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Come sia l’economia, nonostante informazioni sovrabbondanti e spesso discordanti, lo possiamo leggere, vedere e ascoltare tutti i giorni: sui giornali, sulle riviste economiche, in tv, nei talk radio. Come invece possa cambiare è uno di quegli argomenti meno affrontati. L’Università di Urbino Carlo Bo ha deciso di fare luce sul tema, sicuramente degno di trovare posto nel dibattito. Il contenitore sarà la Summer School “L’economia come è e come può cambiare”, alla seconda edizione. Cinque giornate che a partire dal 7 settembre prenderanno in esame l’attuale crisi internazionale, i nodi dell’Europa e dell’euro, l’economia reale e la finanza, i processi innovativi e le strutture produttive, il mercato del lavoro, la disoccupazione e la precarietà, il welfare, la distribuzione del reddito e le disuguaglianze. La Scuola di alta formazione è proposta dal Dipartimento di Economia, Società e Politica (DESP) con la partecipazione di “Sbilanciamoci!”, la campagna per le alternative economiche di cui fanno parte 50 tra organismi e associazioni impegnate sul fronte economico, sociale e culturale.

Un piano B. “Dal 2008 – spiega il professor Mario Pianta, docente di Politica economica – l’Europa non è più uscita dalla crisi. In sei anni il reddito pro capite ha perso 11 punti percentuali, la disoccupazione ha raggiunto livelli record. E’ chiaro che nella politica economica c’è qualcosa che non funziona”. Sì, ma come fare ripartire l’eurozona? Ricette facili non se ne ravvisano, può esistere però una strategia alternativa su cui la Scuola si concentra. “Intanto – dice Pianta – approfondiremo l’abc dell’economia in Italia e in Europa, il welfare, il mercato del lavoro, la globalizzazione e l’attuale modello di sviluppo italiano e internazionale”. Dopodiché verrà posta la prima pietra per una critica economica all’attuale sistema.

Il totem e il suo antidoto. “Il totem – commenta il professor Giuseppe Travaglini, docente di Economia politica e dei mercati finanziari – è la rigida visione neoliberista poggiata su tre pilastri fondamentali:

  • finanziarizzazione;
  • globalizzazione;
  • de-normativizzazione.

Tre elementi che andrebbero ripensati criticamente sia per la quantità che per la modalità con cui sono stati somministrati ai mercati negli ultimi due decenni”.

Ortodossia o sostenibilità? Questo è il problema. Se quella sopra rappresenta la sintesi delle cause, le conseguenze, almeno secondo la riflessione che sarà sviluppata durante la Summer School, sono riassunte dal professor Travaglini in due prese di campo opposte: quella della Germania e dei paesi del Nord europeo, con una visione “ortodossa” per cui la crisi economica del Vecchio continente è la conseguenza dei bilanci pubblici in disordine; quella dei Paesi del Sud europeo, che crede invece che un new deal europeo possa avvenire soltanto riattivando politiche di bilancio meno restrittive e più sostenibili dal punto di vista economico e ambientale.

Uno sguardo laico. A passare sotto la lente sarà l’attuale modello di sviluppo europeo la cui nascita è da ricondurre al 1989, cioè alla caduta del Muro di Berlino. Ricostruisce Giuseppe Travaglini: “Lì ebbe origine un inedito rispetto alla storia economica europea del dopoguerra basato su deregolamentazione, flessibilità del lavoro e liberalizzazione dei movimenti di capitale. Un processo cui ora si deve guardare in maniera laica, per dare un ordine ai fattori che determinano la stagnazione attuale e tracciare possibili vie di uscita”.

Ciò, nella prospettiva della Summer School, significa separare il grano dal loglio nell’attuale politica economica europea. Significa individuare nuovi punti di riferimento per rilanciare la crescita, rispondendo alla domanda (strutturale) di fondo: si possono cambiare l’economia e la finanza? Se sì, con quali strumenti?

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