I decreti del Ministro della Salute, quindi quelli del Presidente del Consiglio dei Ministri, poi le leggi statali, quindi le decine e decine di ordinanze regionali. L’emergenza sanitaria ha tra i suoi effetti quello di moltiplicare il volume di provvedimenti normativi ed amministrativi, giustificati dall’urgenza, ma accompagnati spesso dallo smarrimento dei cittadini. L’Osservatorio normativo Covid-19 dell’Università di Urbino è una prima risposta al rischio crash da proliferazione legislativa. Ne abbiamo parlato con Matteo Gnes, professore ordinario di diritto amministrativo e responsabile del progetto.
Che cos’è OssCovid-19 e perché è nato?
Inizio dalla seconda parte della domanda. Quando è scoppiata l’emergenza sanitaria sono stati emanati provvedimenti, prima dal Ministro della Salute, poi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dunque dalle Regioni che, per la loro concomitanza, richiedevano chiarezza. Molti miei colleghi hanno iniziato ad occuparsene nelle riviste online di settore, ma abbiamo pensato che occorresse un’iniziativa divulgativa, rivolta ai cittadini ed alle persone interessate. L’Osservatorio e il sito web sono due strumenti transdisciplinari concepiti per raccogliere le informazioni relative alla crisi sanitaria che stiamo attraversando. Parlo al plurale perché è una riflessione fatta con i miei studenti del corso di diritto amministrativo, che mi stanno aiutando nella redazione del sito. L’attività che svolgono non darà diritto a crediti formativi, ma sarà senz’altro un’esperienza molto utile alla didattica e alla ricerca. Ognuno di loro si sta occupando di un aspetto particolare. Per quel che riguarda le Regioni, ad esempio, si sta facendo un lavoro di ricerca dei provvedimenti, si consultano i siti regionali ed i bollettini ufficiali delle Regioni. Per ciascun provvedimento viene redatto un abstract che poi valido personalmente. Una volta a settimana ci riuniamo per fare il punto. È un impegno non da poco, sia per le differenze che si riscontrano a livello locale nella pubblicazione degli atti (non tutte le Regioni pubblicano in modo ordinato i provvedimenti relativi al Covid-19), sia per la quantità di materiale da raccogliere e filtrare.
I temi toccati non riguardano soltanto il diritto. La scelta è stata quella di affrontare l’argomento da più prospettive.
Partendo dagli aspetti epidemiologici, che hanno come responsabile di sezione il professor Giorgio Brandi, ordinario di igiene generale ed applicata presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari, abbiamo allargato l’interesse a molti altri ambiti disciplinari. Un’altra sezione aperta è quella economica, ma abbiamo anche le sezioni dedicate alle misure di sicurezza sul lavoro, alla gestione rifiuti, all’energia. Prossimamente svilupperemo una sezione dedicata al diritto europeo e internazionale. Ho lanciato una call tra i colleghi, che hanno risposto positivamente, per chiedere collaborazione. Ci sono infine atenei partners.
Quali sono le fonti normative prese in considerazione?
Decreti legge, leggi di conversione dei decreti, decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanze regionali, provvedimenti della Protezione Civile, provvedimenti, ordinanze e circolari ministeriali. Non ci sono le ordinanze comunali, sarebbe stato troppo dispersivo.
L’indirizzo scientifico è certificato da un Comitato di cui fa parte, tra gli altri, il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese.
Il Comitato scientifico è composto da giuristi pubblicisti e da un internazionalista. Ne fanno parte molti ex docenti dell’Università di Urbino. Ho ritenuto importante che fossero degli esterni a dare suggerimenti ed indirizzi per la parte tematica. Con alcuni colleghi membri del Comitato che afferiscono a dipartimenti di altri Atenei stiamo inoltre costruendo un rapporto di collaborazione che prevede seminari e webinar. Il prossimo 27 aprile parleremo di Europa, debito pubblico e privato nell’epoca della pandemia.
Gli interventi dei giuristi, alcuni dei quali fanno parte del Comitato scientifico, vengono raccolti in una rassegna stampa tematica.
Più che di rassegna stampa, che prevederebbe una raccolta esaustiva, parlerei di rassegna di articoli, ma stiamo lavorando per completarla.
Proprio leggendo questi contributi si comprende quanto divergano le opinioni e le riletture in punto di diritto sull’approccio normativo all’emergenza.
Diamo pubblicità ad una pluralità di opinioni per rivendicare la neutralità dell’Osservatorio. Personalmente credo che oggi dovrebbe essere evitata la discussione sulla presunta illegittimità dei provvedimenti, non sarebbe di aiuto al superamento dell’emergenza, minando la stessa credibilità dei provvedimenti adottati. Il dibattito è scaturito a partire dal decreto legge del 23 febbraio 2020 n. 6, sulla cui base sono stati adottati diversi decreti del Presidente del Consiglio, come quelli istitutivi delle cosiddette “zone rosse” in Lombardia e Veneto e, soprattutto, quello del 9 marzo, che ha previsto per tutto il territorio nazionale il lockdown. Alcuni giuristi hanno ravvisato profili di incostituzionalità negli atti finalizzati al contenimento del contagio. Il blocco dell’intero Paese è infatti basato su una norma residuale, che consentiva l’adozione di “ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza”; poi si è rimediato con il decreto legge del 25 marzo 2020 n. 19, che ha previsto la possibilità dell’adozione di diverse misure su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, tra cui quella della limitazione della circolazione delle persone. Io credo che, superata la crisi, servirà un’analisi più accurata da parte degli studiosi per poter correggere e migliorare il sistema che è stato realizzato.
Uno dei temi giuridico-amministrativi è l’assetto tra Stato e Regioni. Ci sono interventi significativi su questo punto?
Certamente l’assetto istituzionale è un aspetto su cui ragionare. Sull’argomento stiamo organizzando un webinar che sarà molto interessante per capire i possibili sviluppi che potranno venire nel nostro Paese.
Si è capito molto chiaramente che, anche una volta superata l’emergenza, il cambio di scenario proporrà un’infinità di possibili evoluzioni. La prima a risaltare è l’organizzazione del lavoro da casa.
La fase della post emergenza – anzi, le fasi – ci imporranno di valutare quali sono le cose positive che vanno implementate. E allora dovremo continuare o iniziare a parlare di smart working, ricette mediche elettroniche, protocolli di prevenzione, rafforzamento della cooperazione e della profilassi internazionale…
A proposito di quest’ultimo tema che ha citato (la profilassi), il diritto internazionale, a cui si estenderà lo spettro di analisi dell’Osservatorio, su cosa potrà fermare la propria lente?
L’idea di una cooperazione internazionale in caso di epidemia risale addirittura al Trattato Orlando, del 1905. Inoltre la nostra Costituzione, all’articolo 117, include esplicitamente la profilassi internazionale tra le competenze dello Stato. Il problema sarà semmai individuare un ruolo più cogente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Uno degli elementi del dibattito di queste settimane, su cui si è polemizzato, ha riguardato proprio la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, che dichiarava lo stato di emergenza sulla base della dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica dell’OMS del giorno precedente. In realtà questo provvedimento, visto da alcuni come la riprova di un ritardo delle successive decisioni governative, va inquadrato nel sistema di funzionamento del Dipartimento di Protezione Civile, che in seguito a tale dichiarazione può agire in deroga alle norme. Senza quell’atto non si sarebbe potuto procedere, per esempio, ad assumere personale per far funzionare il numero di pubblica utilità 1500.