Tutta colpa di Freud. Come nel film. Tutta colpa sua se c’è un prima e un dopo nella vita di Gloria Truffa, un prima e un dopo la psicoanalisi. Tutta colpa di Freud se ha scelto: il corso di laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche all’inizio, poi la magistrale in Psicologia Clinica. Colpa sua di quel giorno, in terza superiore, quando qualcuno le ha rivolto l’abracadabra decisivo che fa crollare ciò che siamo per spalancarci verso ciò che dovremmo essere.

Rec, Gloria raccontaci?

Ho iniziato a leggere Freud a sedici anni, per caso. Ero all’Istituto d’Arte. Me ne sono innamorata. Leggevo durante le lezioni, leggevo continuamente. Ricordo che durante un prova d’esame di inglese esce una domanda su un artista di cui non sapevo nulla, tranne che del suo disturbo neurologico. Rispondo parlando soltanto di questo e ci prendo pure un buon voto. La prof, al termine, mi dice: che cosa vuoi fare, la psicologa? Era una risposta, non una domanda!

Lungimirante la tua insegnante…

Beh, effettivamente sì. Il fatto è che da Freud in avanti questa disciplina mi ha completamente rapita. A me! Che stare sui libri… proprio no… era una sofferenza!

Come sei arrivata a Urbino e alla Carlo Bo?

Ho fatto una full immersion in Internet, ho confrontato le offerte formative degli Atenei del Nord e del Centro Italia. La Carlo Bo mi interessava più di tutte le altre.

Anamnesi dei primi giorni da matricola?

Non sapevo nulla di nulla. L’inizio, come tutti gli inizi, è stato un trauma. Mi sono dovuta confrontare con materie toste: Psicologia generale, Psicologia sociale, Biologia e genetica del comportamento (lo scoglio di tutti). Manualoni non da poco! Il primo anno, è stato – diciamo – di assestamento.

Poi?

Poi ho iniziato a ingranare e tutto è filato liscio. È fondamentale superare bene la prima fase, capire qual è il metodo di studio più efficace e come organizzare il tempo.

Tu l’hai superata benissimo se oggi sei tra i 100 studenti meritevoli.

La mia, metaforicamente parlando, è la storia del brutto anatroccolo che diventa cigno. Metaforicamente parlando eh! Sono la prova vivente che, nonostante qualche bocciatura, buona volontà e passione ti portano diritta alla meta.

Che cosa ti ha aiutata di più?

Ho trovato ottime compagne di studi, Sara e Giorgia. Con loro è nata una bellissima amicizia, ci siamo divise i compiti, abbiamo studiato insieme. Consiglio a tutti lo studio di gruppo, l’unione fa la forza!

Perché hai scelto di iscriverti alla magistrale di Psicologia Clinica qui a Urbino?

Perché in Italia non c’è un’altra offerta formativa così interessante. Questo è il primo motivo. Per essere più precisi offerta formativa e didattica: le lezioni sono interattive, i professori stimolano il dibattito e il confronto, si fanno simulazioni. E poi ci sono laboratori, tirocini, insomma un sacco di esperienze che ti preparano alla professione di psicologa.

Tu hai partecipato a laboratori o hai fatto tirocini?

Sì, in questo primo anno di Psicologia Clinica ho seguito un laboratorio. Non appena avrò terminato la magistrale mi aspetterà il tirocinio di un anno.

Dove pensi di svolgerlo?

Sto valutando diverse opzioni: uno studio di psicologia, un ospedale, una comunità terapeutica psichiatrica. Ecco, penso che mi orienterò verso la comunità.

Torniamo ai motivi: il secondo qual è?

Personalmente sono rimasta molto soddisfatta del corso di laurea triennale. Per questo ho deciso di proseguire a Urbino anche la specialistica. L’Ateneo mi ha fatta crescere in tante cose. Anni fa nemmeno sapevo dell’esistenza dei tutor. Ora sono tutor, do consigli e informazioni ad altri studenti.

Terzo motivo, se c’è?

C’è, c’è. L’Università di Urbino aderisce al progetto Europsy, la certificazione di qualità valida nei Paesi della Comunità Europea per l’esercizio della professione.

Quarto?

Alla Carlo Bo è facile trovarsi a chiacchierare con i professori, discutere con loro, pianificare il proprio futuro, essere coinvolti in un progetto. Ti può capitare che il docente di Storia della filosofia della scienza ti contatti per farti scrivere un saggio. Ti può capitare che quel saggio (sul fascino della fragilità) venga poi pubblicato da una vera casa editrice, con la tua firma!

Che cosa ti piace di più della psicologia?

Tutto. La psicologia è un modo di vivere, di osservare le dinamiche interpersonali di tutti i giorni, è un cambio di prospettiva.

Programmi per il tuo futuro?

Molto probabilmente durante il tirocinio mi iscriverò ad un master. Quindi cercherò lavoro. Vorrei realizzarmi e realizzare qualcosa di importante, scrivere libri, fare ricerca.

Hai iniziato a lavorare alla tesi?

Sì, ma sto ancora riordinando le idee. In un secondo momento occorrerà svilupparle.

Argomento?

Sviluppi psicopatologici nei gruppi virtuali.

Hai scelto un tema di attualità.

Sì, nel dettaglio mi occuperò dei gruppi Facebook pro-anoressia e pro-bulimia, di hate speech sui social. Indagherò le diverse manifestazioni del branco ai tempi di internet e del digitale, escludendo però il mondo dei videogiochi.

Perché?

Amo i videogiochi, non mi permetterei mai di tradirli così.

Cos’altro ami?

Gli animali, la natura, lo sport (tutti gli sport: da poco ho un arco e non vedo l’ora di provarlo), i viaggi in moto (con la mia Honda – ah, si chiama Roxanne – vado ovunque). Amo la musica (scrivo canzoni, suono la chitarra in un gruppo e ho un debole per i cantautori).

Una delle ultime cose che hai scritto?

I miei testi sono in inglese. Tradotto sarebbe: “Non posso toccarti perché camminiamo sullo stesso mondo, ma in direzioni opposte”. È uno dei versi di Here lies Ophelia. Al personaggio di Shakespeare ho dedicato un’intera canzone: è una donna borderline bistrattata da tutti, compresa la critica. Il messaggio è: mai giudicare le persone, difficilmente sappiamo che cosa hanno visto e vissuto.

Quale libro stai leggendo?

Il Faust di Goethe e Vite non Vissute di Thomas Ogden. Alterno letture impegnative a letture più leggere. Ora è decisamente periodo di quelle impegnative!

Un luogo di Urbino?

Ovvio, la Fortezza.

 

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