è esatto?
Certamente. L’enorme rilevanza delle strutture conservate, così come la straordinaria quantità di pitture murali scoperte fra le macerie e in situ, hanno reso necessaria la partecipazione proattiva di un’ampia équipe di conservazione-restauro sin dalla gestazione di ogni intervento archeologico. Tutti gli interventi hanno seguito standard metodologici e procedurali internazionali che hanno consentito, in fase di musealizzazione, di limitare il restauro a interventi mirati.
Considerati gli esiti raggiunti, nell’economia dell’intero processo quanto ha influito il ruolo dell’archeologia?
Il progetto del Molinete ha contribuito in maniera decisiva alla riqualificazione urbana, sociale ed economica nei dintorni più immediati di quest’area cittadina. Inoltre, il progetto ha inciso sulla valorizzazione sociale dell’archeologia e dei suoi professionisti, facendo del parco un lascito storico e patrimoniale vivo, integrato nella quotidianità della città e al servizio della cittadinanza. Al contempo, i turisti sono attratti da un’offerta culturale sempre più unica e prestigiosa. Tutto ciò dimostra in modo inconfutabile l’utilità sociale dell’Archeologia e dei Beni Culturali e contribuisce a convertire Cartagena in un modello di successo per la gestione integrata del patrimonio culturale.
Da Cartagena torniamo a Urbino. Alla fine del viaggio, quale valore e quale senso attribuisce all’esperienza nel suo complesso?
Per me è stata un’esperienza straordinariamente piacevole. Nei trenta giorni che ho trascorso a Urbino ho avuto la fortuna di conoscere in profondità questa città, il suo enorme patrimonio architettonico, la sua gente e il territorio circostante. Questa Università è veramente un posto straordinario, per la qualità dei suoi docenti e per la vivacità della sua comunità studentesca. Spero quindi di poter ampliare la convenzione Erasmus tra l’Università di Murcia e l’Università di Urbino, che già esiste nell’ambito della filologia classica, e che mi piacerebbe estendere al percorso archeologico. Le colleghe del Dipartimento di Studi Umanistici mi hanno già confermato il loro interesse e la loro disponibilità, e ne abbiamo già parlato agli studenti a lezione. Considero, quindi, questa visita un’opportunità, un inizio per sviluppare nel futuro prossimo importanti progetti condivisi.